Valerio Cattano, il Fatto Quotidiano 14/12/2016, 14 dicembre 2016
PROTOCOLLO GROZNY, PUTIN MANDA I COMPAGNI CECENI
Combattere contro la feccia in Siria? Ne saremmo orgogliosi. Il nemico lo devi eliminare nella sua tana, prima che i suoi tentacoli raggiungano la tua terra”. Parola di Ramzan Kadyrov, leader ceceno alleato di ferro del presidente russo Vladimir Putin.
Detto, fatto. Due battaglioni ceceni sono partite da Khankala su aerei da trasporto Ilyushin-76 per arrivare direttamente ad Hmaimim, la base russa vicino a Latakia. Circa mille soldati; e poiché la legge in Cecenia vieta di mandare oltre confine contingenti armati, chi fa parte della spedizione indossa l’uniforme delle forze di sicurezza del ministero degli Interni, non legate all’esercito.
Il Cremlino vuole chiudere la partita in Siria, che non è solo la battaglia di Aleppo est, dove le truppe di Damasco hanno preso ormai quasi il 90% del territorio. Siria significa anche “sorprese” come Palmira, dove i jihadisti hanno messo a segno nei giorni scorsi un colpo di mano grazie a rinforzi arrivati da Raqqa, e la guerra che prosegue nelle province di Idlib e Daraa, al confine con la Giordania.
Appare improbabile che i battaglioni ceceni avranno solo compiti di osservazione; si tratta di truppe specializzate in tecniche antiterrorismo con esperienza nel campo della guerriglia urbana, ed oltre ad essere impegnate in Cecenia per contrastare le filiali jihadiste di al Qaeda, si sono mantenute “in allenamento” con missioni nell’Ucraina orientale per sostenere i separatisti opposti a Kiev.
In Siria le divisioni di Kadyrov troveranno vecchie conoscenze; fra loro c’era anche Abu Omar al Shishani, detto il Ceceno anche se era originario della Georgia. Il 13 luglio 2016 al Shishani è stato ucciso a Mosul e la sua cellula (Jaish al-Muhajireen wa Ansar), inserita a pieno titolo nell’Isis ha perso molti miliziani, ma restano i dati dei servizi di sicurezza russi secondo cui dalla Federazione sono partiti in circa 2500 per arruolarsi nelle file di Daesh e molti di loro sono ceceni.
Quanti siano ancora quelli operativi non è chiaro. Fonti siriane indicavano che i ceceni all’Interno dell’Isis erano secondi in numero solo ai libici. Insomma, con l’invio delle truppe di Kadyrov, la Siria si trasforma in una sorta di enorme Grozny, la capitale che nel 2003 l’Onu definì città più distrutta del mondo. Nella seconda guerra cecena (1999) il conflitto si caratterizzò per la presenza di miliziani giunti da diverse parti del mondo islamico che affascinati da al Qaeda pensavano di combattere un conflitto globale in nome del jihad. Secondo il sito d’informazione Debka, il presidente Putin ha tre buoni motivi per schierare le forze speciali cecene in Siria: innanzi tutto, evitare di mandare truppe russe che poi ritornino dentro le bare; appena la scorsa settimana ad Aleppo sono stati uccisi tre militari, fra cui un colonnello, e queste perdite potrebbero far crescere il malumore nei confronti del governo; dare una mano a Hezbollah e agli iraniani, schierati con i lealisti di Assad nelle altre battaglie, oltre Aleppo, che si preannunciano impegnative; dare il cambio alle forze di Damasco nel tenere punti strategici importanti in un contesto urbano – Aleppo come Grozny – dopo la definitiva conquista.
Dunque, in Siria Kadyrov può togliersi diversi sassolini ceceni dai suoi scarponi, in virtù di una pacificazione – almeno asserita – ormai totale in patria. Proprio a Grozny alla fine dello scorso agosto si è tenuta una conferenza con esponenti religiosi provenienti da Egitto, Giordania, Europa; fra loro, come ha riportato Asianews, il gran Mufti d’Egitto, Cheikh Chawki Allam. Il messaggio è stato questo: basta con la deriva del wahabismo salafita – alla faccia dell’Arabia Saudita – che ha permesso ai terroristi di impadronirsi della parola del Profeta. E se i cattivi ceceni sono andati fino ad Aleppo, il fido Kadyrov è pronto a rispondere alla chiamata di Putin. I suoi battaglioni, alla partenza, hanno salutato convinti: “Torneremo tutti salvi, in nome di Allah”.