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 2016  novembre 25 Venerdì calendario

IL FRATELLO DI KEAN: «SA SOFFRIRE E LOTTARE»

Gli occhi del mondo erano sgranati, i suoi semplicemente riempiti di pianto. La storia si è compiuta sabato a Torino e poi martedì a Siviglia: Moise Kean, pepita d’oro del vivaio Juve, è diventato il primo 2000 a esordire in A e in Champions. Durante il debutto allo Stadium, le lacrime del fratellone hanno commosso e incuriosito: Giovanni Kean ha sette anni in più di Moise e meno talento (gioca in D). Il resto, invece, è amore. Amore, orgoglio e tanti ricordi.

Allora Giovanni, ha smesso di piangere?

«Per adesso sì, ricomincio dopo il primo gol. Anzi, quel giorno entro direttamente in campo. Contro il Pescara è stata un’emozione incredibile: il sogno di ogni bimbo è toccato al mio fratellino. Ma sono state lacrime di liberazione dopo tutto ciò che abbiamo passato».

Le va di parlarne?

«Moise ha visto cose che un bambino non dovrebbe mai vedere. Non è stata un’infanzia facile: nostro padre ci ha lasciato e si è fatto un’altra famiglia. Per anni è stato assente, una chiamata ogni quattro mesi, niente affetto quando serviva: non si fa così, ci si può separare, ma i figli restano e non sono giocattoli. Mia madre fa l’infermiera, ha fatto salti mortali per non farci mancare nulla. Nei pomeriggi da solo Moise ha sofferto, ma il calcio l’ha aiutato. Ciccio Grabbi, ex bomber Juve e tecnico delle giovanili, è il suo padrino di battesimo: lo portava in vacanza con la famiglia per farlo evadere un po’».

Quali sono i rapporti con vostro padre adesso?

«Non metto in dubbio il fatto che ci voglia bene, ma è troppo facile voler riallacciare un rapporto ora solo perché suo figlio sta diventando un giocatore importante. E, magari, guadagnerà tanti soldi».

Con vostra madre, invece, il legame è saldissimo.

«Segue Moise ovunque, è severissima, le interessa l’educazione. Che suo figlio abbia rispetto di tutti, dai magazzinieri fino all’allenatore. Questi insegnamenti, uniti alle difficoltà dell’infanzia, lo hanno fatto crescere: è un bimbo, ma dentro ha molto più di 16 anni».

Come è nella vita privata?

«Allegro, solare e sin da piccolo con una fissa: metteva delle videocassette e iniziava a ballare. Gli piace l’hip hop e il rap. Quando torna qua ad Asti, va con gli amici in piazza e via con la musica. Da piccolo amava le capriole di Martins all’Inter. Poi nostro zio, milanista sfegatato, gli ha trasmesso un po’ di tifo rossonero. Ovvio che ora ci sia solo la Juve».

Un ricordo del piccolo Moise?

«Lo portavo con me all’oratorio. Era un nanetto, si allenava da solo: destro e sinistro contro un muro. A volte cedevo e lo facevo giocare con noi: sembrava una piccola furia, voleva sempre la palla. Ecco il punto, lui vuole la palla. Ne ha un bisogno fisico ancora adesso. Due settimane fa era già conosciuto, è tornato a casa ed è andato da solo nello stesso oratorio: davanti al vecchio muro, destro e sinistro come sempre».

Ce lo descriva in campo.

«Un misto interessante. Un po’ pantera alla Henry. Poi grinta che ricorda Tevez: è proprio la voglia feroce di possedere la palla. Se ce l’ha un altro, lui lo rincorre ovunque per strappargliela. Sotto porta, invece, è freddo come Mario».

Ecco, Balotelli: in tanti vedono analogie e temono che si perda per strada?

«La storia è piena di talenti a 16 anni spariti a 18. Ecco perché Moise sa bene che non ha fatto ancora niente. Deve lavorare con la solità intensità, serietà e umiltà. Comportandosi bene, spero che aiuti ad allontanare razzismo e paure. Che convinca la gente a tifare per lui, italiano al 200%. Balotelli è il suo idolo, ma vi assicuro che in campo sono diversi: Moise si sacrifica, è generoso perché gliel’ha insegnato la Juve. L’hanno fatto diventare una bestia e forgiato nella mente: è nel club giusto per esplodere».

Ma è d’accordo anche il suo procuratore?

«Certo. I tifosi della Juve stiano tranquilli: Raiola non vuole portarlo via. Anzi, se avesse voluto, l’avrebbe già fatto. Magari all’inizio la Juve non aveva capito quanto fosse forte e lui sì. Poi ha solo preteso un accordo equo. È stato trovato, a breve arriverà la firma sul contratto».

E quando tornano Dybala e Pjaca che succede?

«Moise ha sfruttato la loro assenza, ma non so se rimarrà ancora in prima squadra: dipende dal suo impegno. Ma non guardate l’età: sin dai tempi dell’oratorio, è abituato a giocare con i più grandi. Anzi, ha bisogno di alzare l’asticella, di essere messo sotto esame con i più forti. Magari tornerà in Primavera, ma coi grandi si trova bene. Si fa grandi risate con Sturaro e adora Dybala e Pjaca».

Chiuda gli occhi: dove sarà tra cinque anni il suo fratellino?

«Alla Juve: un 9 come Higuain. E anche felice e orgoglioso in maglia azzurra».