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 2016  novembre 30 Mercoledì calendario

ZEPPELIN E NUVOLE


Prima di salire a bordo del dirigibile, il personale di terra dell’Hangar Zeppelin di Friedrichshafen, in Germania, ci intrattiene con consigli utili: allacciate le cinture di sicurezza in fase di decollo come sugli aerei, i giubbotti di salvataggio sono sopra i sedili, se la macchina fotografica vi cade dai finestrini aperti è persa per sempre. Poi si sofferma su un dilemma linguistico: qual è il verbo adatto a quello che stiamo per fare? Fliegen o fahren? Volare o navigare? La risposta giusta è la prima. Il dirigibile Zeppelin NT (di Nuova Tecnologia) su cui ci prepariamo a salire, erede degli storici esemplari rigidi inventati dal conte Ferdinand von Zeppelin all’inizio del XX secolo, è più pesante dell’aria, diversamente dai suoi predecessori. È il dazio pagato alle norme per i voli commerciali del XXI secolo, che impongono la massima manovrabilità. E quindi la poesia del fluttuare nell’aria è stata abbandonata: sono tre piccoli motori a far volare la pur leggera aeronave.
Un turista iraniano chiede se ci accomoderemo dentro il pallone, l’assistente gli indica invece la gondola, la cabina a 14 posti sottostante che ci accoglierà per il nostro volo da 45 minuti e 340 euro in direzione Meersburg. Sembra deluso, forse si aspettava la grandeur suggerita nello Zeppelin Museum, sempre a Friedrichshafen. Quella in cui le cabine erano adagiate all’interno del dirigibile. Quella che include macchine gigantesche, voli transoceanici e un’idea di futuro datata 1929, l’anno in cui il Graf Zeppelin LZ 127 compì il volo intorno al mondo finanziato da William Randolph Hearst. Da Friedrichshafen a New York e ritorno, poi Tokyo, San Francisco, Los Angeles. Ci si metteva due giorni e mezzo ad arrivare alla Statua della Libertà, a seconda dei venti. Tre o quattro per raggiungere Rio de Janeiro, quando venne inaugurata la tratta nel 1931. I sogni di modernità, di lusso avventuroso ed esotico, di jazz e caviale, di tecnologia e progresso rimangono oggi nel museo cittadino, in particolare nella ricostruzione di una sezione dell’Hindenburg LZ 129, il più grande dirigibile rigido mai prodotto: 245 metri di lunghezza, 120 chilometri all’ora, 50 posti letto, 60 per l’equipaggio, un pianoforte a coda, una sala fumatori. Nonostante l’alta infiammabilità dei 200mila metri cubi di idrogeno più leggero dell’aria.
L’Hindenburg bruciò in 32 secondi durante l’atterraggio a Lakehurst, New Jersey, il 6 maggio 1937. Dopo 15 mesi di servizio e 63 viaggi intercontinentali. Morirono 35 delle 97 persone a bordo. I giornali titolarono: Death of a giant. Per il suo gemello, il nuovo LZ 130, Hugo Eckener – successore del conte Zeppelin alla guida dell’azienda fin dalla sua morte nel 1917, nonché comandante del primo volo intercontinentale del 1928 e del mitico LZ 127 – provò invano a negoziare una fornitura di elio dagli Stati Uniti, unici produttori all’epoca: i venti di guerra avevano già cominciato a soffiare. Hermann Göring, ministro dell’aviazione, mise al bando il mezzo e l’LZ 130, dopo qualche volo per il Terzo Reich, venne smantellato. Non ci furono dirigibili tedeschi da battaglia come nella Prima guerra mondiale. Addio anche alle insegne naziste che ne decorarono gli ultimi, conseguenza di un contributo versato dalla propaganda di Goebbels all’azienda.
L’incidente di Lakehurst è nel pilot della serie tv sui viaggi nel tempo Timeless, in onda negli Usa su Nbc. Il cattivo di turno ruba la macchina del tempo per tornare indietro a un momento preciso: il 6 maggio 1937. Lo stesso che i Led Zeppelin, in un omaggio a tutto tondo, scelgono per la copertina dell’album d’esordio.
I dirigibili, in fondo, sono il simbolo di una realtà che avrebbe potuto essere, ma non è stata. Sono immagini di un futuro passato, o di un presente alternativo, come insegnano i riferimenti steampunk. Nei locali sotto allo Zeppelin Museum – che attira 240mila visitatori l’anno (la milanese Brera ne fa 285mila) – Barbara Weibel ci mostra l’archivio: disegni tecnici, libri contabili, lettere, ma anche film, opere d’arte e giocattoli a tema dirigibile, reclame. Una, di una panetteria, con il pane in primo piano e lo Zeppelin sullo sfondo, proclama: «Siamo moderni». Come ci anticipa Friederica Inling, una delle ricercatrici del museo, una mostra nell’estate del 2017 raggrupperà qui cimeli, libri, giochi che testimoniano la fascinazione esercitata dagli Zeppelin sulla cultura popolare.
Fuori, la riva tedesca del Lago di Costanza, o Bodensee per non turisti, è accarezzata da un timido sole. A Friedrichshafen si sta bene. «La disoccupazione è al 3 per cento», racconta Marisa Stöcklin, genitori immigrati italiani, marito tedesco, guida locale. La città deve le sue fortune a Ferdinand von Zeppelin. E a una colletta.
