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 2016  novembre 25 Venerdì calendario

NARCISISMO DI MASSA


Nel giugno 1776 Thomas Jefferson, destinato a diventare il terzo presidente degli Stati Uniti, scrisse nel suo diario una frase che il mese successivo sarebbe entrata nella Dichiarazione di Indipendenza: «Riteniamo che queste siano verità auto-evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono dotati dal loro creatore di diritti inalienabili; che fra questi vi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità».
Dieci anni dopo, John Adams, un altro presidente statunitense, indicò metaforicamente le tappe future di questa ricerca della felicità: «Devo studiare la politica e la guerra in modo che i miei figli abbiano la possibilità di studiare la matematica e la filosofia, la navigazione, il commercio e l’agricoltura, per poter fornire ai loro figli la possibilità di studiare la pittura, la poesia e la musica». E l’America le ha rispettate: si è data una struttura democratica e repubblicana nel Settecento rurale; ha inventato l’organizzazione scientifica del lavoro nell’Ottocento e quella industriale nel Novecento; ha regalato al mondo l’informatica e l’intelligenza artificiale nel Duemila. Costantemente ha inseguito l’«american dream» che, come ha spiegato l’economista Jeremy Rifkin, era fatto di fede in Dio e di fiducia in se stessi, nel duro lavoro, nel sacrificio, nel successo materiale, nella certezza che si può (e si deve) essere felici fin da questa terra.

GLI AMERICANI sono 320 milioni di individui che puntano sul possesso dei beni, sull’etica del lavoro, sul melting pot culturale, sull’entusiasmo, sulla meritocrazia, sull’interclassismo, sul patriottismo. L’85 per cento di loro crede nel paradiso; la metà dei deputati non ha il passaporto; su cento libri pubblicati in America, solo tre sono tradotti da altre lingue. È questa la società di massa che gli Stati Uniti hanno inventato e diffuso, dove a ognuno è promessa la sua dose di uguaglianza, di consumo e di felicità; dove il reddito medio pro-capite è di 53 mila dollari ma gli amministratori delegati (in maggioranza uomini e bianchi) guadagnano 243 volte più di un impiegato; dove i neri e gli ispanici sono svantaggiati in tutto; dove ci sono 44 milioni di poveri; dove 2,3 milioni di cittadini sono in carcere e 4,9 milioni sono soggetti ad altre forme di custodia.

BENCHÉ AUMENTINO gli americani scandalizzati dalla bruttezza delle città, dallo spreco economico, dall’incompetenza dei leader, dall’insensibilità per le sorti dell’umanità, dalla diffusa incapacità di indignarsi, tuttavia questa società di massa è stata difesa a spada tratta da alcuni pensatori come Leon Bramson, Edward Shils e Daniel Bell. Secondo quest’ultimo, anche ammesso che questa società sia individualista, utilitarista, competitiva e affamata di prestigio sociale, è tuttavia doveroso vedere anche i vantaggi che essa assicura: il diritto alla privacy, la libertà di scelta degli amici e dell’occupazione, la meritocrazia, la pluralità delle norme di condotta e dei criteri di giudizio con cui ha sostituito il predominio di un solo gruppo dominante. Per Bell l’eccellenza della società americana di massa è dimostrata dal suo continuo mutamento, dal fatto che tutti possono permettersi anticonformismo ed eccentricità, e che non vi è mai attecchito né il fascismo né il comunismo mentre vi sono fiorite in piena libertà migliaia di associazioni volontarie.

MA I CRITICI DELLA SOCIETÀ di massa sono stati altrettanto agguerriti sia a destra sia a sinistra, in America e fuori. Alcuni hanno denunciato un eccessivo egualitarismo e una diffusa disposizione ad accettare forme anti-aristocratiche di governo, predominio delle masse, il deterioramento della qualità in favore del numero, l’avvento dell’autoritarismo facilitato dalla superorganizzazione e dalla disintegrazione del tessuto sociale, l’impossibilità di controllare l’intervento delle masse nella vita politica, e con essa un’eccessiva democrazia.
Altri hanno criticato la società di massa dal versante opposto, sostenendo che essa comporta l’atomizzazione, l’alienazione e l’impotenza dei singoli, una progressiva perdita di autonomia da parte della stragrande maggioranza delle persone, l’affermazione graduale di oligarchie dotate di quei mezzi economici e tecnologici sufficienti per influenzare e mobilitare le masse trasformando le società in altrettanti «stati-guarnigione». Così a poco a poco la manipolazione invade la vita privata, l’isolamento minaccia i rapporti sociali, le comunicazioni tra i singoli passano con frequenza sempre maggiore attraverso il monopolio delle élite, la società frammentata è più vulnerabile a nuove forme di populismo e di totalitarismo.

SECONDO QUESTI CRITICI, il modello di società massificata che l’America ha proposto al mondo con le sue armi, la moneta, i prodotti, il cinema, il rock, e che il mondo ha via via introiettato, dipende dalle decisioni dei giganti e dal consenso che essi riescono a estorcere. Dunque, la gran massa deve essere scolarizzata per poter ricevere e applicare le istruzioni; il dissenso trova credito solo quando assicura un paravento democratico alla prepotenza delle élite. Le strutture sociali frenano i grandi mutamenti; le politiche, formalmente liberali e democratiche, in pratica incoraggiano il conformismo, l’astensionismo e la passività. Così una folla solitaria di narcisisti che rappresenta solo il cinque per cento della popolazione mondiale, riesce a divorare gran parte della ricchezza del pianeta con il suo consumismo e riesce a imporre i propri interessi al mondo intero grazie alla più potente macchina bellica e mediatica della storia dell’umanità.

E IL FUTURO? Clark Kerr, primo cancelliere della ribelle università di Berkeley, 50 anni fa azzardò la catastrofica previsione secondo cui «una benevola burocrazia politica e una benevola oligarchia economica si accoppieranno con le masse tolleranti mentre amministratori di professione guideranno ogni manifestazione della vita organizzata con i metodi manageriali dell’industria«. Allora non c’era ancora internet, ma forse saranno proprio le nuove tecnologie, in base all’uso che ne faremo, ad accelerare o a sventare l’annunciata catastrofe.