Marisa Poli, La Gazzetta dello Sport 13/12/2016, 13 dicembre 2016
CASA GOCCI: «SOFIA, LIBERA E DISORDINATA» Nella prima gara, aveva otto anni, si lasciò dietro anche i maschi
CASA GOCCI: «SOFIA, LIBERA E DISORDINATA» Nella prima gara, aveva otto anni, si lasciò dietro anche i maschi. Nei ricordi della mamma Giuliana c’è ancora quel giorno del Duemila quando Sofia Goggia arrivò sul traguardo e ancora prima di fermarsi, la cercò per chiedere: «Ho vinto? Ho vinto?». «Pensavamo di vederla arrivare dietro — dice la mamma —. Ero allibita, lei aveva in testa di vincere». INFORTUNI Cittadina di Bergamo, Città Alta, dove ha frequentato elementari e medie e dove, l’estate scorsa, ha deciso di tornare. Papà Ezio è ingegnere di professione e pittore per passione, mamma Giuliana ha insegnato lettere, il fratello maggiore Tommaso è tornato da qualche mese a lavorare in Italia dopo un’esperienza alla McLaren. «Abbiamo sempre cercato di invitarla alla prudenza» ci tiene a sottolineare papà Ezio. Perché di carattere competitivo, ricorda il fratello, è sempre stata: «Qualche giorno fa sono stato a Foppolo e uno dei maestri mi ha ricordato che da piccola Sofia voleva stare davanti anche nelle lezioni o quando si andava a uovo nelle stradine». TESTARDA Autonoma, forte, spirito libero: così in casa descrivono Sofia. «Dice, ci vediamo a cena. Poi telefona alla sera ed è in Austria» spiega il fratello Tommaso. «Sin da quando aveva un anno si è visto il carattere. Era una bimba che si faceva male, ma che non ci badava». Nemmeno quella volta dell’incidente in seggiovia: «Era seduta male, scivolò giù» dice mamma Giuliana. E mentre i tre bambini che erano con lei erano spaventatissimi, lei ebbe la prontezza di attaccarsi al poggiapiedi e ci restò fino a quando la recuperarono, con la scala. INIZI Lo sci è entrato nella vita di Sofia a tre anni, per sua precisa volontà. I genitori avevano accompagnato il figlio maggiore Tommaso alla prima lezione, a Foppolo dove hanno casa. La piccola si lagnò tutto il giorno perché ci voleva andare anche lei. «Il giorno dopo l’ho portata a sciare ed è stata subito gasatissima. Non è mai stata una piagnona — continua la mamma —, è successo solo quella volta e poi alle elementari, al mercoledì la portavo a nuotare, lei voleva andare a giocare a calcio con i compagni di scuola». IN CASA Sofia non è una donna di casa, «è un tornado, ammalata di disordine patologico come il papà. C’è sempre tutto per aria quando c’è lei. Le piace cucinare, è creativa, però non ha tempo. E le piace mangiare, è sempre stata una mangiona». Da bambina era l’ombra del fratello Tommaso: «Se mi prendevano la moto, la voleva anche lei. E si è sempre trovata bene a giocare con i maschi. Ma sin da piccolina voleva fare quello che voleva, bella determinata». SCUOLA Le difficoltà sono emerse solo nell’ultimo anno delle superiori, con il diploma preso da privatista perché le assenze erano troppe e i professori non tutti comprensivi. «Quell’anno ci si mise anche un trauma cranico nella discesa di Altenmarkt — ricorda la mamma —, prese una botta tale che sul casco aveva stampato il segno delle reti, viola. E per due mesi non riusciva nemmeno a rispondere ai messaggi sul telefonino». Ora, dopo i passaggi a Economia e Filosofia, si è iscritta a Scienze politiche, on line. E ha superato due esami. «Le è sempre piaciuto molto leggere. E dalla famiglia di mio marito ha preso il lato creativo. Da piccola disegnava bene, faceva degli acquarelli bellissimi». Infortuni Il lungo capitolo degli infortuni ha scosso negli anni tutta la famiglia. «Ne abbiamo parlato spesso con mio marito, lui non gliel’ha mai detto di lasciar perdere, di smettere. Io si. È stata dura vederla soffrire, i due episodi che ricordo sono quando andai a prenderla dopo la caduta in Coppa Europa. Aveva tutte e due le gambe fasciate e ho chiesto agli allenatori: le ha rotte tutte e due? E poi in aeroporto, nel 2013, al ritorno da Lake Louise, uscì in sedia a rotelle, spinta da Nadia Fanchini, mi venne un colpo». Quello è stato il più duro, le ha fatto imboccare un tunnel nero da cui è uscita dopo mesi. «Ha voluto stare da sola a Mantova, dove faceva fisioterapia. Non mi ha voluto lì nemmeno il primo giorno nella casa nuova» dice la mamma. Natura La montagna è nel cuore della famiglia Goggia. Papà Ezio nelle uscite a caccia si innamorò di una baita sopra Cogne, ci si arriva dopo un’ora e mezza di passeggiata, verso i laghi di Lussert. L’ha ricostruita ed è diventata il rifugio. «La prima volta lei aveva un anno e mezzo, salì da sola, solo nell’ultimo tratto salì sulle spalle di mio marito. Lì sembrava Heidi. Ci lavavamo nel ruscello, facevamo la polenta sulla stufa. L’amore per la natura glielo abbiamo trasmesso così». E Belle, il pastore australiano che Sofia si è portata sul podio al Sestriere, è l’erede del setter di casa morto dopo oltre 17 anni pochi giorni prima del diciottesimo compleanno di Sofia. «Per anni mi ha chiesto di prendere un altro cane, ho ceduto solo nel 2014, quando era nel periodo nero. Mi ha detto: non mi fai prendere nemmeno il cane. Ed è arrivata Belle». Belle, come Belle e Sebastien, che si pronuncia «Bel», come bello in bergamasco. Orgoglio «Abbiamo cercato di insegnarle l’umiltà, il rispetto, la capacità di condividere la gioia di un bel risultato con le altre. Quando era a casa con le stampelle l’ho vista tifare come una matta per le compagne». In casa questo ultimo periodo è stato una sorpresa: «Nessuno avrebbe pensato a un inizio così. E io grazie a un osteopata bresciano, Paolo Romano, che ogni tanto aiuta anche Sofia, ho imparato a vivere positivamente le sue gare. E poi la vedo più sicura, matura». Finalmente Sofia.