Militare di carriera, il conte inizia a interessarsi di dirigibili a 52 anni, nel 1890, dopo averne visti alcuni in America. Li progetta rigidi (quello con cui Nobile va al Polo Nord è semirigido), con struttura in duralluminio che sostiene le celle in budello di bovino dell’elio e un rivestimento in cotone, lino e polvere di alluminio. Li tiene in un hangar galleggiante, che si sposta a seconda del vento durante i decolli. Nel 1908 schianta il suo ultimo prototipo e finisce i soldi, il sogno di Icaro sembra finito. Così la gente raccoglie 6 milioni di marchi (nel 1928 un volo per New York ne costava 1.000, mentre un operaio ne portava a casa 40-50 al mese). E lui fonda la Luftschiffbau Zeppelin e la Zeppelin Stiftung, una fondazione amministrata dalla città che controlla l’azienda e ridistribuisce gli utili. Grazie a lui e ai suoi dirigibili qui fiorisce l’industria: la ZF, leader nei cambi automobilistici (di proprietà al 93,8 per cento della fondazione) fattura oggi 29 miliardi di euro di. La Delag (con sede a Francoforte) fu creata per vendere i voli, prima compagnia aerea al mondo: nel 1910 cominciò a portare i tedeschi da una città all’altra. La Dornier, costruttrice di idrovolanti e aerei (nel locale Dornier Museum si può anche osservare un Do 31, unico modello a decollo verticale mai progettato) e pezzi della Stazione spaziale internazionale, è andata a confluire nella Airbus Defence and Space. I motori della Maybach-Motorenbau – legata a Wilhelm Maybach, già collaboratore del padre dell’auto Gottlieb Daimler – sono oggi della stessa Daimler. La città venne quasi completamente distrutta dai bombardamenti alleati: qui si costruivano pezzi dei missili V2.
La Luftschiffbau Zeppelin, controllata dalla fondazione, possiede il gruppo Zeppelin, che oggi fattura 2,3 miliardi di euro e si occupa di varie cose: macchine movimento terra, motori industriali, silos. I dirigibili si erano estinti. Eppure, nel 1993, in famiglia nasce la Zeppelin Luftschifftechnik, con un unico scopo: riportarli a volare. Ci riesce, viene tenuta a battesimo la serie NT e attraverso la sussidiaria Deutsche Zeppelin Reederei nel 2001 comincia a vendere voli commerciali sopra al Bodensee, unica al mondo. Da marzo a novembre trasporta 20mila passeggeri. «Una volta all’anno andiamo a Zurigo e a Monaco. Magari in futuro riusciremo a proporre un tour sopra varie città europee», racconta Michael Schieschke, chief operating officer e vice president della società. I due dirigibili in servizio hanno anche cercato diamanti per De Beers in Africa, nonché lavorato per alcune missioni scientifiche. L’ultima, quest’estate: la Expedition Uhrwerk Ozean, sul Baltico, a indagare le trombe d’acqua, ha scelto di usare lo Zeppelin perché capace di tenere a fuoco telecamere e strumenti di precisione.
Turismo, ricerca, pubblicità, monitoraggio sono il motore dei nuovi dirigibili. Far volare il proprio marchio costa 40mila euro a stagione. E poi ci sono gli esemplari che ha comprato Goodyear: due già consegnati, l’ultimo arriverà nel 2018: «Spediamo i pezzi che poi vengono assemblati ad Akron, Ohio. È curioso: Zeppelin collaborò già con Goodyear negli anni Venti per costruire blimps», quei dirigibili non rigidi diventati iconici per il gigante della gomma. «Tre, quattro volte all’anno viene qualcuno a chiedermi di ricostruire l’Hindenburg, ma non abbiamo spazio. Per far atterrare i nostri, che sono lunghi 75 metri, abbiamo bisogno di un’area dal raggio di 300 metri». Il prototipo Airlander 10, a metà tra un aereo e un dirigibile, già battezzato come il velivolo più grande del mondo, prodotto in Inghilterra dalla Hybrid Air Vehicles, è lungo 92 metri. Ma è ancora lontano dall’essere operativo.
A bordo, il decollo è molto più dolce di quello di un aereo, più silenzioso di un elicottero, più comodo di una mongolfiera (c’è anche la toilette). Voliamo a 300 metri da terra, velocità di crociera: sui 60 km/h. L’ombra del dirigibile corre silenziosa sulle barche ormeggiate e sui vigneti di Meersburg, in lontananza si intravede la statua della prostituta che campeggia sul porto di Costanza. Tiene in mano un re e un papa nudi, un riferimento ironico al famoso Concilio del 1414-1418 che condannò al rogo Jan Hus. Facciamo un’ampia virata. Mainau, l’isola dei fiori, rimane indietro. Per chi è abbastanza allenato da percorrere in bici i 270 chilometri della Bodensee Radweg, le distese di tulipani in aprile sono una sosta obbligata. La Svizzera è sempre verde, anche dall’alto. Bregenz, sul lato austriaco del lago, famosa per il festival estivo biennale di musica con tanto di opera lirica sul palco galleggiante (nel 2017 tocca alla Carmen), non si vede. A terra, con il vino frizzante offerto ai fortunati ospiti, ritorna alla mente la voce del conte, che con i suoi baffoni bofonchia: «È il modo più bello per volare».