Notizie tratte da: Oliviero Pesce, L’educazione di banchiere sbalordito, Clichy Firenze 2016, 14 dicembre 2016
Notizie tratte da: Oliviero Pesce, L’educazione di un banchiere sbalordito, Clichy 2016 A Istituzioni di diritto romano, il professor Volterra, della famiglia del matematico, ci informava con voce stridula che le sue lezioni erano noiose
Notizie tratte da: Oliviero Pesce, L’educazione di un banchiere sbalordito, Clichy 2016 A Istituzioni di diritto romano, il professor Volterra, della famiglia del matematico, ci informava con voce stridula che le sue lezioni erano noiose. A un esaminato che aveva sbagliato di un paio di centinaia di anni la data della fondazione di Roma, attribuì come voto un numero immaginario: i, ossia radice di -1. Francesco Calasso aveva l’istituto di Storia del diritto italiano di fronte a quello di Diritto romano di Betti, ma ne era lontanissimo per ideologia politica e approccio scientifico, e spesso tra di loro sprizzavano scintille. Il figlio Giampiero dirigeva film sperimentali, mentre il minore, Roberto, per la promozione della terza media si sarebbe fatto regalare, e si dice abbia letto in una estate, l’intera Recherche di Marcel Proust. Per diventare editore e scrittore. Wolfgang Goethe sostiene che chi non conosce le lingue straniere non sa niente della propria. La Camera di Commercio (anni Sessanta del secolo scorso) ha funzioni di controllo sulla Deputazione di Borsa, e dei relativi compiti si occupa un brillante funzionario, chiamato spesso a inviare contestazioni, proporre provvedimenti. La Borsa, a Via del Burrò, angolo Piazza di Pietra (gli edifici, tardo barocchi, confinano con poderosi colonnati romani) è al piano terreno. La utilizza, Antonioni, per il suo “Eclisse”. La Deputazione di Borsa, rispetto alla Camera, è in un’altra scala, nello stesso palazzo. Quando riceve una contestazione, un provvedimento negativo, il Presidente della Deputazione, che lo usa come consulente occulto, chiama lo stesso funzionario e lo incarica di replicare. Le corrispondenze, dello stesso autore su entrambi i fronti, possono durare mesi e l’esito ne è incerto. Lo stesso faceva, negli anni Trenta, Azzolini, Governatore della Banca d’Italia e Capo dell’Ispettorato del Risparmio, scrivendo per entrambi gli enti. Chiedo, prima della partenza per Washington, di incontrare Stefano Siglienti, allora Presidente dell’IMI, perché mi scriva due righe di presentazione per il figlio Sergio, allora Direttore Esecutivo per l’Italia al Fondo Monetario Internazionale. Mi viene fissato un appuntamento per le otto e dieci del mattino; sono lì, in via Quattro Fontane, un quarto d’ora prima. Vengo infilato in una spoglia sala d’attesa. Passano un paio di minuti e viene fatto entrare l’Ingegner Valletta, allora Presidente della Fiat (e mesi dopo nominato Senatore a vita), che in quel periodo negoziava grandi investimenti in Russia. Fosse stato il mio appuntamento preso precedentemente, o avessi la precedenza perché ero arrivato prima io, fatto sta che venni introdotto per primo; restando con Siglienti, ovviamente, due o tre minuti. Un’illustrazione della distanza siderale tra quegli anni e i nostri, passati soltanto cinquant’anni. In confessionale, alla domanda su “quanto” avesse peccato, la risposta del penitente toscano fu “il su’ giusto”. Washington, D.C., anni Sessanta del secolo scorso: la città aveva circa il 95% di abitanti neri, e i bianchi erano concentrati in alcuni quartieri ricchi, oppure vivevano al di fuori del distretto, nei sobborghi, in Maryland o in Virginia. Uno dei primi neri approdato ai piani alti dell’Amministrazione di Lyndon Johnson, approdò anche – rarissima presenza – in un quartiere bianchissimo. E tutte le domeniche, come qualsiasi americano modello, rasava il proprio praticello davanti casa. Una potente vicina, avendolo visto alcune volte al lavoro, gli chiese se sarebbe potuto andare a rasare anche il suo, di prato, e cosa gli dessero lì. Si sentì dire: «Non mi danno nulla, ma la padrona di casa mi lascia andare a letto con lei.» Il ministro senegalese delle Finanze, Habib Thiam, diceva che l’Africa era divisa tra paesi francophones e paesi saxophones. Sempre a Washington, negli anni Sessanta, si poteva evitare la multa, se si era attraversata la strada fuori dalle strisce pedonali, peccato gravissimo, andando alla scuola per pedoni. Nel 1969 Spiro Agnew fu eletto Vice Presidente degli Stati Uniti nel ticket con Ronald Reagan, e scrisse una lettera amicale e auto congratulatoria a tutti gli Agnew del mondo. Poiché era figlio di un immigrato greco e aveva adattato il proprio cognome a criteri più anglosassoni, i mercanti d’arte Agnew di Londra – mercanti