Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 6/12/2016, 6 dicembre 2016
FURBI, LORO
Diversamente dall’establishment politico, economico, giornalistico e intellettuale americano e inglese, che non aveva capito nulla degli tsunami Trump e Brexit, possiamo serenamente affermare, con orgoglio di connazionali e di colleghi, che quello italiano aveva astutamente intuito la valanga di No che domenica ha sepolto Renzi, Napolitano, Boschi e tutto il cucuzzaro. Breve antologia.
Minoranza silenziosa. “Gli elettori silenziosi che sfuggono a tutti i sondaggi”, “Molti degli indecisi nel segreto dell’urna preferiscono le nuove regole. Soprattutto nel centrodestra non seguono le indicazioni di partito” (La Stampa, 24.11). In effetti quegli elettori del Sì sono rimasti molto silenziosi, forse troppo. Soprattutto nelle urne.
Matteo in arte Donald. “Da noi la situazione è più complessa (che negli Usa, ndr). Non c’è un fronte della rottura e un fronte dell’establishment…. Il nuovo contro il vecchio non c’è. La rottura di Renzi è sempre la vera novità della politica italiana… Renzi non si trumpizza adesso. Tutti sanno che nasce come rottamatore. Continua a fare quello che ha sempre fatto, spinge per un’azione di cambiamento e rottura” (Giuliano da Empoli, Repubblica, 11.11). Infatti ha rotto.
Un taglio netto. “Alle elezioni Matteo taglierà Bersani e i suoi. È quel che aspettiamo da 7 Leopolde” (Gianni Guelfi, cda Rai, Repubblica, 7.11).
Trump chi? “Trump ha rappresentato il cambiamento rispetto ai Clinton. Ma il referendum è altra storia. Tra 15 giorni sarà tutto passato. E i sondaggi sbagliano” (Matteo Renzi, La Stampa, 10.11).
Consigli da esperto. “Caro Cav., stavolta ha torto, non si può dire di no a una legge che non è perfetta, ovvio, ma che sterilizzerà il potere dei giudici, metterà in un cassetto i veti delle minoranze, rafforzerà i poteri del premier, darà più stabilità ai governi, metterà gli elettori nelle condizioni di scegliere da chi farsi governare, contribuirà a ricreare le basi, come si dice, per un bipolarismo maturo e renderà impossibile la formazione di esecutivi fragili come quelli avuti nel 1996, ai tempi del suo governo. Ci ripensi, caro Cav., si guardi attorno, si chieda che ci fa lì con Moni Ovadia e Marco Travaglio, si domandi se non vale la pena sbarazzarsi una volta per tutte dell’Italia dello sfascio e alla fine siamo certi che ci ripenserà. Il nostro è un appello. Chi lo condivide ci scriva qui: forzareferendum@ilfoglio.it” (Claudio Cerasa, Il Foglio, 4.5).
Aceto balsamico. “Il referendum è una questione culturale prima che politica. Se vince il No, mi viene voglia di mollare tutto e andare all’estero… Chiudo e riapro a New York” (Massimo Bottura, cuoco, Corriere della Sera, 20.11). Dove, tra l’altro, c’è il bicameralismo perfetto.
Smemoranda. “Io credo che gli elettori di destra che ricordano il Berlusconi del ‘95 non potranno che votare Sì a questa riforma” (Renzi, Il Foglio, 2.12). Non ricordavano.
La legione straniera. “Italiani all’estero, conta decisiva per la vittoria. Ci sarebbe un boom di affluenza” (Il Messaggero, 1.12). “Boom di voti esteri. L’affluenza oltre confine ha superato il 40%. Secondo le prime stime del governo 1 milione e 600 mila voti in arrivo” (Repubblica, 2.12). Naturalmente all’estero ha votato il solito 1,2 milioni su 4, cioè meno del 30%. Ma al cuore non si comanda. E poi tutti a denunciare la “post-verità” di Trump e del blog di Grillo.
In Belgio si vince. “La Carta appassiona, il Belgio sceglierà il Sì” (Christophe Berti di Le Soir, intervista a Repubblica, 1.12). Peccato che si votasse in Italia, se no era fatta.
La dimenticanza. “Se i migranti potessero votare, sceglierebbero sicuramente il Sì” (Sergio Valzania, Il Dubbio, 1.12). Ecco perché Renzi ha perso: s’è scordato le urne sui barconi.
La Millemiglia. “Nel quartier generale del Sì: ‘Vinciamo all’ultimo miglio’. E Boschi dà la carica: in questi tre giorni ce la facciamo” (La Stampa, 1.12). Una prece.
