3 dicembre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PREZZO DEL PETROLIO RISALIRA’?
REPUBBLICA.IT
Non si è fatto attendere l’effetto Opec sulla rete carburanti italiana. La decisione del cartello di tagliare dal primo gennaio la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno rispetto ai valori di ottobre (portandola quindi a 32,5 milioni circa), si è riflessa immediatamente in una fiammata delle quotazioni di greggio e prodotti petroliferi e cascata in un aumento dei prezzi raccomandati delle compagnie. In particolare, a muoversi oggi sono state Eni e Totalerg, con correzioni al rialzo su benzina e diesel di 1 centesimo.
Sul territorio, i prezzi praticati restano tutto sommato ancora senza scossoni in attesa di recepire le mosse delle compagnie. Nel dettaglio, in base all’elaborazione di Quotidiano energia dei dati alle 8 di ieri comunicati dai gestori all’Osservaprezzi carburanti del Mise, il prezzo medio nazionale praticato in modalità self della verde è pari a 1,476 euro/litro, con i diversi marchi che vanno da 1,474 a 1,495 euro/litro (no-logo 1,457). Per il diesel si rileva invece un prezzo medio pari a 1,323 euro/litro, con le compagnie che passano da 1,322 a 1,350 euro/litro (no-logo a 1,304).
Quanto al servito, per la benzina il prezzo medio praticato è di 1,586 euro/litro, con gli impianti colorati che vanno da 1,544 a 1,661 euro/litro (no-logo a 1,484), mentre per il diesel la media è a 1,438 euro/litro, con le compagnie da 1,403 a 1,513 euro/litro (no-logo a 1,332). Il gpl, infine, va da 0,564 a 0,579 euro/litro (no-logo a 0,555).
REPUBBLICA.IT
MILANO - Il balzo del petrolio ha reso vivaci le Borse asiatiche, mentre i listini europei chiudono deboli dopo la crescita della vigilia. Milano riesce a spuntare un rialzo dello 0,99% con banche e comparto energetico, mentre Parigi arretra dello 0,39%, Francoforte dell’1% e Londra dello 0,45%. Chiusura contrastata per Wall Street, reduce da un novembre di corsa con l’effetto-Trump: il Dow Jones fa registrare un nuovo primato guadagnando lo 0,36% mentre in Nasdaq perde l’1,36% e l’indice S&P500 scivola dello 0,35%.
Il prezzo del greggio si mantiene in rialzo dopo l’intesa firmata dal cartello Opec: dopo 8 anni, i Paesi produttori capitanati dall’Arabia Saudita sono tornati ad accordarsi per tagliare la produzione giornaliera di 1,2 milioni di barili a quota 32,5 milioni. Ulteriori sforzi sono chiesti a Paesi esterni al cartello, ma vicini ad esso, come la Russia. Il petrolio di qualità Wti, riferimento per gli Usa, sale del 4% sopra 51 dollari. Variazione simile per il Brent, che si porta a 54 dollari al barile.
Ricca l’agenda macroeconomica di giornata, a partire dall’Italia dove l’Istat segnala il calo del tasso di disoccupazione all’11,6% a ottobre, cui si aggiunge la revisione al rialzo della crescita del Pil. Importanti poi i dati Pmi sul settore manifatturiero dalle principali economie: un indice sopra 50 punti indica la fase di espansione. In Germania, l’indicatore scende a novembre da 55 a 54,3 punti, mentre in Italia si rafforza da 50,9 a 52,2 punti: per le industria del Belpaese si tratta del maggior incremento di ordini e produzione degli ultimi cinque mesi. Positivo nel complesso l’andamento del manifatturiero dell’Eurozona, con il relativo Pmi in progresso a 53,7 punti, da 53,5. Negli Usa, infine, si segnala la crescita superiore alle attese dei sussidi per la disoccupazione a 268mila unità nell’ultima settimana censita.
L’euro resta in rialzo sopra 1,06 dollari, il biglietto verde frena dopo il rally di ieri e la sterlina avanza sopra 1,26 sul dollaro, dopo le dichiarazioni di David Davis, il ministro per la Brexit di Theresa May, che nel Parlamento britannico ha detto che Londra è pronta a pagare per "far avere il miglior accesso possibile suol mercato europeo ai beni e ai servizi britannici".
