Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  dicembre 02 Venerdì calendario

QUANTO MI RODE AVERE GENTE CHE ACCANTO SE LA TIRA– [Arisa] «Voglio fare un gruppo per cantare in balera»

QUANTO MI RODE AVERE GENTE CHE ACCANTO SE LA TIRA– [Arisa] «Voglio fare un gruppo per cantare in balera». È una fucina di progetti: solo per il tempo di questa intervista, al tavolo del ristorante milanese Aromando («Il mio preferito»), Arisa ne ha tirati fuori quattro. «Io faccio girare un sacco di cose, poi una porta si apre e m’infilo dentro. Da lì parte tutto». Anche la sua voce è incontenibile. Ricorda Pino Daniele e comincia a cantare Tu stive nzieme a n’ato je te guardaje. Poi intona Never say never. «Se sapessi le lingue, sai quante altre cose avrei fatto...». E sì che Arisa, il nome che Rosalba Pippa si è data mettendo insieme l’iniziale del suo con quelle di genitori e sorelle, a 36 anni ha un albo d’oro da paura, compresi due Festival di Sanremo, Giovani e Campioni. Oggi è tornata – dopo due altre edizioni – a fare da giudice a X-Factor. E pubblica Voce, il suo primo “Best of”.
 Qual è il suo “best” del “best”?
 «Io amo soprattutto Abbi cura di te, che è un pezzo del mio primo anno. Spesso lo dico a me stessa davanti allo specchio: “Di strada da fare/ ancore ce n’è/ avrò cura di me”. La vita è come il domino: basta una folata di vento per far cadere tutto. Avere cura di se stessi è importante. Io lo faccio, ma mi faccio pure tanto male. Sono severa, perfezionista, anche se in tv sembro “carlona”». Come ci si fa del bene?
 «Cucinando per te stessa, mangiando cose sane, avendo un pensiero per i tuoi genitori. E ascoltando tanta musica: sono i pomeriggi migliori. Al momento sento molto blues. Mi sta girando in testa l’idea di fare un gruppo Lindy Hop, quelli che fanno i turni nelle sale da ballo. Voglio aiutare la gente – e me stessa – a vivere una nuova giovinezza. E chi balla resta giovane».
 Lei balla? «Col mio ex fidanzato andavo in balera, mi piaceva. Poi però ho cominciato a essere gelosa. Invece di ballare, guardavo chi lo guardava. È che scelgo sempre uomini belli...». Non aiuta... «E poi esplodo. Se qualche ristorante potesse parlare...».
 La sua canzone preferita di sempre? «Avrei voluto scrivere Imagine. Oppure Heal the world, di Michael Jackson. Cantare, le canto tutte... canterei in un locale anche tre giorni a settimana fissi, se mi dessero i soldi giusti. Non tanti, giusti. Invece sembra che tutti vogliano farti fare sempre la tv». Così è a X-Factor per la terza volta. «E questa volta non me ne frega più niente se gli altri si domandano se sono legittimata a stare lì o no. E poi mi voglio più bene. Mi sono resa conto che se non ci pensi tu, a te stessa, è difficile che ci pensi qualcun altro. Delusione su delusione, rimani dritta contro il vento, ma il cuore s’indurisce. In generale crescere non è il massimo: quando ho doppiato Cattivissimo me, il protagonista diceva alla figlia: ti prego, non crescere mai. Invece sono cresciuta...». Il ricordo più bello di bambina? «La neve, le ciambelle di cannella, il mondo che si muove intorno a te e tu sei nei pensieri delle persone che si muovono. La dimensione della famiglia. Non che io abbia avuto una vita così semplice, in famiglia». Cioè? «I miei genitori avevano paura delle mie “evoluzioni”. A 9 anni ho iniziato a fumare». Precoce, in effetti. Com’è successo? 