tra i maggiori dal 1700, con galleria a Bond Street - gli risposero: “Caro signor Anagnostopoulos, ci congratuliamo con lei per la sua elezione, ma lei non ha nulla a che fare con gli Agnew. Cordiali saluti.” Quando chiedemmo, intirizziti, in una gelida valle vicina a Ponte di Legno, chiusa a sud da montagne, quando sorgesse il sole, ci risposero che sarebbe successo a marzo. In televisione, la biografa, realista, alla domanda se Chopin fosse morto di dolore, risponde: «Oui, en effet Chopin mourût de chagrin, mais surtout de tubercolose.» Alla Einaudi i bilanci della società non mostravano dati soddisfacenti; ma la loro bellezza ed eleganza formale erano straordinari, per grafica, caratteri della stampa, supporto cartaceo; come tutti i prodotti della casa editrice. I dati finanziari elencati come colonne di versi. Invitato dalla sua direzione, assumo la responsabilità dell’ufficio estero di uno degli istituti Beneduce, per il finanziamento a lungo termine degli investimenti infrastrutturali del paese, delle imprese di pubblica utilità, delle esportazioni italiane. Gasdotti dai paesi del Sud del Mediterraneo, il finanziamento del secondo Ponte sul Bosforo (che a differenza del Ponte di Messina si costruisce davvero), raccolta di fondi in valuta, la prima emissione obbligazionaria in marchi. Si precipita da noi Moody’s, sostenendo che, avendo effettuato un’emissione in valuta, dobbiamo avere un rating. Preoccupazioni per i risultati, divento un reprobo. Al termine di un paziente lavoro, ci viene assegnata una AAA (il massimo), e torno in auge. Negozio e concludo uno swap di centocinquanta miliardi di lire a fronte di un’emissione della World Bank, per effettuare il quale bisogna convincere sia il Ministero del Tesoro sia quello del Commercio con l’estero, e ottenere le loro autorizzazioni, informata la Banca d’Italia, concludendo in due mesi un’operazione che adesso o si stipula in qualche secondo, o non si stipula più. Le forme, le sottili differenze, le distinzioni gerarchiche sono tali che si può credere di sapere il giapponese e venire informati che si sta parlando come una bambina con il suo precettore. Dati i nostri numerosi figli, la nostra piccola casa di Sperlonga era spesso piena di ragazzini. A cena da noi, Lucio Rigo di quattro o cinque anni restò impressionato dal pesce che stavamo per mangiare. «Ma è morto?» «Certo che è morto, è cotto.» «Ho paura». Un prestito concesso all’Argentina, malgrado le sue crisi ricorrenti viene inopinatamente restituito puntualmente; mentre una esplorativa fermata in Brasile – tra Rio e Brasilia - non dà frutti. I due paesi contigui, assegnati da trattati tra i due paesi europei e Papa Alessandro VI l’uno alla Spagna e l’altro al Portogallo, sono diversissimi. L’Argentina triste di ghiacci, pampas sconfinate, tanghi portegni, ha una capitale europea fine Ottocento; il Brasile, di sperimentali misiones di gesuiti, tropici opulenti, squallide favelas, vivi colori, sambe e sfilate di carri carnevaleschi, ha città gigantesche, e una capitale inventata da un architetto urbanista, che non ha attecchito. È forse l’unico paese al mondo dove la comunità giapponese - con una profonda mutazione antropologica - ha imparato a ridere, allegra, e non si copre la bocca quando lo fa. La Croce del Sud qui si chiama Cruzeiro, e ha dato il nome alla moneta. Gestita per qualche anno da un banchiere centrale nipote di Kafka. Londra, periferia, esterno notte. Una macchina si ferma al semaforo (rosso) e il guidatore estrae una mappa, che consulta a lungo, senza accorgersi almeno di un verde. La macchina che lo tallona aspetta paziente. Muovono entrambe, e al semaforo successivo il primo autista torna a fermarsi e a estrarre la mappa, nervosamente. Il secondo guidatore scende, lo raggiunge, bussa sul finestrino: «Are you lost?». La risposta è che no, non si è proprio perso, ma sta cercando di andare verso… Dopo aver dato spiegazioni dettagliate, il Samaritano conclude: «Comunque, lei sa dei semafori? Ci si ferma col rosso, si attraversa col verde». («By the way, you know about the lights: you stop when it’s red and go when it’s green».) Il nome ufficiale e completo di Los Angeles, frettolosamente L.A. (el éi), è El Pueblo de Nuestra Señora la Virgen del Rio de Los Angeles de Porciuncola, tappa del Camino Real, di quasi mille chilometri, dalla Baja California, ancor oggi messicana, al Nord della California, a Sonoma, via punteggiata da più di venti pueblos e misiones francescane e gesuite, create quando la regione apparteneva al Regno di Spagna. Fino a San Bernardino, dove oggi si può venire assassinati da fondamentalisti mal integrati, con l’aiuto della lobby americana