Petrolio superstar con l’accordo Opec. Milano tiene alle vendite in Europa
Il lento recupero del petrolio dopo il tracollo avviato nell’estate del 2014. Dove può arrivare il greggio dopo l’accordo Opec per il taglio alla produzione? Secondo gli analisti, non bisogna attendersi un gran rally. Secondo Morgan Stanley, la ripresa dei prezzi porterà ad attivare più trivelle nei campi shale negli Usa e quindi più investimenti asiatici nel Mar del Nord: la produzione tornerà abbondante e potrebbe sorprendere i mercati nella seconda parte del 2017. Secondo Goldman Sachs, nella prima parte del prossimo anno si arriverà a superare quota 60 dollari al barile, ma è poi possibile che scatti un elastico che riporterà il greggio in area 50 dollari a fine 2017.
Sono d’accordo dalla giapponese Mitsui & Co.: “Il petrolio può salire fino a 60 dollari, ma poi i produttori di shale verranno fuori e quindi probabilmente il prezzo scenderà di nuovo, dice il cfo della casa di trading asiatica a Bloomberg.
MILANOFINANZA
I membri dell’Opec hanno trovato l’accordo per ridurre la produzione giornaliera di 1,2 milioni di barili. L’accordo rappresenta il primo taglio alla produzione dal 2008 e, in maniera ancora più rilevante, mette fine alla strategia del Cartello che da due anni inonda il mercato per allontanare gli attori che hanno costi di produzione più alti. In maniera sorprendente, anche la Russia sembra intenzionata a tagliare la propria produzione e sono in corso discussioni con altri Paese esterni all’Opec.
Questa l’analisi di Roberto Cominotto, gestore del fondo Julius Baer multistock energy di Gam, secondo cui la previsione del prezzo del petrolio si attesta intorno ai 60 dollari al barile per il 2017. "Negli ultimi sei mesi le scorte di petrolio sono state stagnanti o sono diminuite, puntando ad un equilibrio tra domanda e offerta. Il previsto taglio della produzione si tradurrà in un deficit di offerta all’inizio dell’anno prossimo, che porterà ad una diminuzione delle scorte e ad un aumento dei prezzi", ha proseguito l’esperto.
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Tuttavia, ha continuato, "il nostro scenario di più lungo periodo non cambia". L’inedito taglio agli investimenti da parte dei produttori globali ha indebolito la capacità di offerta per molti anni, con l’impatto più significativo pronto a manifestarsi nel 2017. "Ci aspettiamo, quindi, un’offerta globale stagnante o in leggero calo nei prossimi 3-4 anni a fronte di una crescita nella domanda giornaliera al ritmo di 1/1,2 milioni di barili. Tutto ciò condurrà il mercato del petrolio ad una condizione di offerta stretta per i prossimi dieci anni o anche di più", ha puntualizzato il gestore di Gam.
Gli attori del mercato nutrono scetticismo sulla possibilità che la ripresa del prezzo possa andare avanti per i timori derivanti dall’immissione sul mercato dello shale americano quando il prezzo sarà vicino ai 50 dollari al barile. Questo punto di vista, per l’esperto, "sovrastima l’impatto della produzione di shale americano sul mercato globale. Rappresentando solo il 5% della produzione globale di petrolio, i produttori Usa avrebbero bisogno di aumentare la propria produzione ad un ritmo molto significativo per generare un impatto sul mercato globale. Crediamo ad uno scenario di questo tipo solo se il barile si attesterà sui 70 dollari per un lungo periodo".
I produttori convenzionali sono nel bel mezzo di un inedito ciclo di riduzione della capital expenditure, fattore che sta solo iniziando a produrre un effetto sui loro volumi di produzione e sul rimpiazzo delle riserve. I produttori di shale nord-americani, con la loro abilità nel reagire rapidamente ai cambiamenti sul fronte del prezzo delle materie prime, è probabile possano essere i primi beneficiari dall’uscita del settore da una delle sue crisi peggiori.
Inoltre, "i prezzi del gas naturale degli Usa potrebbero trattare ad un livello materialmente più alto nel corso dei prossimi due mesi dopo anni di attività di trivellazione estremamente bassa se l’inverno diventerà più freddo e l’offerta farà fatica a tenere il passo della domanda. Le compagnie di servizi legate allo shale e al gas trarranno vantaggio da un incremento dell’attività e da un miglioramento del prezzo del servizio, aspetto che ha iniziato a manifestarsi in questo trimestre", ha concluso.