Laura Leonelli, Arte, 9 dicembre 2016
Arte A LONDRA GRANDI SCATTI Da Man Ray a Ilse Big, da Kertész a Tina Modotti: alla Tate modern, i capolavori della fotografia modernista della collezione di Elton John di Laura Leonelli La raccolta è costituita da settemila fotografie vintage «Quando mi offrono foto dell’800, rifiuto gentilmente» Ai soliti detrattori della fotografia, spesso accusata di “inquinamento visivo”, dovremmo raccontare la parabola di Sir Elton John, che per festeggiare il suo primo giorno da sobrio, il 29 luglio 1990, dopo una vita di alcol e droga, decise di visitare una mostra di fotografia
Arte A LONDRA GRANDI SCATTI Da Man Ray a Ilse Big, da Kertész a Tina Modotti: alla Tate modern, i capolavori della fotografia modernista della collezione di Elton John di Laura Leonelli La raccolta è costituita da settemila fotografie vintage «Quando mi offrono foto dell’800, rifiuto gentilmente» Ai soliti detrattori della fotografia, spesso accusata di “inquinamento visivo”, dovremmo raccontare la parabola di Sir Elton John, che per festeggiare il suo primo giorno da sobrio, il 29 luglio 1990, dopo una vita di alcol e droga, decise di visitare una mostra di fotografia. Accanto a lui, per caso, ma nelle storie di redenzione nulla è per caso, appare Herb Ritts. Poche parole, un semplice invito, “guarda”, e l’autore geniale di Your song, Rocket man, Tiny dancer e Can you feel the love tonight? scopre che al di là delle immagini che lo ritraevano ai concerti e sulle copertine dei dischi esisteva un altro mondo, e che «questo mondo era arte, e che queste immagini erano bellissime, e che volevo collezionarle». Diciamolo, senza sobrietà. Per ospitare i primi frutti di questa meravigliosa passione Elton John compra una casa di 250 metri quadrati ad Atlanta, in America, subito piena; quindi una seconda dimora ancora più comoda, saturata anche quella velocemente. In sei mesi la rockstar aveva acquistato mille fotografie di grandissimi autori, dalle avanguardie fino ai giorni nostri. Venticinque anni dopo, ovvero oggi, la collezione ha raggiunto settemila stampe vintage ed è una delle raccolte private più importanti al mondo, soprattutto per quel periodo ricchissimo di sperimentazioni linguistiche, volte all’autonomia espressiva della fotografia, che va dal 1920 al 1950: il Modernismo. UN OCCHIO RADICALE. I curatori della mostra alla Tate di Londra, Shoair Mavlian e Simon Baker, affiancati da Newell Harbin, direttrice della collezione di Elton John, hanno voluto infatti concentrarsi su questo periodo rivoluzionario, come suggeriscono il titolo, The radical eye: modernist photography from the Sir Elton John collection, e la selezione di centocinquanta capolavori di sessanta maestri, tra cui Man Ray, André Kertész, Berenice Abbott, Aleksandr Rodčenko, Edward Steichen, Tina Modotti, László Moholy-Nagy, Josef Breitenbach, Maurice Tabard, Harry Callaham e Ilse Bing. Cos’è infatti quel salto liberatorio di Gerard Willem Van Loon, ballerino della compagnia di danza moderna di Charles Weidman e Doris Humphrey, immortalato appunto da Ilse Bing nel 1932, se non un atto di emancipazione dal passato prossimo, da quel pantano pittorialista e bituminoso che voleva la fotografia timida ancella della pittura, costretta a sfumare i volumi e a pastellare le luci, vergognandosi della sua natura meccanica? «Quando mi offrono fotografie dell’Ottocento o dei primissimi del ’900, e capita spesso, rifiuto gentilmente. Non mi interessano, non sono io», ammette Elton John. “Io”, nel senso di un musicista che ha rivoluzionato la tecnica del piano rock e con scioltezza vocale è passato dal falsetto alle note più tenorili, vuol dire Aleksandr Rodčenko, l’artista che nel 1928 aveva rinnegato «la visuale di un uomo in piedi che guarda diritto davanti a sé e fa quelle che io chiamo riprese ombelicali. Io combatto questo punto di vista. Oggi le riprese più interessanti sono quelle colte dall’alto in basso o dal basso in su, o in diagonale». “Io”, ancora, è lo sguardo fisso su altre dimensioni della coscienza, nell’autoritratto di Herbert Bayer, “umanamente impossibile” recita il titolo del 1932, e in quello di Otto Umbehr, studente Bauhaus, poi famoso con il nome di Umbo, che sceglie come alter ego un gatto. “Io”, infine, sono le lacrime di glicerina di Man Ray – del genio del Surrealismo Elton John possiede una “piccola” collezione di venticinque ritratti, da André Breton a Max Ernst, da Matisse a Picasso e Dora Maar – e quelle versate in nome di ogni rivoluzione, come ricorda Tina Modotti, che nel 1927 unisce in una “radicale” natura morta una falce, una pannocchia e una cartuccera. RITRATTI E RITRATTISTI. In clima di lotta armata, la collezione di Elton John passa improvvisamente al “noi”, presentando le vittime, ed è la notissima Migrant mother di Dorothea Lange, emblema della Depressione americana del 1936, quindi i contadini di Walker Evans, e a chiusura le coppie più celebri del Modernismo in Europa e in America. Uno di fronte all’altro, Alfred Stieglitz ritrae Georgia O’Keeffe, Berenice Abbott Jean Cocteau, Edward Weston Tina Modotti e un attimo dopo Igor Stravinsky. Ma l’ex ragazzo di Pinner, periferia estrema di Londra, 400 milioni di dischi venduti nel mondo, Sir dal 1998, e tra poco settantenne, da chi vorrebbe farsi ritrarre? Pausa, gli occhiali rosso fuoco posati accanto a quelli di André Kertész, e poi folgorante: «Dagli occhi dei miei figli, Zachary ed Elijah». Ed è la risposta meno modernista del secolo. THE RADICAL EYE: MODERNIST PHOTOGRAPHY FROM THE SIR ELTON JOHN COLLECTION. Londra, Tate modern (www.tate.org.uk). Dal 10 novembre al 7 maggio 2017. Autori contemporanei La collezione di Elton John comprende, oltre ai maestri del Modernismo (presentati nel catalogo edito dalla Tate Publishing) anche i massimi interpreti del contemporaneo. Tra i nomi, gli immancabili Irving Penn, Robert Mapplethorpe, David Bailey, Norman Parkinson, “perfetto nella mia villa di Nizza”, quindi Sam Taylor-Wood, di cui Elton John possiede la serie completa dei famosi Crying men – e la fotografa inglese è autrice anche di alcune copertine della rockstar – e ancora Nan Goldin, David LaChapaelle, Tierney Gearon, Hiroshi Sugimoto e Rineke Dijkstra.