Marisa Poli, La Gazzetta dello Sport 6/12/2016, 6 dicembre 2016
GOGGIA: «MI SPEZZO MA NON MOLLO. VADO FORTE E SONO FELICE» – Quattro operazioni alle ginocchia in sei anni, la voglia di ricominciare ogni volta da capo e poi, finalmente, tutto va a posto
GOGGIA: «MI SPEZZO MA NON MOLLO. VADO FORTE E SONO FELICE» – Quattro operazioni alle ginocchia in sei anni, la voglia di ricominciare ogni volta da capo e poi, finalmente, tutto va a posto. Sofia Goggia è arrivata dove voleva già a sei anni, quando ha scelto tra sci e nuoto. Tre podi in cinque gare e in tre specialità diverse, il 3° posto in classifica generale dietro a Shiffrin e Gut. «Come il motto della Guardia di Finanza, a cui appartengo dal 2011: nemmeno spezzata mollo». Come ci è riuscita? «Ho dovuto aspettare un sacco, a momenti è stato un calvario. Sono sempre stata convinta che Homo faber est suae quisque fortunae. Prometto: sarà l’unica citazione latina (sorride, ndr). Si, siamo artefici del nostro destino, ma sulla mia pelle ho imparato che quello che mi è capitato doveva succedere. Non che me lo meritassi, ma quegli incidenti sono stati necessari per arrivare fin qui». In che cosa l’hanno migliorata? «Sono molto meno sbruffona, tra virgolette, ho dovuto fare il percorso all’inverso tante volte. Operazione, riprendere a camminare, reimparare a correre. Tutto ha aggiunto consapevolezza, è ciò per cui ho lavorato duro. Niente capita a caso». Tre podi in tre specialità come Compagnoni e Kostner. Se le ricorda in pista e che effetto fa? «Mi ricordo Isolde in pista con la mentoniera, sci larghi, spianata. Deborah un po’ meno. Questi tre podi mi hanno accostato a due personaggi che con umiltà guardo dal basso in alto, io sono nulla rispetto a loro. In alcune cose la mia carriera ricorda quella di Deborah, l’avevo incrociata ai Mondiali 2013, era stata molto carina». I suoi idoli da ragazzina? «A parte mio papà? Forse Deborah, alle elementari. Ma quando scii a quell’età sei più travolta da pulmini, allenamenti... Facevo anche nuoto, lo lasciai perché da grande volevo essere una sciatrice». A casa come l’hanno presa? «Mia mamma mi manda audio in cui piange, mio papà dopo Soelden mi ha detto: visto che vai forte in gigante, non puoi lasciare le altre discipline? Mi piace che non siano dell’ambiente. Le persone vicine mi aiutano a stare sul pezzo, ma da casa mai avuta pressione». Anche sua mamma si è arresa? «Si, ormai si è convinta che mi piace questa vita. Sognava una bambina con le treccine bionde e gli occhi azzurri, io mi tagliavo i capelli per giocare a calcetto nell’intervallo, a scuola. Mi ha preoccupato più quando alla vigilia di Soelden mi ha detto: scia centrale, bella fluida». Ha ringraziato il suo preparatore atletico dopo il gigante a Killington. Quanto conta? «Matteo Artina mi ha sgrezzato: nella mia vita non ho mai fatto altro che sci e mi mancavano schemi motori. Mi ha messo sul trampolino elastico a rimbalzare, mi ha fatto fare tante cose che non avevo mai fatto. È a casa mia, a Bergamo (nella palestra 035Gym), venti giorni dopo averlo conosciuto ho pensato: lavorerò con lui fino all’ultimo giorno di carriera. Mi ha reso più consapevole dei miei mezzi. Non dimentico Roberto Galli e Matteo Benedini della Fisiocenter di Mantova. Quando non camminavo, mi hanno rimesso in piedi». Riassunto della cartella clinica? «Quattro operazioni. Nel 2007 crociato e il menisco esterno del ginocchio destro nella seconda manche del gigante del Trofeo Topolino. Nel 2008 un flap meniscale interno dello stesso ginocchio. Nel 2012 rottura del crociato anteriore, menisco esterno e interno sempre del destro. Nel 2013 ginocchio sinistro: crociato anteriore, menisco esterno e interno, più una tirata pazzesca del collaterale. Era il 4 dicembre, tre anni prima del podio in superG». E’ vero che le ha dato un po’ fastidio l’anno scorso ricominciare solo dal gigante? «Avevo bisogno di essere imbrigliata, di arrivare alla velocità dopo un percorso. Da Ushuaia, l’estate scorsa, avevo detto che ci sarei stata di nuovo in velocità. Ho provato sensazioni che da un po’ non sentivo». Che rapporto ha con la velocità? Corre anche in auto? «Quelli che stanno in terza corsia a 110 all’ora non mi stanno tanto simpatici, ma cerco sempre di rispettare i limiti. Sulla strada non si scherza». Discesa, superG, gigante. Che cosa sceglie? «SuperG. Con gli sci mi sento a casa. Posso fare ottime curve in discesa e gigante, ma in superG è come se le capissi meglio». Sempre appassionata di fotografia? «Sì, ma sono in giro da un mese, cambio hotel ogni 5 giorni, scio in tre discipline. Ho così tanti bagagli che non sto nei massimali delle compagnie aeree. Ci manca la reflex con tutto l’armamentario. Mi sono ripromessa di comprare una fotocamera compatta. Non mi piace fare foto col telefono». Il telefonino lo usa per i social? «In questi giorni sono invasi di messaggi. Ho postato due foto dei podi, con un piccolo racconto, e ho raccolto un botto di like. Ma non sono così attaccata ai social. Più connessa sei con quelle cose, meno lo sei con la vita». Che cosa la fa arrabbiare? «Un po’ mi vergogno: mi dà fastidio quando suona il telefono di casa, non rispondo anche se è a un metro. Non mi piace chi spara cattiverie. E mi fanno felice le cose semplici». Va ancora a caccia? «No, perché sono sempre in giro. E a ottobre c’è da preparare Soelden». Come vive la gara? «Non sono ansiosa. In questi giorni non ero agitata. Ho una spensieratezza e una tranquillità che mi sono costruita». Questa erre tutta speciale da dove arriva? «Me l’ha data il Signore, sono l’unica in casa mia. E’ un marchio di fabbrica, non riesco ad arrotare la erre, niente da fare nemmeno dal logopedista». Che cosa le piacerebbe per questa stagione? «Lo sport mi ha insegnato a vivere alla giornata, unico obiettivo andare forte». E’ sempre sotto l’ala protettiva della Vonn? «E’ stata stracarina, mi ha scritto dopo Soelden e dopo la prima discesa. Un onore, è la più vincente della Coppa». Il complimento più bello? «Un messaggio mi ha commosso: una ragazza mi ha ringraziato perché le ho dato la forza di non mollare. Mi rendo conto che la mia storia possa ispirare. Prendetela con le pinze, non voglio fare il fenomeno, ma ho l’impressione che tanti abbiano visto in me qualcosa. Dà senso alla sofferenza provata». Domanda tecnica: è fidanzata? «(pausa) Non lo so. Ho una mezza relazione ancora non ben definita».