«Mia cugina fumava, e una volta per non farmelo dire, mi fece provare. Così ogni tanto spippettavo le Ms che rubavo a mio padre. La maestra se n’è accorta, ha chiamato mia madre. Comunque di base io sono ancora molto figlia. Amo i miei genitori. Forse per questo trovo sempre il coraggio di rialzarmi: non voglio dar loro dispiaceri». Quando è nata l’idea di lasciare il paese, Pignola, vicino Potenza? «A tre anni. Mio cugino era andato a Milano e ogni volta che tornava portava giochi bellissimi... Poi ci sono venuta a
 19 anni per fare Scienze internazionali e Istituzioni europee. Sognavo la carriera diplomatica, di occuparmi dei problemi del mondo. Solo che non volevo studiare...». Quindi? «Dopo 7 mesi ho lasciato. Sono 
andata a stare da mio cugino, finché ci ho litigato. Avevo comin
ciato a lavorare in un locale, dove 
lavavo i bicchieri tutta la sera, ma 
lui pensava fosse un club di scam
bisti. Mi sono trasferita in un’altra 
casa trovata con un annuncio: abi
tavo con una mamma e sua figlia che
 era appena tornata dalla Thailandia dove aveva litigato con il fidanzato e passava tutto il tempo a lucidare la pistola e a dire che lo voleva andare ad ammazzare. E io che le ripetevo: “Non ci pensare”». Cantava già? «Ogni tanto sul bancone del locale, il mio capo albanese diceva che avevo una bellissima voce. Però avevo un po’ abbandonato, mi piaceva di più conoscere la gente. Per cantare mi basta la tromba delle scale con una bella acustica, come a casa dei miei. Poi sono andata all’Accademia di Mogol. Lui è il mio papà artistico. Avevo 23 anni, facevo l’estetista, ero tornata a Potenza». Si era ritirata... «A Milano i miei erano molto dispiaciuti che lavorassi di notte. Allora avevo cominciato a fare la parrucchiera in via Solari, mi ero inventata che ero già estetista. Ma i soldi non mi bastavano, così ho tenuto anche il lavoro di notte. Dopo un anno e mezzo mi sono esaurita e sono tornata giù. Lavoravo in un bel negozietto, prendevo 600 euro al mese e stavo dai miei. Ma una sera il tg ha detto che sarebbe venuto Mogol a presentare il corso. Mi sedetti sul divano con mio padre: “Che ne pensi? Io lo farei”. Mi rispose: “Ancora co’ ‘sta canzone? Fa’ come vuoi”. Sono passata e sono partita. Mi ha dato tanto: fai musica per 8-9 ore, eravamo 70, seguivo il corso “interpreti”. La regola fondamentale che ho imparato? Che se vuoi puoi. Come dice San Matteo, nulla è impossibile a chi crede». Lei in che cosa crede? «Ho letto il Corano, in italiano, ho letto libri sui sufisti, e pure qualcosa sul taoismo. Prendo ciò che mi piace. Gandhi diceva: sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Per me è buono. Papa Wojtyla diceva che abbiamo il dovere di essere felici per il grande dono della vita, e per me è buono. L’islam dice di ritenere la donna simile a Dio perché ha lo stesso potere del creatore... Ma io sono fan della Madonna. La Madre Terra per me coincide con la Madonna. La Mamma Grande». Si ritiene una persona buona? «Sempre stata. A volte tocco picchi di cattiveria, ma me ne pento subito». Esempio della cattiveria di Arisa? «Rosico per le persone che mi stanno intorno e vogliono fare le prime donne. Poi mi dico: non dovresti avere questo pensiero! Però mi rode: a volte lavoro accanto a gente che se la tira!». Pensiero cattivo: si riferisce a qualcuno di X-Factor? «No, loro non c’entrano». Ha detto: mi piace che la tv faccia cultura. A lei sembra di riuscire, ora che in tv? 
«A X-Factor 10 ho fatto delle scelte relative all’anima dei ragazzi. E ha dato dei frutti. Soprattutto Loomy (uno dei “suoi” concorrenti in gara, ndr): non mi ha dato nessuna prova che fosse bravo, ma qualcosa della sua anima arrivava alla mia, e l’ho preso contro tutti. Questa edizione per me deve essere la prova che l’anima, l’essenza delle persone, vale più di qualsiasi nota perfetta». Qualcuno degli altri giudici è su questa stessa lunghezza d’onda? «Non gliel’ho chiesto. Non lo so». Non è facile far venir fuori l’anima in tv. «Questo anche perché la gente è spesso puritana. Vedono che bevi un bicchiere di vino? Oddio che vergogna. T’incazzi? Che vergogna. È come se ci volessero tutti manichini. Ma allora non vogliono me, ma ciò che vogliono io sia. Io, fino a quando ci sto, sono io. Perché poi è brutto non perdonarsi: invece, finché sei te stesso, ti perdoni». L’anima di chi l’ha colpita? «Loredana Berté. Patty Pravo. Vasco. E Max Pezzali: ero sua fan, quando l’ho incontrato, ho visto una gran persona. Sono tutti bravi a stare nella loro condizione di esseri umani. Poi Michael Jackson, il più grande: è stata la mia guida per tanto tempo. Con le sue canzoni e il suo modo di essere. Io non ho mai creduto che fosse pedofilo. A 11 anni capivo che stava bene coi bambini perché non li temeva. Gli altri sì». Avrebbe fatto un talent come X-Factor? «Anni fa, sì. Ho fatto le selezioni per Amici, con mia madre partivamo alle 5 per andare a Roma. Avevo i codini... Poi non è andata». Ma è arrivato Sanremo. «Io credo che sia tutto scritto, nella vita. Infatti non mi agito mai: anche quando non trovo un fidanzato. Se è destino... Mia madre, in questo momento, ha un problema di salute. L’ha scoperto spostando un lenzuolo. Si è rotta un braccio, e all’ospedale hanno trovato questa cosa...». Se è tutto destino non controlliamo nulla. «Controlliamo invece. Le energie che diffondiamo possono alleggerire i dolori. E io credo che siano scritte solo le cose belle». C’è qualcosa che vorrebbe determinare? «Vorrei una vita serena, fatta di casa, di tarte tatin... E farei un musical: Victor Victoria». Co-protagonista? «Alain Delon, quello di adesso, ottantenne (che peraltro sa se accetterebbe visto che tre anni fa si era dichiarato contro l’omosessualità in quanto “contronatura”, ndr). Oppure Stromae. E vorrei scrivere un altro libro: sullo stare da soli e sui pensieri che ti vengono quando ti senti così».