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 2016  dicembre 11 Domenica calendario

ANGELINO SEMPRE IN PIEDI: 2.500 GIORNI MINISTRO

“Passano gli anni”, cantava Battiato, “i treni, i topi per le fogne; i pezzi in radio; le illusioni, le cicogne; passa la gioventù…”. Tutto cambia, diceva la canzone, “nulla si può fermare”, tranne Angelino Alfano, che il maestro di Noto – pur corregionale del ministro – non ha considerato nel suo testo. Il nostro infatti, pur diminutivo nel nome, è accrescitivo nella poltrona.
Nell’ultimo decennio, Angelino sta. E mica come d’autunno eccetera, al contrario ottimamente sta e altrettanto ottimamente resta: segnatamente al governo. Dall’8 maggio 2008 a questa mattina passano 3.139 giorni oppure otto anni, 7 mesi e spiccioli. Di questi, il buon Alfano ha passato da ministro – Giustizia e Interni – la bellezza di 2.498 giorni, vale a dire sei anni, dieci mesi e dispari: quasi l’80% del tempo. Quel 20% che manca è il governo Monti, dove non entrarono esponenti dei partiti.
In sostanza, sembra ormai che non si possa fare un esecutivo senza la presenza del buon Angelino. Chi l’avrebbe detto quando faceva da segretario al trionfante Silvio Berlusconi? La verità: quasi nessuno. E invece fu deputato e, soprattutto, ministro Guardasigilli, il più giovane della Repubblica, a soli 37 anni: ha dato il suo nome al Lodo con cui tentò di dare l’immunità al suo datore di lavoro, poi – sfortuna! – bocciato dalla Corte costituzionale.
Quella magnifica esperienza si concluse nel luglio 2011: Angelino assunse il titolo, pressoché onorifico, di segretario del Popolo della libertà e quello – gravido di speranze, ma povero di futuro – di delfino e successore del fu Cavaliere: “È bravo, ma non ha il quid”, lo cancellò Silvio e da allora il nomignolo lo segue come un ombra. “Angelinosenzaquid”.
Ora, però, si può dire: non avrà il quid ma una poltrona non gli manca mai. Dopo la traversata del governo tecnico, il pareggio alle elezioni del 2013 lo proiettò insperatamente di nuovo al governo: vicepremier di Enrico Letta addirittura e pure ministro dell’Interno. Non si può dire che nel ruolo non si sia fatto notare: basti citare il “rapimento” di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Muktar Abliazov, deportate nel giro di poche ore per essere consegnate nelle mani del dittatore Nursultan Nazarbayev.
Notevoli pure le menzogne rifilate al Parlamento sul caso delle manganellate agli operai della Thyssen; gli infortuni tipo l’assunzione del fratello alle Poste; certe brutte storie sul suo partito uscite dalle intercettazioni di Mafia Capitale oppure le molte gaffe. Deliziose, peraltro: fu Alfano, per dire, ad anticipare su Twitter che l’assassino di Yara Gambirasio era stato arrestato (i pm non la presero bene, volevano tenere ancora la cosa segreta); sempre lui, dopo l’omicidio di tre bambine a Lecco, andò in tv a promettere caccia senza tregua agli assassini, proprio mentre la madre confessava.
Nonostante alcune di queste opere e omissioni fossero già avvenute a febbraio 2014 – e nonostante il buon Angelino fosse stato per tutta la vita amico di Enrico #staisereno Letta – Matteo Renzi lo ha mantenuto al Viminale per i suoi mille giorni a Palazzo Chigi.
Il suo Nuovo Centrodestra, partito creato nell’autunno 2013 scindendo Forza Italia (con relativo “tradimento” di Berlusconi), conta su una piccola ma decisiva pattuglia di senatori senza i quali non c’è governo possibile: per questo una sigla che finora ha avuto percentuali elettorali da prefisso telefonico ha 3 ministri di peso – lui, Costa (Affari regionali e Famiglia) Lorenzin (Sanità) – e un bel po’ di sottosegretari. Tutti confermati nel quarto governo di Angelino, quello che nascerà a giorni. BNon avrà il quid, ma ha la qualità del destino: è inevitabile.