Mariella Caruso, il Fatto Quotidiano 13/12/2016, 13 dicembre 2016
«NEL TEMPO LIBERO FACCIO CIO’ CHE VOGLIO, ANCHE SELFIE». INTERVISTA A IVAN ZAYTSEV – Il futuro è un’incognita
«NEL TEMPO LIBERO FACCIO CIO’ CHE VOGLIO, ANCHE SELFIE». INTERVISTA A IVAN ZAYTSEV – Il futuro è un’incognita. Naturalmente non c’è alcunché di male a cercare di immaginarne uno che ci piaccia. Uno sportivo, in genere, lo fa due volte: la prima quando sogna di arrivare al vertice; la seconda quando chiude la carriera. Ivan Zaytsev, lo “Zar” del volley azzurro, a 28 anni, mentre pensa ancora a vincere scudetti, Coppe, Europei, Mondiali e Olimpiadi, si sta già concentrando sul suo futuro, “perché quando cadrà l’ultima palla e dirò addio, non voglio più mettere piede su un campo di pallavolo”, anticipa l’opposto della Sir Safety Perugia che, da qualche settimana, è nel cast di Selfie – Le cose cambiano, il nuovo programma condotto da Simona Ventura su Mediaset. Per il gigante che a Rio 2016 è riuscito a battere anche a 122 Km/h, nato a Spoleto, da papà Vjaceslav – palleggiatore dello squadrone russo che dominò il volley mondiale tra gli Anni 70 e l’inizio 80 – e mamma Irina Pozdnjakova, nuotatrice, quella della tv è un’avventura nuova. Com’è iniziata? Con un colloquio con Maria De Filippi che si è mostrata fiduciosa nelle mie potenzialità. La mia titubanza era capire se avrei potuto conciliare le registrazioni del programma con il volley. Però sono contento perché mi serve per staccare un po’ e avere stimoli che vanno oltre il solito. Qual è il suo rapporto con la televisione? Nullo. In casa serve solo per far vedere i cartoni animati a Sasha che ha 2 anni. Che potenzialità ha visto in lei Maria De Filippi? Ha detto che durante le Olimpiadi è stata attirata dalla mia schiettezza nel dire le cose. E come sta andando? Nella prima puntata ero imbalsamato, nella seconda di cartone perché mi è stato impossibile conciliare tv e pallavolo. Dalla terza è andata meglio: comincio a divertirmi. Le telecamere spesso le ha puntate addosso anche quando gioca, non si sente a suo agio in uno studio televisivo? In campo è diverso: sono me stesso istintivamente e agonisticamente; in studio non ho un pallone e non posso certo sfogarmi sui concorrenti. I concorrenti li deve aiutare, è un po’ il mental coach. Si era preparato? È la mia storia ad aiutarmi a comprendere alcuni aspetti mentali. Cerco di condividere la mia esperienza, in ambito sportivo ho superato momenti di stress elevati. Qual è stato quello più difficile? Essere rimandato a casa dal ritiro della Nazionale durante la finale della World League 2015 (con Travica, Sabbi e Randazzo per non aver rispettato l’orario di rientro, nda). È stato un momento tosto, perché ho sempre dato l’anima per la pallavolo e la Nazionale, e non ho digerito quella sanzione disciplinare di Berruto che, appoggiato dalla Federazione, mi ha fatto passare per un bulletto menefreghista. In realtà non c’era una motivazione valida ed è stato un colpo dal quale mi sono ripreso affidandomi a mia moglie e ai miei cari. Poi mi sono vendicato centrando tutti gli obiettivi dopo essere stato richiamato in Nazionale da Blengini. Il vice di Berruto al momento della “cacciata”. Cosa le ha detto quando l’ha richiamato? Che non vedeva la Nazionale senza di me. E io sono stato d’accordo. Anche se sono sempre critico con me stesso, sono conscio di avere una personalità importante per tutto il movimento pallavolistico, anche internazionale. Con Berruto ha mai parlato di quello che è successo? Non ci siamo più incrociati, e non mi interessa. Ognuno per la propria strada. Come ha convinto il presidente perugino Sirci a lasciarla partecipare a Selfie? Il mio tempo libero posso usarlo a mio piacimento. Però Sirci aveva le sue ragioni: ha investito molto per allestire una squadra da scudetto e aveva paura che l’impegno televisivo potesse inficiare le mie prestazioni. Gli ho fatto capire che non sarebbe accaduto e che è necessario superare questa ‘chiusura’ tutta italiana per il bene del mondo della pallavolo. All’inizio, però, non è andata molto bene. Oggi siete al quarto posto, ma c’è stato bisogno di un cambio tecnico: Bernardi per Kovac. Perugia è una piazza che non ha mai vinto ed è mancata la pazienza di avere la squadra al completo e di far recuperare pienamente i cinque reduci dalle Olimpiadi. Com’è lavorare con Bernardi, eletto miglior giocatore del secolo scorso? Lo conoscevo già perché avevo lavorato con lui ai tempi della Juniores quando nel 2009 vincemmo i Giochi del Mediterraneo. In quel periodo ero un adolescente difficile da gestire e lui un tecnico alle prime armi. Adesso il nostro è un rapporto nuovo improntato al massimo rispetto. Poi lui è stato bravo a mettere subito in chiaro che non è un ex giocatore, ma l’allenatore. Ha giocato per due stagioni con la Dinamo Mosca. Essendo un italiano dall’anima russa cosa si porta dietro da quell’esperienza? La consapevolezza di sentirmi italiano al 100%. Quella moscovita è stata un’esperienza dura e importante. La cosa che mi ha dato fastidio è stato vedere che in Russia molti consideravano la pallavolo un lavoro e si limitavano a fare il minimo per avere lo stipendio, mentre io andavo in palestra anche pieno di dolori. Politicamente ed economicamente che Russia ha trovato? Mosca è una metropoli, facevo la vita di un italiano che poteva permettersi di spendere. Politicamente sono uno zuccone, però nutro rispetto per Putin. La popolazione è soddisfatta di avere alla guida una personalità forte. Dal punto di vista dell’efficienza sanitaria, dei mezzi pubblici e delle infrastrutture la Russia è molto più avanti rispetto all’Italia, magari nelle cittadine della Siberia le cose funzionano peggio di Mosca, ma sicuramente bene. Con lei c’era sua moglie Ashling. Vi siete sposati presto, cos’è per lei? Mi completa, ci siamo rincorsi e aiutati a vicenda. È stata lei a farmi diventare adulto aiutandomi a non fare più cazzate e a inquadrare gli obiettivi prioritari nella mia vita: avere un tetto sulla testa e un figlio che mi ha responsabilizzato. C’è stato un periodo della mia vita in cui allontanavo chi mi voleva bene e chi cercava di darmi i consigli giusti: sono arrivato a spendere 50.000 euro per un’auto quando ne guadagnavo 35.000 all’anno o a presentarmi in palestra senza essere andato a dormire.