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 2016  novembre 25 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Gabriella Greison, L’incredibile cena dei fisici quantistici, Salani, Milano, 2016, pp

Notizie tratte da: Gabriella Greison, L’incredibile cena dei fisici quantistici, Salani, Milano, 2016, pp. 272, euro 15,90

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«Tutti sanno che una cosa è impossibile. Poi arriva uno che non lo sa e la fa». [Albert Einstein]

«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti; accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». [Italo Calvino]

Quella volta che Albert Einstein disse al nemico di sempre Niels Bohr: «Dio non gioca a dadi!», e questi gli rispose: «Non sei tu che devi dire a Dio cosa deve e non deve fare!». Poi però Einstein aggiunse: «Dio non gioca a dadi… ma questa volta ha fatto un’eccezione».

«Credo di poter dire con sicurezza che nessuno capisce la meccanica quantistica, chiunque afferma di capire la teoria dei quanti mente oppure è pazzo». [Richard Feynman]

Il chimico Ernest Solvay che a soli 23 anni, un po’ per caso e un po’ per fortuna, scoprì il bicarbonato di sodio – suo lo stabilimento di Rosignano Marittimo, anche detto Rosignano Solvay – a partire dal 1911 prese a finanziare i famosi Congressi Solvay. Bruxelles, sempre in autunno e sempre ogni tre anni, tranne in piena guerra, sarà il ritrovo delle più belle menti della fisica e della chimica. Morto il 26 maggio del 1922, fece in tempo a vederne tre.

Lo svedese Alfred Nobel, lo stesso che inventò la dinamite, nel 1895, mosso dal pentimento, redisse il famoso testamento con cui istituì gli ambiti premi Nobel – per la fisica, la chimica, la medicina, la letteratura e la pace. Dal 1969 ci sarà anche quello per l’economia. Per un destino beffardo una violenta esplosione gli ammazzò il fratello più piccolo, Emil. E nel 1888, quando fu dato per morto, un giornalista scrisse: «Il mercante di morte è morto». Ma quello veramente estinto era l’altro fratello, Ludvig. A lui toccherà anni dopo, nel 1896.

Nel 1927, dal 24 al 29 ottobre, 29 personaggi, di cui 17 erano o sarebbero diventati premi Nobel, parteciparono al V Congresso di Solvay della Fisica, dal titolo «Elettroni e fotoni». Ribattezzato da Albert Einsten «Witche’s Sabbath», il convegno delle streghe.

«Una foto famosa li ritrae tutti, due file di uomini seduti e una in piedi. […] Le sedie sono sistemate sopra le scale che da Leopold Park arrivano al portone dell’istituto di fisica più importante della capitale. Si riconosce facilmente Marie Curie, perché è l’unica donna, c’è Planck con il cappello e la sigaretta in mano, Lorentz, il più vecchio, c’è naturalmente Einstein. Ci sono i giovani, Dirac, Heisenberg, Pauli, tutti sui venticinque anni. C’è il più anticonformista di tutti Schrödinger, l’unico vestito comodo, con una giacca di lino leggera e chiara, un papillon e due buffi occhialoni tondi […]».

Il quarantottenne Albert Einstein, solito andare in giro con pantaloni stropicciati e senza i calzini, al Congresso non vestì in completo nero come da etichetta.

Il premio Nobel Hendrik Lorentz presiedette i primi cinque Congressi Solvay. «Era lui che mandava le lettere, che contattava, che chiamava tutti costantemente». Morirà poche settimane dopo il Congresso del 1927. La Medaglia Lorentz, assegnata ogni quattro anni a un fisico teorico, prende il nome dallo scienziato dalla barba canuta.

Alla cena di chiusura del V Congresso Solvay – del 29 ottobre, alle ore 19.30, alla Taverne Royale – non andarono tutti. Tra gli esclusi, perché non invitati: Wolfgang Pauli e Paul Dirac. Ma anche Werner Heisenberg e Paul Ehrenfest, che però, a differenza dei primi, non la presero affatto bene. Furono invece invitati, ma non presenziarono, Erwin Schrödinger, insofferente ai ritrovi formali, e Max Planck.

