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 2016  dicembre 09 Venerdì calendario

TORO SEDUTO, UN LEADER LONTANO DA POTERE
E PROFITTO– [Massimo Giletti] Caro Giletti, ti confesso di non conoscere il nome dell’eroe che mi hai appena indicato: Thathanka Iyothanka

TORO SEDUTO, UN LEADER LONTANO DA POTERE
E PROFITTO– [Massimo Giletti] Caro Giletti, ti confesso di non conoscere il nome dell’eroe che mi hai appena indicato: Thathanka Iyothanka. «Ti aggiungo il suo soprannome: Hunkesni, cioè “lento”, a causa della sua abitudine di ben riflettere, prima di agire». 
Resto nel buio. «I due nomi sono in lingua originale dei Sioux. Indicano quello che è il mio personaggio di riferimento: Toro Seduto, il capo indiano ricordato nei libri di storia degli Stati Uniti per la vittoria sul colonnello Custer del Settimo cavalleggeri, il 25 giugno 1876». Una scelta sorprendente. «Ma non per chi conosce i particolari della mia biografia. Da ragazzino sono cresciuto a Ponzone di Trivero, in Piemonte, importante centro laniero e porta d’accesso alla strada che attraversa l’Oasi Zegna. Qui mio padre era titolare di un’azienda tessile e io vivevo in una casa di campagna tra i boschi con i miei fratelli gemelli, Emanuele e Maurizio, più grandi di me di sette anni. Con loro, anzi contro di loro organizzavamo vere e proprie battaglie: loro in divisa blu, come i soldati americani, e noi più piccoli travestiti da indiani, seguendo una ritualità precisa. Trenta, quaranta combattenti con archi, frecce, fionde... La sera, a tavola con mamma Giuliana (mio padre era sempre in viaggio per lavoro) c’era la ricostruzione degli scontri che mi vedevano sempre perdente. Nasce da qui la mia propensione battagliera e a essere dalla parte degli sconfitti». Poi parti per Torino, liceo classico, laurea in Giurisprudenza con 110 e lode, la scelta del giornalismo come mestiere, l’approdo a Roma nel 1988 nella redazione del programma televisivo Mixer, con Minoli... «È con Minoli che riappare nella mia vita Toro Seduto. Giovanni un giorno mi regala una biografia di quell’uomo sacro dei Sioux con questa dedica: “A Massimo perché, seguendo l’energia di Toro Seduto, sappia essere forte, saggio e soprattutto paziente”, cioè Hunkesni... La lettura del libro e la scoperta del poker di virtù di quel guerriero indiano, lontano dal profitto e dal potere economico, mi confermarono la bontà della scelta che avevo fatto da ragazzino». A me quell’epopea indiana fa affiorare alla mente il potlàc, il dono maligno consistente in “distruzione“ dei beni. Gli antropologi di fine Ottocento scrissero di intere casse di olio di balena bruciate, di barche nuove fatte a pezzi... In sostanza, vinceva la tribù che sprecava di più, dando la sicurezza di essere in grado di produrre nuovi beni. «A pensarci bene, oggi le gigantesche spese per le armi e le guerre somigliano a un grande potlàc quotidiano. Anche per questo la vita di Toro Seduto va riletta».