Il trascinatore di masse. “Adesso tutti a chiedersi quanto sposterà nelle urne il Sì di Romano Prodi” (Marcello Sorgi, La Stampa, 1.12). “Questa discesa in campo di Prodi ha sicuramente mosso le acque ed ha convinto un numero rilevante di cittadini a votare Sì” (Eugenio Scalfari, Repubblica, 4.12). Figuriamoci se non c’era manco Prodi.
La scossa. “Il Sì di Prodi scuote il voto” (Repubblica, 1.12). Era solo il rigor mortis.
Sua Larghezza. “Il premier lancia la volata: ‘Vedrete che vinciamo largo. Il clima nel Paese sta cambiando’. Una sensazione a pelle o invece suggerita dalla lettura di istituti che convergerebbero nel segnalare un ‘risveglio’ del Sì?” (La Stampa, 28.11). “Sei più bello di Obama”, “No, sono ingrassato, non si abbottona la giacca” (Barbara d’Urso e Matteo Renzi, Pomeriggio5, Canale5, 27.11). Ecco che voleva dire: vinciamo grasso.
È fatta. “Sono gasatissimo, la rimonta è a un passo… Possiamo portare a casa una spettacolare rimonta” (Renzi, 2.12). Hai detto bene: a casa.
Mi voglio rovinare. “Personalmente non ritengo che voteranno in pochi, ma non credo neppure che saranno moltissimi” (Scalfari, Repubblica, 4.12). Facciamo un po’ sì un po’ no, buon peso.
Cattive compagnie. “L’esponente principale di chi vota No in piena coscienza è Zagrebelsky… Si muove in pessima compagnia” (Scalfari, Repubblica, 4.12). Appena 17 milioni di italiani.
Ottime compagnie. “Decidete con il portafogli: per il bene dell’Italia dico Sì” (Gianluca Vacchi, Libero, 27.11). Altro che accozzaglia.
Arriva l’Apocalisse. “Effetto referendum su spread e mercati. Tremano le banche” (La Stampa, 29.11). E tramano i giornaloni.
Terrore, ultima speme. “Ci si gioca tutto nelle ultime 72 ore, ma vedo che a crescere adesso è la preoccupazione per ciò che potrebbe accadere con un No vincente. Cioè si è diffusa un po’ di paura. La gente non vuole ripetere l’esperienza del 2011. Il timore di essere commissariati sarà decisivo” (Riccardo Nencini, segretario Psi e viceministro Infrastrutture, Corriere della Sera, 29.11). Cazzo, non li abbiamo terrorizzati abbastanza.
Meglio soli… “Mi turo il naso e voto Sì perché voglio evitare che vinca solo Renzi” (Antonio Pennacchi, Repubblica, 26.11). Penna’, tranquillo: così avete perso in due.
Bastone e matita. “Voglio che sia chiaro, chi vuole bloccare la casta domenica ha in mano una matita” (Renzi, l’Unità, 1.12). Solo che poi, purtroppo, l’hanno usata per un altro scopo.
Il titolista unico. “Lite Renzi-Grillo” (Repubblica, 2.12), “Renzi-Grillo, sfida dalle piazze” (Il Messaggero, 2.12), “L’ultimo duello Renzi-Grillo” (La Stampa, 2-12). Dunque era un ballottaggio tra Renzi e Grillo?
Il bacio della morte/1. “Fassino: un Sì per fermare il populismo” (l’Unità, 23.11). Mo’ me lo segno.
Il bacio della morte/2. “Il Sì può vincere solo se si affermi la ragionevolezza degli italiani… Gli irragionevoli della ormai celebre accozzaglia sono quelli delle scie chimiche, della ruspa, gli entusiasti del way of life nordcoreano associati con le sinistre stanche e rancorose… La ragionevolezza è un sorriso. Uomo solo al comando? Sorriso. Costituzione più bella del mondo? Sorriso. Deriva autoritaria? Sorriso. Riforma scritta male? Sorriso” (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 2.12). Giuliano Ferrara? Uahahahahah.
Il bacio della morte/3. “Votiamo per l’Italia e per l’Europa. E Prodi spiega il suo Sì”, “Ora aspettiamo i risultati. Una nuova fase si apre. Speriamo che sia una fase di riforme positive e speriamo che l’Italia si dia carico di se stessa e anche dell’Europa… Gli altri usano scialuppe di salvataggio che spesso affondano nei mari tempestosi” (Scalfari, Repubblica, 4.12). Caro Eugenio, anche stavolta – con Ferrara e Fassino – sei stato decisivo. Grazie di cuore.