I 20 commensali, dal più giovane al più anziano: Louis de Broglie e Arthur Compton, entrambi 35 anni; William Bragg, 37 anni; Niels Bohr, 42 anni; Marion Mersereau, 43 anni; Max Born, 45 anni; Irving Langmuir, 46 anni; coetanei Albert Einstein e Owen Willans Richardson, 48 anni; la regina Elisabetta, nipote dell’imperatrice Sissi, ed Elisa Solvay, entrambe 51 anni; il re Alberto I, 52 anni; lo scrittore Georges Lefebvre, 53 anni; Pierre Nolf, 54 anni; Paul Langevin, 55 anni; Edmond Solvay, 57 anni; Marie Curie 59 anni; Aletta Catharina Kaiser, 69 anni; Hendrik Lorentz, 79 anni e per finire il caro amico dei reali, l’ottuagenario capitano d’artiglieria Mark Vancaubrogh.

Marie Curie, all’anagrafe Maria Skłodowska, due Nobel all’attivo, uno nel 1903 per la fisica e l’altro nel 1911 per la chimica. Due nazionalità, una polacca e l’altra francese. Da quando nel 1906 una carrozza le investì e ammazzò il marito, Pierre Curie, anche lui fisico, anche lui Nobel, per anni portò solo abiti neri. Alla cena del 1927 sedette lontana da Paul Langevin. Nel 1911 la loro relazione fece scalpore. Paul combatté ben cinque duelli per salvare l’onore, aveva una moglie e quattro figli, e Marie da allora fu detta la «ladra di mariti».

Erwin Schrödinger, premio Nobel per la fisica nel 1933, con il «paradosso del gatto» dimostrò i limiti della fisica quantistica. «Gatto vivo o gatto morto; non si sa finché non si vede il gatto aprendo la scatola, altrimenti si considera vivo e morto contemporaneamente». L’aneddoto di fisica più citato di sempre è ripreso anche dai fratelli Coen in A Serious Man del 2009.

[«Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme con la seguente macchina infernale: in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegra, ma anche verosimile nessuno: se ciò succede, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo un certo periodo di tempo, quindi, il gatto ha la stessa probabilità di essere vivo o morto quanto l’atomo di essere decaduto. Visto che fino al momento dell’osservazione l’atomo esiste nei due stati sovrapposti, il gatto resta sia vivo sia morto fino a quando non si apre la scatola, ossia non si compie un’osservazione».]

«Su Schrödinger c’è una grande certezza: tutti i suoi biografi si sono divertiti un mondo a raccontarlo, e sono tutti d’accordo sul fatto che la sua vita è stata la più divertente di tutte le altre».

Albert Einstein, invitato a Como al Congresso internazionale dei Fisici del 1927, per il centenario della morte di Alessandro Volta, fermo oppositore quale era del governo del Duce, non andò. Fu il solo a disertare.

«La fisica dei quanti nel 1925 stava mettendo a dura prova tante altre menti, poiché minava le fondamenta su cui si poggiavano i manuali di fisica classica, da Newton a Maxwell. Bohr e Einstein erano i soli che stavano spaccando il pubblico degli specialisti su questi problemi. Erano due coraggiosi, ciascuno a modo proprio».

Il Nobel del 1921 assegnato ad Albert Einstein, tedesco naturalizzato svizzero e statunitense, suscitò una certa confusione sulla nazionalità del vincitore. In Germania tutti dicevano che era un tedesco ad aver vinto il premio, in Svizzera che era uno svizzero.

Voluminoso, 1.500 pagine, il fascicolo che l’FBI raccolse su Albert Einstein. Lo credevano «capace di permettere all’anarchia di progredire indisturbata», ma anche «membro, sostenitore o affiliato a 34 movimenti comunisti».

Il premio Nobel Niels Bohr aveva un fratello, Harald Bohr, calciatore e medaglia d’argento alla IV Olimpiade di Londra del 1908. Niels, portiere dilettantistico, dopo una serie infinita di gol subiti si giustificò dicendo che era «alle prese con un problema matematico che coinvolgeva le grandezze fisiche pensate come uomini di una squadra di calcio, sia sotto forma di urti tra particelle, sia sotto forma di propagazione di un segnale luminoso».

