Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  dicembre 04 Domenica calendario

MOSTRIFICI E ALTRI GUAI DELLA RIFORMA CHE DEVASTA LE SOVRINTENDENZE


Funziona la riorganizzazione periferica del ministero per i Beni culturali e il Turismo voluta ambiziosamente dal ministro Dario Franceschini spinto probabilmente dal premier Matteo Renzi che da sempre detesta soprintendenti e Soprintendenze? No, regnano caos e paralisi. Prendiamo una Regione dal grande patrimonio storico-artistico, la Lombardia, e partiamo da Mantova dove operarono Leon Battista Alberti, Mantegna, Giulio Romano e tanti altri. Qui la strategia del ministero ha creato uno dei venti super-Musei con un super-pagato direttore individuato dalle selezioni (selezioni, non concorsi europei, attenzione) nell’austriaco Peter Assmann fino a poco tempo fa direttore del Museo di Linz, che non è proprio il massimo. Nell’attesa che Franceschini – dopo aver scisso anche fisicamente valorizzazione e tutela e quindi Museo e Soprintendenza – definisse la dimensione della seconda, il personale ha pensato bene di riversarsi in massa nel Museo autonomo di Palazzo Ducale. Dove il neodirettore attivava intanto il turbo di un suo frenetico “mostrificio”.
Così, quando gli ineffabili consulenti del ministro hanno finalmente “riperimetrato” in modo antistorico la Soprintendenza “olistica”, cioè unica, mantovana, è arrivata la nuova soprintendente, Giovanna Paolozzi Strozzi. La quale si è ritrovata in pratica senza un vero ufficio e con quattro persone in organico, di cui due custodi. I sussurri mantovani parlano di liti furibonde col super-direttore Assmann. Finché Paolozzi Strozzi ha gettato la spugna e ottenuto una sede meno disastrata e forse più tranquilla: Parma. E quindi, dopo due anni e mezzo dall’inizio di calvario, di sfasci e di riassemblaggi, alla Soprintendenza archeologia-belle arti-paesaggio di Mantova è piovuto un funzionario ad interim.
Caso unico? No, il caos è la regola di una “riforma” che un soprintendente di lungo corso come Antonio Paolucci, da anni ai Musei Vaticani, definì subito “bassa macelleria”. Della tutela in primo luogo. Nella stessa Lombardia la Soprintendenza unica di Brescia ha strappato Bergamo a Milano. Dove infuria la polemica sullo sfratto che il superdirettore della Pinacoteca di Brera (al quale il ministro ha affidato, non si sa per quali ragioni storiche l’antecedente, teresiana Biblioteca Braidense) esige dell’Accademia di Belle Arti creata ben prima, per “sistemare il cortile d’onore con l’apertura di un nuovo bookshop-caffetteria” e creare un nuovo ingresso. Vada perciò l’Accademia in una ex Caserma. Proteste a non finire da tutta Italia. E ora il direttore James Bradburne sembra rinculare.
Del resto la cervellotica riforma sfascia-Soprintendenze è riuscita ad accorpare la monumentale Certosa di Pavia (anche 2500 visitatori al giorno) col piccolissimo Museo archeologico di Vigevano, mentre catalogazione digitale e archivio fotografico della Certosa sono ancora a Brera. Cioè a trenta chilometri.
“Tutti gli Istituti lombardi soffrono di una gravissima crisi di personale, in ogni professionalità”, notava il sindacato Fp-Cgil pochi mesi fa. “Soprattutto fra architetti (34), storici dell’arte (22), archeologi (13), archivisti (22), bibliotecari (32), amministrativi (22). Numeri assolutamente inadeguati in una regione con dieci milioni di abitanti e 1546 Comuni”. Età media sui 55 anni. Prima della “riforma” ogni architetto della Soprintendenza di Milano avrebbe dovuto sbrigare ogni giorni ben 89 pratiche edilizie e urbanistiche, una ogni 5 minuti (dati ufficiali). E adesso? Nelle Soprintendenze, spiega ancora la Fp-Cgil, “in alcuni casi il personale non è sempre certo di sapere a quale ufficio appartiene”… Ora si espletano i concorsi per cinquecento giovani da immettere in un paesaggio di sfasci e di assurde ricomposizioni. Pochi rispetto a questi vuoti.
Su due punti le idee chiare al Ministero però ce l’hanno. Far soldi spedendo all’estero, soprattutto in Russia dove i soldi non mancano, opere delicatissime che non dovrebbero più viaggiare quali la Santa Cecilia di Raffaello di Bologna o la pala di Piero di Brera, per fortuna negata. Mi par di risentire l’afrore della “bassa macelleria” evocata da Antonio Paolucci. L’altro punto riguarda la gestione dei musei autonomi. Una recente lettera inviata ai direttori dei musei dal Collegio Romano precisa che “eventuali eccedenze finanziarie” registrate dai vari musei con gli incassi (che, badate bene, pagano, sì e no, le bollette) verranno ripartite in base ai criteri “che premieranno la virtuosa gestione economica dell’Istituto che si sia avvalso, ad esempio, di sponsorizzazioni, della finanza di progetto, delle erogazioni liberali ovvero che abbia adottato provvedimenti di concessioni d’uso a titolo oneroso secondo canoni di mercato, come già lo scrivente ha sollecitato a fare”. Fate insomma più soldi che potete. Più incassate e più sarete premiati. Un capovolgimento dell’idea che bellezza e cultura siano un valore sociale, in sé e per sé? Ma certo: è la turbo-cultura. E la tutela? Roba da passatisti, da archeologi, da storici dell’arte.
1. Continua