Marco Mensurati, la Repubblica 5/12/2016, 5 dicembre 2016
LA DOLCE EREDITA’ DI MASSA – Felipe Massa si siede al tavolino dello sponsor Martini, alza lo sguardo verso il giornalista, lo riconosce, fa la faccia storta e poi si mette a ridere
LA DOLCE EREDITA’ DI MASSA – Felipe Massa si siede al tavolino dello sponsor Martini, alza lo sguardo verso il giornalista, lo riconosce, fa la faccia storta e poi si mette a ridere. «Tranquillo, se dovessi dare dello stronzo a tutti quelli che hanno scritto male di me nel corso della mia carriera non finirei più di dire le parolacce». In effetti, negli ultimi due anni passati da Felipe in Ferrari, la stampa italiana - e non solo - ci era andata pesante. “Il punto fermo della Ferrari”, “il cameriere di Alonso”, “l’ex pilota”. Oggi che Felipe ex pilota lo è per davvero, si scopre che aveva ragione lui. Lui e quanti non si vergognano di non considerare perdenti quelli che non vincono. E lo si scopre nel modo più romantico, più poetico che esiste, guardando una fotografia: ci sono lui con sua moglie e suo figlio abbracciati, avvolti in un enorme bandiera del Brasile in mezzo al circuito di Interlagos, sotto un cielo livido e un diluvio da blade runner. «Il momento più bello della mia vita? Be’ forse sì. Mi sono emozionato, continuavo a piangere, mi ripetevo “chissenefrega guarda tutto, ricorda tutto, non preoccuparti d’altro”. Poi sono andato verso la pit lane e lì è successo un piccolo miracolo: tutti i meccanici, tutti, sono usciti dai loro box e sono venuti ad abbracciarmi a darmi il cinque. La gara era in corso, alcuni di loro si stavano giocando il mondiale, altri erano in ballo per punti di classifica che potevano valere milioni di euro, ma a nessuno importava nulla: volevano solo salutarmi, dirmi: ciao Felipe, grazie. E lo so che non ci crederete; ma per me quel momento è stato un trionfo». Poi, in conferenza stampa l’hanno messa vicino a Jenson Button, anche lui si è ritirato… E lei ha mostrato un po’ di rammarico: Jenson un mondiale l’ha vinto. «Ma ho come la sensazione che alla fine nella storia della F1 ci resterò io…». E come se la spiega questa sensazione? «Proprio con quella scena di prima. Si è mai visto un pilota che viene abbracciato, letteralmente abbracciato, dai meccanici di tutte le altre squadre?». No. «Non avrò vinto il mondiale, ma ho corso per 14 anni e alla fine ho conquistato il cuore di tutta questa gente». E come ha fatto? «Ho rispettato gli altri e loro mi hanno ripagato con il rispetto e l’affetto. Anche quelli con cui non ho mai lavorato. Bello no? Penso che non solo i sorpassi di Verstappen, ma anche quello che è successo a me siano un bello spot per una Formula 1 che sembra senza cuore». Senza cuore è un eufemismo. Il Circus è più arido della superficie di Marte. «Ecco, alla fine posso dire che questo è stato il mio trionfo: aver dimostrato che invece esiste anche un lato umano, che c’è gente che si emoziona, che vuole bene. Di aver dimostrato che la F1 è uno sport». Cosa non le mancherà? «Il giovedì. Il giovedì è un giorno stupido, in F1. Non si corre, si parla e basta. Con l’aggravante che non c’è nulla da dire. E poi non mi mancherà il lavoro al simulatore: l’ho fatto per tanti anni e, se devo dire, non mi ricordo di un solo risultato, un dato, un’idea utile ottenuta dal lavoro al simulatore ». Chi non le mancherà? «Non c’è nessuno che mi stia irrimediabilmente sul cazzo. Magari non sono amico di qualcuno… ». Ok. Alonso. «Non siamo andati d’accordo. Dovevo andare via dalla Ferrari due anni prima. Non ero più felice di andare a Maranello. Fernando aveva preso un potere assurdo. Ma io non avevo alternative». Che posto è la Ferrari? «Casa mia. Ci ho vissuto così tanto… Ho conosciuto tante Ferrari, quella di Schumacher e Ross Brawn, quella di Domenicali… Ho vissuto epoche d’oro ed epoche orribili. Però è stato bellissimo far parte di quella storia». Alla Williams Martini è rinato. «Un ambiente fantastico, andare lì è stata la scelta giusta, me ne sono accorto subito». Schumacher il giorno in cui smise di correre realizzò un desiderio: andare a nuotare con le balene. Lo aveva sempre sognato ma in tanti anni di trionfi e gloria non era mai riuscito a farlo. Lei? «Michael è sempre stato un tipo strano. Al tempo aveva un sacco di fisse, amava l’adrenalina: aveva anche preso tutti i brevetti per il lancio col paracadute. E continuava a lanciarsi… Io ero terrorizzato solo a sentirlo raccontare… Io sono più normale, a me piace correre in macchina, andrò a correre in qualche altra serie. Tutto qui». Non le fa paura il futuro? «Sicuramente più che andare in macchina… Però sono certo che qualcosa di interessante finirò sempre per trovarla. In fondo quando sono uscito dalla Ferrari ero terrorizzato, poi sono arrivato alla Williams e ho scoperto che c’era vita al di fuori di Maranello. Adesso esco dalla Formula 1 e sono certo che ci sia vita anche fuori di qui. E magari scopro che è anche meglio».