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 2016  dicembre 06 Martedì calendario

LA SVOLTA (DI CRESCITA) CHE SERVE AL PAESE

Questo Paese non ha bisogno di un nuovo governicchio stile esecutivo Fanfani 1987 o di riedizioni di governi tecnici logorate dai tempi che viviamo, segnati da una nuova rivoluzione francese, globale e diffusa, dove è ormai quotidiano lo scontro tra i “sans-culottes” e le élite che cambiano di nazione in nazione, di città in città, di contrada in contrada. Questo Paese ha bisogno di risposte concrete a problemi reali, l’indebolimento del ceto medio, i troppi che restano indietro senza lavoro e senza speranza, un dualismo che si allarga e segna solchi, civili prima ancora che economici, tra le due Italie, povertà e diseguaglianze diffuse. Ha bisogno di uno spirito di coesione come quello dimostrato, nei mesi scorsi, dal sindacato e dalle forze imprenditoriali rimettendo al centro della politica economica produttività, competitività, potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori, scuola, ricerca, innovazione, semplificazione, investimenti. La dignità del discorso d’addio di Renzi che ricorda quello della prima sconfitta con Bersani fa da contrappasso a una linea di azione del suo governo che ha fatto cose buone (mercato del lavoro, parziale abolizione Irap, banche popolari, industria 4.0, passi avanti nella PA) ma non ha mai bandito una corrente alternata di comportamenti, nella forma e nella sostanza, nei rapporti con l’Europa e nella scelta tra interventi strutturali (che ci sono stati) e una filiera infinita di bonus e mance varie dove si è pensato sempre di accarezzare l’elettore (peraltro non abbocca più) e si sono bruciate, con miopia, risorse pubbliche rilevanti impegnando, quasi a vuoto, pezzi di futuro.

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Al Paese serve un governo politico con competenze tecniche che si misuri con i problemi veri e, attraverso questa strada, rassicuri i mercati non per il breve ma per il lungo termine. L’ombrello dell’euro e del Quantitative Easing di Draghi, molti fanno finta di non capirlo, si fa carico delle turbolenze politiche nazionali anche se ovviamente il peso che un Paese come il nostro paga, soprattutto alla voce banche, in questo caso Mps ma non solo, è destinato a salire e lo abbiamo già pagato prima del referendum con alcune decine di punti in più di spread e una volatilità persistente legata alle ondate di speculazione dei cosiddetti “bravi ragazzi” degli hedge fund. Non ha più molto senso, per noi, continuare a invocare in modo sterile l’emergenza mercati (il che non vuol dire che il tema non esiste anche se in modo molto differente dal 2011) quanto piuttosto ha senso esigere che si prendano quelle decisioni necessarie per accelerare l’inversione di rotta e consolidare l’attrazione di capitali esteri. La Spagna, che si è fatta meno problemi di noi a chiedere aiuto all’Europa, cresce ora del 3%, non ha risolto i suoi problemi, ma comincia a dare ai cittadini spagnoli il senso concreto di una possibile via di uscita dalla più lunga crisi globale mai conosciuta. Abbiamo da mettere subito in sicurezza la legge di stabilità (questo va fatto in ogni caso). Abbiamo scadenze europee importanti da onorare e la presidenza del G7. Il Capo dello Stato userà la sua saggezza e la sua moral suasion per verificare se in Parlamento ci sono le disponibilità non solo per votare la indispensabile nuova legge elettorale, ma anche (anzi, soprattutto) per dare risposte concrete ai problemi reali.

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Il governo Ciampi, dopo il rischio bancarotta del ’92 e la manovra lacrime e sangue di Amato, fu in realtà un governo “politico” e chi lo guidava era un civil servant cresciuto nelle passioni mazziniana e azionista, ma conosceva come pochi le regole dell’economia e dei mercati. Quel governo ci regalò l’accordo sulla politica dei redditi e l’uscita dal circolo vizioso dell’inflazione che tanto hanno giovato alla ripartenza dell’Italia. Oggi abbiamo un disperato bisogno di crescere per ridurre le povertà e attenuare le diseguaglianze e bisogna capire se ci sono le condizioni politiche per farsene carico seriamente o è meglio ridare la parola agli elettori. Questo è il dilemma da sciogliere oggi con intelligenza e rapidità. Quello che serve al Paese è chiaro a tutti e bisogna valutare pragmaticamente quale sia la strada migliore da percorrere per raggiungere il risultato e non sue imitazioni.