29 novembre 2016
CUBA, TRUMP MINACCIA DI BLOCCARE IL DISGELO
Cuba, la Cuba rivoluzionaria, malandrina, nella lista dei potenziali terroristi archiviata con lo storico viaggio di Barack Obama della scorsa primavera all’Avana, torna a dominare il panorama mediatico americano. E ieri la coincidenza quasi simultanea di tre eventi altamente simbolici ha generato una sorta di “perfect storm” dalla quale non è chiaro come si uscirà: mentre i cubani cominciavano a rendere omaggio alle ceneri di Fidel Castro, esposte in piazza della Rivoluzione, atterrava il primo volo commerciale di linea dell’American Airlines all’Avana, il primo di ben 100 voli giornalieri quando nel giro di un paio di mesi e dunque prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca si sarà a pieno regime.
A fronte di questa coincidenza che sembrava offrire la via d’uscita naturale per voltare del tutto pagina nella storia fra i due paesi, il presidente eletto Donald Trump ha rispolverato il volto aggressivo della campagna elettorale e ha detto che se il governo di Raul Castro non introdurrà libertà religiose e politiche straccerà l’accordo siglato da Obama.
Avendo visto in azione la grinta di Raul Castro durante la visita di Obama, Donald Trump non sa che nel Castro sopravvissuto trova pane per i suoi denti. Gli artigli del vecchio rivoluzionario sono taglienti e non c’è dubbio che se Trump parte con il linguaggio duro, rovina in partenza qualunque possibilità di fare i necessari progressi importanti sul fronte delle libertà civili, ma anche su quello delle libertà economiche a Cuba: Castro ci metterebbe un attimo a chiudere di nuovo le frontiere e i danni sarebbero prima di tutto per la popolazione cubana che comincia a simpatizzare con l’America per il nuovo benessere, ma anche per le aziende americane, a partire dalle linee aeree ma anche per compagnie di comunicazione e di costruzione che hanno già investito somme ingenti nel nuovo futuro cubano.
L’atmosfera malinconica di questi giorni, la chiusura simbolica di un’epoca con il primo viaggio nel giorno in cui i cubani piangono Fidel in piazza poteva essere il canale su cui costruire i prossimi passi diplomatici. Basta aspettar