«La parola di Dio non è niente di più che un’espressione e un prodotto dell’umana debolezza, e la Bibbia è una collezione di onorevoli ma primitive leggende, piuttosto infantili. Per me la religione ebraica, come tutte le altre, è un’incarnazione delle superstizioni più puerili». [Albert Einstein]

«Einstein era un grande sostenitore dell’ozio, del riposo. Si racconta che un giorno un ospite si fosse scusato con lui per averlo fatto attendere sotto un ponte a Praga, ma Einstein gli rispose: “Non si preoccupi, non ho perduto il mio tempo, stavo lavorando”».

Quella volta che Niels Bohr, che teneva uno zoccolo di cavallo sopra la porta, a Max Born disse: «Non credo nella superstizione, ma mi hanno detto che a volte funziona anche per quelli che non ci credono».

Delle tre scuole di fisica più importanti al mondo Werner Heisenberg disse: «Da Sommerfeld ho imparato l’ottimismo, dalle persone a Gottinga la matematica, e la fisica l’ho imparata da Bohr».

«Ho sempre una sensazione strana nei suoi confronti. Quando penso alle sue idee, mi sembrano orrende e dentro di me le maledico. Lui ha infatti un approccio ben poco filosofico, non si cura affatto di esprimere con chiarezza gli assunti di base e il loro rapporto con le teorie esistenti. Ma quando parlo con lui mi piace molto e mi rendo che contro che ha nuovi argomenti di ogni genere. Credo che in futuro darà grandi contributi al progresso della scienza». [Wolfgang Pauli su Werner Heisenberg]

«Una nuova fase della mia vita scientifica è iniziata quando ho incontrato personalmente Niels Bohr per la prima volta». [Wolfgang Pauli]

Wolfgang Pauli, detto «Wolf», era ossessionato dal numero 137, fu Werner Heisenberg a parlargliene. «1/137 è un numero che corrisponde ad alfa, la costante di struttura fine, la costante che metterà insieme tutto: fisica quantistica, velocità della luce, elettromagnetismo, relatività». Il lupo morì il 15 dicembre del 1958 nella stanza d’ospedale numero 137.

«Quando penso alle donne, la reazione è quella di andare in un ottimo bar e bere molti whisky. Tra le donne e me le cose non funzionano per niente, e probabilmente non andranno mai bene. Questo lo dovrò accettare, ma non è certo facile. Ho paura che invecchiando mi sentirò sempre più solo, e gli eterni miei monologhi sono così stancanti». [Wolfgang Pauli in una lettera all’amico G. Wentzel]

«Si tratta di una persona assai istruita con uno sviluppo straordinario dell’intelletto, la qual cosa, naturalmente, era all’origine del suo problema; insomma era troppo unilateralmente intellettuale e scientifico […]. Così, nei suoi rapporti con gli altri e con se stesso egli si era completamente smarrito. Alla fine si era dato al bere e a commettere altre assurdità, […] a trasformarsi in un disadattato». [Carl Gustav Jung su Wolfgang Pauli]

L’«effetto Pauli», coniato da Einstein, voleva dire che la sola presenza di Wolfgang «in laboratorio significava la distruzione di qualche strumento o il fallimento di un esperimento, si racconta che un fisico sperimentale di Amburgo chiudesse tutti i laboratori quando sentiva che Pauli passava in corridoio».

«La fisica è in uno stato di grande confusione. Al momento attuale tutto ciò che penso è sbagliato. O comunque per me è troppo difficile. Vorrei essere un attore comico, un protagonista di un film, o qualcosa di simile. E vorrei non aver mai sentito parlare di fisica!». [Wolfgang Pauli a Werner Heisenberg]

Paul Dirac, il fisico più schivo di tutti, del padre Charles Dirac, linguista ossessionato a tal punto dalla grammatica da costringere moglie e figlia a mangiare in una stanza separata, scrisse: «Sono introverso per colpa di mio padre».

