Antonella Matranga, D, la Repubblica 10/12/2016, 10 dicembre 2016
LA MISSIONE DI ELIO– [Elio Germano] Attore, sceneggiatore, musicista, attivista, pensatore. Elio Germano è una “bestia rara”, parafrasando il nome del suo gruppo rap Bestierare
LA MISSIONE DI ELIO– [Elio Germano] Attore, sceneggiatore, musicista, attivista, pensatore. Elio Germano è una “bestia rara”, parafrasando il nome del suo gruppo rap Bestierare. Non ha timore di metterci la faccia e usare la propria popolarità per portare a un pubblico, il più ampio possibile, progetti di valore sociale. Così è stato per No Border, primo documentario italiano che usa la Realtà Virtuale per raccontare la crisi dei migranti. Diretto da Haider Rashid, il documentario è stato presentato al Festival di Venezia (sulla pagina Facebook “NoBorders VR” si trovano tutte le informazioni sulle sale dotate dei visori VR speciali con cui è possibile vederlo, mentre su YouTube c’è il trailer) e racconta dall’interno l’esperienza dei volontari e degli spazi autogestiti dedicati all’accoglienza, come il Centro Baobab di Roma o il presidio No Borders di Ventimiglia, città di confine diventata simbolo dell’emergenza migranti e della lotta contro la chiusura delle frontiere (entrambi i centri sono stati sgomberati dopo pochi mesi). Elio Germano fa da narratore in questo percorso di scoperta cercando di andare oltre la propaganda politica per far ascoltare le voci, e le ragioni, che spingono migliaia di donne, uomini, intere famiglie a sfidare la morte pur di abbandonare guerra e miseria. «Alcuni miei amici mi hanno fatto provare questo strumento del diavolo: una specie di maschera da sub che ti fa entrare in un’altra dimensione, immergendoti nelle scene che stai riprendendo. Quando l’ho provata per la prima volta, dopo lo shock iniziale, ho pensato con Rashid che questa tecnologia da videogiochi poteva essere un antidoto all’isolamento, capace di portare alla condivisione ed essere utile quindi non solo per l’intrattenimento». Il neorealismo virtuale insomma è possibile? «Direi di sì, abbiamo cercato di fare arrivare lo spettatore dentro quei luoghi ai più sconosciuti. Senza alcuna missione, se non quella di dar voce a chi non ne ha. È questo l’unico ruolo morale del mio mestiere, visto che ci permette di amplificare pensieri, valori, notizie... È anche il motivo per cui facciamo le interviste». Anche nel film Il sogno di Francesco, in cui interpreta il santo, il tema è politico. «Si tratta di un film con una visione molto laica, non ha nulla del santino, per questo l’ho voluto girare. Indaga sul rapporto di San Francesco con l’amico Elia da Cortona, che lo accompagnò nella costruzione della comunità e si occupò del compromesso storico con la Chiesa, senza il quale sarebbero stati considerati eretici. Quindi è un po’ la storia di quell’assemblea dei francescani, divisi tra conservatori e rivoluzionari e racconta anche della visione politica di quel momento». È la sua missione metterci sempre così tanto impegno? «Sarà perché sono cresciuto in un paesino del Molise (Duronia, da dove vengono i genitori, ndr), in cui il contatto con il territorio e la gente è molto stretto. Quando incontro un problema provo a risolverlo. Mi piace ascoltare, osservare, capire e vivere il luogo in cui vivo. Se ho amici che occupano una casa mi unisco a loro, cerco di rendermi utile. Per me è la cosa più naturale del mondo, un senso di partecipazione che ho da sempre e mi chiedo perché la maggior parte delle persone non l’abbia». Una libertà di espressione che sembra darle la musica, più ancora che il cinema. «Noi Bestierare (ultimo album, Per uscire premi icsilon) arriviamo dai primi anni 90 e siamo molto legati a quello che voleva dire all’epoca fare rap fuori dai soliti circuiti, mettendo tutta la propria creatività nella scrittura, esprimendosi in modo diretto, senza condizionamenti. È una passione nata con i miei compagni del liceo per il piacere di esprimere opinioni libere: è una logica che ci appartiene ancora. Ogni volta che ci è stato proposto, abbiamo rinunciato ad entrare in un circuito commerciale, anche perché tutti e tre abbiamo altri lavori con cui riusciamo a garantire questa integrità e libertà al gruppo». Ha appena finito di girare un film tv su Nino Manfredi. «L’ho scritto insieme al figlio Luca, che ne è anche il regista. Abbiamo cercato di raccontare la vita di Nino prima che diventasse famoso, è stato meraviglioso immergermi nella sua vita piena di aneddoti incredibili, avere il privilegio di raccontare quell’epoca, in cui c’era ancora l’orgoglio di essere un lavoratore, di sentirsi utili... Un sentimento che noi italiani abbiamo perso, in tutti i campi».