Anna Dazzan, Il Fatto Quotidiano 6/12/2016, 6 dicembre 2016
IL MIO DOPPIO SESSO SOTTO ESAME
Ora si chiama Gianmarco Negri e fa l’avvocato a Milano. “Non dimenticherò mai – racconta – il giorno in cui mi sono presentato all’appello dell’esame di Diritto civile e il professore si è rifiutato di interrogarmi perché non trovava corrispondenza tra il mio aspetto e il nome sul libretto, Maria. Mi disse di aspettare in un angolo dell’aula, dove rimasi tutto il giorno per poi sostenere l’esame stremato e a disagio con un altro professore. Presi 27 – ricorda – ma sapevo di essere molto più preparato. Sì quel giorno ho pensato di lasciare l’università”. È uno dei tanti l’avvocato Negri, nato femmina. Altri gli studi li hanno abbandonati perché nel tempo necessario per il cambio di sesso, quando l’aspetto è quello nuovo ma i documenti sono ancora quelli vecchi, non sono riusciti a sopportare il disagio.
“Mi accusavano di fare gli esami al posto di mia sorella”, ricorda un’altra ex studente. Negri ha raccontato la sua storia a margine dell’incontro di presentazione del doppio libretto all’università di Udine, dove ci sono voluti due anni ma alla fine la delibera il 22 novembre ha ottenuto l’unanimità del Senato accademico.
In Italia sono quasi una ventina gli atenei che hanno adottato la pratica della carriera alias, il doppio libretto con un nome diverso da quello anagrafico per gli studenti nella fase di transizione per cambio di sesso. Un piccolo atto burocratico ma una grande conquista civile che s’inserisce in un contesto in cui il percorso delle persone in transito va maggiormente tutelato. “Quello universitario è un periodo di formazione delicato – ci spiega Ottavia Voza, presidente Arcigay Salerno, che della carriera alias ha fatta una vera e propria missione – perché ricalca un momento di integrazione di giovani spesso fragili”. Nella delibera 408/2014 dell’Università di Ferrara, ad esempio, si legge chiaramente che “nel caso di frequenza all’Università, il problema che va affrontato è il disagio che lo studente/studentessa in via di transizione di genere deve affrontare per l’evidente contrasto tra il suo aspetto esteriore ed il nome che emerge a ogni esame/appello e in ogni occasione di confronto pubblico nel percorso universitario intrapreso (…) e che l’imbarazzo che ne deriva può provocare l’abbandono degli studi da parte di chi li abbia già iniziati o la rinuncia all’iscrizione da parte di chi si trovi in questa situazione”.
A Udine ci hanno messo due anni non per inefficienza istituzionale ma per mettere a punto uno strumento che fosse realmente efficace. “Abbiamo provato a richiedere l’autorizzazione all’emissione di un unico libretto ufficiale – racconta Fabiana Fusco, delegata alla Didattica dal rettore – ma non era una strada legalmente percorribile. Siamo comunque orgogliosi ed emozionati per questo traguardo civile anche perché, per ottenere il libretto, è necessaria solo un’autocertificazione da parte dello studente senza altri documenti”.
Benché la legge 164/82 sul cambiamento di sesso in Italia dichiari il diritto inviolabile all’identità di genere, il riconoscimento e la tutela delle persone transessuali e transgender passano per un percorso tortuoso che può durare diversi anni e significare infinite visite, perizie e documentazioni. All’università diventa un po’ più facile.