«Ogni volta che Dirac mi manda un suo manoscritto rimango basito: la sua scrittura è così pulita e priva di correzioni. Mostra le cose scientifiche anche con un estremo gusto estetico». [Niels Bohr]

«La mattina è il momento ideale per spingere il cervello al massimo, poi mi fermo durante la giornata, e riesco a riprendere solo dopo cena, la sera tardi». [Paul Dirac]

«Aveva una memoria prodigiosa, e conosceva a memoria intere scene dal teatro classico, che ha recitato sempre con inesauribile verve. Sentendo i nostri genitori discutere di politica, improvvisava discorsi ispirati dai racconti sui giornali, e sapeva elencare le liste complete dei ministri della Terza Repubblica. Poi sapeva tutte le capitali degli stati a memoria. E faceva di conto con una velocità impressionante». [Pauline de Broglie, sorella di Louis de Broglie]

Louis de Broglie non si sposerà mai, lo stesso Wolfgang Pauli. Albert Einstein ne cambierà diverse ed Erwin Schrödinger, cresciuto in mezzo alle donne, ne proverà molte ma non troverà mai quella giusta.

«Farò in modo di passare ogni anno un mese intero insieme, per dimostrarti che hai un padre che tiene tanto a te e che ti vuole bene. Da me potrai imparare molte cose utili e belle, cose che altri non possono insegnarti facilmente». [lettera di Albert Einstein al figlio Hans Albert, 4 novembre 1915]

«Al pianoforte, suona principalmente brani che ti piacciono, anche se l’insegnante non te li insegna. È questo il modo più efficace di imparare: quando si fa una cosa con tale appagamento che non ci si rende conto del tempo che passa». [lettera di Albert Einstein al figlio Hans Albert, 4 novembre 1915]

«Signor presidente, la lettura di alcuni recenti lavori di E. Fermi e di L. Szilard, comunicatimi sotto forma di manoscritto, mi induce a ritenere che, tra breve, l’uranio possa dare origine a una nuova e importante fonte di energia. […] Ritengo quindi mio dovere richiamare la Sua attenzione su alcuni dati di fatto e suggerimenti […]». [lettera di Albert Einstein a Franklin Roosevelt, 2 agosto 1939]

Albert Einstein a Sigmund Freud in una lettera del 30 luglio 1932: «C’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?». Il padre della psicanalisi, dopo pochi giorni, rispose: «La guerra è colpa della natura intrinsecamente aggressiva dell’animo umano».

Nel 1932, per il centesimo anniversario della morte di Goethe, sette fisici misero in scena il Faust a Copenaghen, adattamento satirico del poema drammatico. Scarna la scenografia, una cattedra, un leggio e alcune sedie, titanici gli attori improvvisati: Niels Bohr; Paul Dirac; Werner Heisenberg; Wolfgang Pauli, poi sostituito da Leon Rosenfeld; Max Delbrück; Paul Ehrenfest e Lise Meitner, l’unica donna.

L’epitaffio della fisica austriaca Lisa Meitner morta quasi novantenne, nel 1968, a Cambridge, dice: «una scienziata che non ha perso la sua umanità». Fu lei, nel 1917, a scoprire il 91º elemento della tavola periodica, il protoattinio, anche detto «lisotto».

«Il mio pathos provocherebbe a Te pure il riso, / se Tu non avessi perduta l’abitudine di ridere». [Mefistofele nel Faust di Gothe, 1808]

Paul Ehrenfest, animo inquieto e fragile, morirà suicida nel 1933. Scrisse di questo suo impulso in delle lettere che mai spedirà ai suoi amici, tra questi Bohr ed Einstein. Il 25 settembre, prima di rivolgere la pistola contro se stesso la puntò contro il figlio, il quindicenne Vassilji, già affetto da ritardo mentale. Il colpo renderà il ragazzo cieco a vita. Anche Ludwig Boltzmann, il «terrorista algebrico», uno dei suoi maestri più influenti, 27 anni prima moriva impiccato.

«Quelli erano anni in cui anche un fisico di seconda fascia poteva fare scoperte, elaborare teorie, risolvere teoremi da prima fascia». [Paul Dirac]

Enrico Fermi, l’autodidatta che padroneggiava con sicurezza la teoria della relatività e la fisica quantistica, a 12 anni recitava a memoria interi capitoli dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, scritto nel 1532.

«La matematica contenuta nei suoi fogli è la stessa che uso io, solo che la mia è molto più formale, meno elegante, e forse non è neanche così completa come la sua». [Erwin Schrödinger ad Albert Einstein]