Andrea Buongiovanni, La Gazzetta dello Sport 10/12/2016, 10 dicembre 2016
RUSSIA, LA TRUFFA PIU’ GRANDE
Lo sport russo è definitivamente in ginocchio: le pratiche doping sistematiche in essere nel Paese dal 2011 al 2015 avrebbero coinvolto oltre mille atleti (600 olimpici estivi e 95 invernali, oltre ai paralimpici) e più di trenta discipline. Lo sostiene, con grande dovizia di prove e di particolari (senza svelare i nomi dei colpevoli), la seconda puntata del report McLaren, presentato ieri in un aristocratico hotel di Londra. L’inchiesta indipendente condotta dal 71enne avvocato canadese su mandato della Wada, evidenzia una situazione ancor più compromessa di quanto non fosse apparso nei mesi scorsi. E mette con le spalle al muro il Cio, chiamato a intervenire con decisione e con largo anticipo rispetto all’Olimpiade invernale di Pyeongchang 2018. Il primo report, reso noto in luglio, ha portato all’esclusione dai Giochi di Rio di oltre cento atleti. Questo, che fa paragonare la situazione a quella dei tempi del doping di Stato della Germania Est, potrebbe avere conseguenze persino più nefaste.
I TEST «È impossibile sapere quanto in profondità e quanto indietro nel tempo occorrerebbe andare per avere un quadro preciso – ha spiegato McLaren –: qui i fatti sono chiari, ma probabilmente solo parziali. Resta che per anni lo sport internazionale, senza saperlo, è stato preso in giro». Se infatti la prima parte dell’inchiesta era riferita soprattutto all’Olimpiade di Sochi 2014, ora il raggio d’azione – nonostante le smentite delle autorità russe e un certo scetticismo generale – si è allargato, passando da quella di Londra 2012, dalle Universiadi di Kazan 2013 e dai Mondiali di atletica di Mosca dello stesso anno. Il report contiene 1166 documenti (e-mail, studi scientifici, dettagliate analisi di provette antidoping ed esami del Dna) che, pubblicati su un sito web appositamente creato, proverebbero verità inconfutabili. McLaren, per esempio, ha lavorato su nuove analisi di 100 dei 250 test sulle urine di atleti russi preservati dopo Sochi e tutte sarebbero risultate in qualche modo contraffatte. Incluse quelle di quindici medagliati (più ventuno paralimpici), con quattro campioni a cinque cerchi. A Sochi, nelle provette di due giocatrici della Nazionale di hockey ghiaccio sarebbero state trovate tracce di urina maschile. Tante altre sarebbero state aperte o marcate con vari segni, così da essere riconoscibili.
LA POLITICA I nomi dei coinvolti non vengono resi pubblici – i vari casi sono riferiti solo attraverso codici numerici – ma l’identità degli atleti coinvolti è stata comunicata alle federazioni internazionali di appartenenza, così come al Cio che già sta indagando con due commissioni create ad hoc. Starà a questi enti, nel caso, valutare le violazioni e prendere provvedimenti. Tra i documenti più scottanti, quelli che riferiscono di comunicazioni tra Yuri Nagornykh, l’ex vice ministro dello sport, e Grigory Rodchenkov, l’ex direttore del laboratorio nazionale antidoping, reoconfesso dopo aver aiutato atleti russi di vertice a violare le leggi su ordine del governo. Nahornykh – si evince da certe e-mail – fornisce a Rodchenkov esplicite indicazioni su come «coprire» l’uso di sostanze proibite. E se al centro di tutto potrebbe esserci ancora Vitaly Mutko, l’ex ministro dello sport che Vladimir Putin ha intanto promosso a vice primo ministro, la nomina dell’estate scorsa di Vitaly Smirnov a capo della commissione chiamata a riformare il sistema antidoping, sembrerebbe essere una garanzia.
PROSPETTIVE «Da quando abbiamo pubblicato il primo report – ha detto McLaren – l’atteggiamento in Russia è molto cambiato. Certe situazioni sono radicalmente mutate. Ma non sta a noi prendere decisioni definitive. Nè faremo ulteriori raccomandazioni. Ci sono altri Paesi con situazioni analoghe? Ci è stato chiesto di lavorare solo sulla Russia. Cosa penso dell’assegnazione dei Mondiali di calcio 2018 alla Russia? Nulla. La Russia dovrebbe venir esclusa dal Cio? Non saprei. Cosa replico a chi da Mosca, pochi minuti dopo la pubblicazione, ha dichiarato che il secondo report è un altro attacco mirato alle istituzioni russe? Andassero a leggerselo, il report». La Rusada, l’agenzia antidoping nazionale, ha fatto sapere che, per discutere i contenuti dell’inchiesta, terrà una prima riunione giovedì.
L’ATLETICA Intanto ieri la federatletica nazionale, quella sin qui più colpita con l’esclusione ormai da un anno da tutta l’attività internazionale, ha eletto il proprio presidente. Con Yelena Isinbayeva ritiratasi dalla corsa, perché nei giorni scorsi nominata in un ruolo di alta responsabilità all’interno della Rusada, il nuovo n. 1 è Dmitry Shlyakhtin, già tale ad interim, che ha battuto l’olimpionico dell’alto Andrei Silnov per 36 voti a 31 (il segretario generale Mikhail Butov s’è fatto da parte dopo il primo round). Per chi crede in una svolta, non è un bel segnale. «È ora di porre un freno a questa situazione – invoca McLaren –: sul palcoscenico dell’antidoping ci sono troppi attori di compagnie diverse. Serve unità di intenti a livello internazionale». Prima che diventi troppo tardi.