Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 25 Venerdì calendario

“DUEMILA ESUBERI IN ALITALIA”. MA È MEGLIO DIRLO DOPO IL VOTO

Alitalia continua a smentire imperterrita, ma si fanno sempre più fitte e insistenti le voci dall’interno e dall’esterno dell’azienda a proposito di un ulteriore, drastico ridimensionamento della compagnia. L’ultima è dell’autorevole agenzia Reuters e parla di altri 2 mila esuberi che si aggiungerebbero ai 2.251 di appena due anni fa, più una ventina di aerei “messi al prato”, come si dice in gergo, cioè collocati fuori dalla flotta composta da 124 macchine. Qualche giorno prima era stato il Messaggero a parlare di tagli di personale e di aerei cancellati, poi era stata la volta del Sole 24 ore. Mercoledì si sarebbe dovuto riunire il consiglio di aministrazione Alitalia per presentare quel piano industriale annunciato da mesi e da mesi rinviato. Ma la riunione è saltata. La motivazione ufficiale è che alcuni consiglieri si sono detti indisponibili, ma è evidente che è una scusa: è difficile credere che di fronte a un passaggio così cruciale come quello della presentazione di un progetto per il futuro, alcuni rappresentanti degli azionisti avessero di meglio o altro da fare.

Del resto da Fiumicino già alcuni giorni fa lasciavano trapelare l’indiscrezione che il consiglio di amministrazione sarebbe stato rinviato, per almeno due motivi, uno di sostanza e uno di immagine. Le fonti ufficiali della compagnia ripetono che “quelle dei media sono speculazioni” e al “momento le ipotesi allo studio sono mille”, ma è quasi impossibile ritenere che ce ne possano essere di indolori. Ed è anche per questo che il consiglio di amministrazione è saltato: sapendo di aver bisogno anche in futuro dell’aiuto del governo, Alitalia non ha voluto dare un dispiacere a Renzi a una decina di giorni dal voto annunciando un piano lacrime e sangue che avrebbe fatto molto rumore. La sostanza è che i tre azionisti di Alitalia, gli arabi di Etihad (49 per cento) e le banche italiane Intesa e Unicredit che hano praticamente il resto del capitale, hanno idee e progetti divergenti sul futuro e faticano a trovare una sintesi. Le due banche sono non solo azioniste, ma anche creditrici della compagnia e vivono un conflitto essendo più propense a far rientrare i capitali impiegati che a metterne di nuovi per rilanciare il business, dal momento che la società continua ad andare malissimo: 500 mila euro al giorno di perdite, secondo le ammissioni ufficiali; molto di più, forse il doppio secondo indiscrezioni. Livelli comunque non molto distanti da quelli dell’Alitalia pre Etihad quando comandavano i “capitani coraggiosi” messi in pista nel 2008 da Silvio Berlusconi.

I manager inviati da Abu Dhabi a gestire la faccenda Alitalia, cioè l’amministratore delegato Cramer Ball e il plenipotenziario australiano per gli affari aerei dell’Emiro, James Hogan, due anni fa si erano presentati promettendo lo sviluppo che però fino a questo momento non c’è stato. Per crescere Alitalia avrebbe bisogno di cambiare pelle abbandonando l’assetto di compagnia tutta concentrata sul medio e corto raggio com’è stata pervicacemente negli ultimi anni e dove è difficilissimo guadagnare perché la concorrennza delle low cost è praticamente imbattibile. Dovrebbe puntare sul lungo raggio, dove, sapendoci fare, i guadagni per una compagnia di medie dimensioni come Alitalia sono possibili. Le altre concorrenti europee compresa la disastratissima Air France stanno tornando a mettere la testa fuori dai guai dopo anni bui e presentano programmi di espansione nonostante crisi e terrorismo, potendo contare su prezzi del carburante che continuano ad essere convenienti.

Per passare dal corto e medio raggio al lungo, Alitalia dovrebbe avere però le linee disponibili, che non ci sono. Per averle si parla di una possibile nuova alleanza internazionale di Alitalia con Delta Airlines, ma la svolta presupporrebbe la rottura dell’attuale intesa con Air France e il pagamento di una penale. I jet di lungo raggio della compagnia italiana sono appena 22, 11 Boeing 777 e 12 Airbus 330, e diventeranno 23 il primo dicembre quando entrerà in flotta un altro B 777 dedicato al collegamento con l’Avana. Che però non è una nuova linea intercontinentale fissa, ma un volo charter collegato alla compagnia di crociera Msc. Per avere a disposizione altri aerei di lungo raggio ci vorrebbero tanti soldi e quindi sarebbe necessario un nuovo aumento di capitale, eventualità che i tre azionisti non valutano allo stesso modo. Delle due banche si è detto, per quanto riguarda Etihad, anche ammesso che abbiano voglia di impegnarsi con nuovi capitali, non possono superare il limite del 49 per cento, oltre il quale la compagnia perderebbe ufficialmente i connotati di compagnia europea con tutto ciò che il cambio si porterebbe dietro.