degli armamenti, da guerra o da passeggio. Il mio ufficio, al sessantatreesimo piano di una delle Twin Towers di Century City, a Los Angeles, torri gemelle triangolari, di vetro e metallo, per resistere ai terremoti costruite su rotaie, con un gioco, su ruote, di alcuni metri. Per regolare il traffico, gli ascensori sono scaglionati; fino al ventesimo piano, dal ventesimo al quarantesimo, e così via. Tra le Twin Towers di Los Angeles e il centro, una città coreana di quasi un milione di persone, la più grande al mondo dopo Seul. L’ordine è ferreo, ma autogestito; il L.A.P.D. non prova neppure ad avvicinarsi. Ma in città non mancano giapponesi, cinesi, messicani, afroamericani, russi, armeni, ricchi iraniani scappati dagli ayatollah. Ogni tanto risse, sommosse, disordini sedati con gli idranti, nei quartieri meno nobili. La città ha circa quattro milioni di abitanti, ma la contea, che di fatto è un unico agglomerato urbano, ne ha dodici, di cui circa il 50% bianchi (inclusi i messicani di origine spagnola), il 45% ispanici, 1,400,000 asiatici; di molte etnie, quella angelena è la seconda concentrazione al mondo, dopo la prima del paese di origine. E spesso è possibile volare da un quartiere all’altro. È in piena città anche l’aeroporto internazionale, il più importante. Quando James Cook, navigatore inglese, esploratore e primo bianco mette piede alle Hawaii nel 1778, gli indigeni lo accolgono – forse - come un Dio, ma al suo ritorno, per il furto di una scialuppa, i rapporti degenerano e Cook viene ucciso, in uno scontro che non si sa bene se sia stato una rissa o un sacrificio rituale. Tutti infatti lo accoltellano, ma le sue ossa vengono scarnificate e pulite e conservate come reliquie. A Echternach, la più antica città del Lussemburgo, dopo la Pentecoste si tiene ogni anno una processione “danzante”, in cui migliaia di pellegrini avanzano di tre passi e arretrano di due, carichi di pesanti fabbriche lignee. Forse certe politiche europee si sono ispirate a questo passo del granchio. A seguito dell’introduzione di una norma che imponeva di indicare la provenienza delle merci in vendita, Norman Lrewis mi inviò la foto di un mercato napoletano che esponeva il cartello “mandarini arrubbati, 3 chili un euro”. Napoli, via Toledo. Mi si avvicina un postulante. «Dotto’, state ‘ncazzato o vi posso parlare? Sei calzini dodici euro, e ve li vendo a rate, un euro al mese». A Londra, un club esclusivamente maschile apre una volta all’anno le proprie porte alle mogli dei soci. Un socio si presenta in segreteria, chiedendo se – visto che sta divorziando – può invitare la nuova compagna. «Certo, volentieri. A condizione però che sia moglie di un socio». A un amico ungherese che sa l’italiano, chiedo quanto effettivamente siano simili le lingue ugro-finniche. Col suo bell’accento mi dice: «Si, sono molto simili. Per esempio, in finlandese, “il treno corre”, vuol dire “il treno corre”; e anche in ungherese “il treno corre” vuol dire “il treno corre”. Però in finlandese “il treno” vuol dire “il treno” e “corre” vuol dire “corre” mentre in ungherese “il treno” vuol dire “corre” e “corre” vuol dire “il treno”». Visto nella folla un giovane che gli somigliava in maniera impressionante, un re di Napoli lo avrebbe fatto portare a Palazzo per incontrarlo in segreto. «Ne’, guaglio’, ma mamma tua veniva a lavorare a Palazzo?» «No Maestà, pàtɇmɇ» (mio padre). In un meraviglioso “Colloque Annuel des Intellectuels Juifs de Langue Française” degli anni Ottanta del secolo scorso, cui partecipavano veri esperti dell’argomento, filosofi, banchieri, rabbini, si raccontava dello scontro tra un nobilissimo combattente e un mercenario che duellava con lui. Ai superbi improperi del primo: «Vous vous battez pour l’Argent, tandis que moi, je me bats pour l’Honneur» venne la ritorsione «Chaqun se bat pour ce qu’il n’à pas!» La moralità del banchiere consiste nell’erogare denaro a chi può ridarlo indietro, nel finanziare investimenti capaci di generare reddito, nel raccogliere denaro al costo più basso possibile, nell’interesse non solo della propria istituzione, o impresa, ma anche dei clienti. In base a valutazioni obiettive ed esenti da motivazioni estranee alla transazione. «La borghesia meridionale cambiava di posizione politica muovendosi culo culo» (Salvemini). Comunque sarebbe bello se il cosiddetto Ministero del Welfare si chiamasse del Benessere con la disoccupazione inferiore al 5 o 6% della forza lavoro e del Malessere con la disoccupazione al disopra. Si tratterebbe di un indicatore ben visibile, e inconfutabile. «Il viale Giulio Cesare mette capo al largo Ermenegildo Fregnetti. E tal è di noi. Amen.» (Gadda)