Luca Pisapia, Il Fatto Quotidiano 24/11/2016, 24 novembre 2016
PARMA: BASTA CON LE FAVOLE, SI TORNA AI VECCHI METODI
Diceva Gianni Rodari che le favole possono contribuire a educare la mente, aiutare il bambino a conoscere il mondo. Ma senza pallone. Nel calcio non c’è più spazio per le fiabe, sempre che ci sia mai stato. Tra la sorpresa generale, martedì sera la nuova proprietà del Parma, che dopo l’ennesimo fallimento aveva deciso di ripartire dai simboli e dalle icone della sua stagione migliore, ha deciso di mandare a casa in un colpo solo il tecnico Luigi Apolloni, il direttore sportivo Lorenzo Minotti e il presidente Nevio Scala: ovvero la colonna portante della difesa e l’allenatore che negli Anni Novanta avevano portato i ducali a sfiorare lo scudetto e a vincere una Coppa delle Coppe e due Coppe Uefa.
Anche all’epoca si abusò del topos fiabesco, del mito della Cenerentola di provincia che saliva sul tetto del mondo, salvo risvegliarsi nell’incubo del crac Parmalat e di una società gestita per gonfiare bilanci, riciclare denaro e via dicendo. Più o meno quanto accaduto due anni fa, con la celebrata gestione di Tommaso Ghirardi e Pietro Leonardi che ha portato il club al fallimento, in un lungo e farsesco addio durante il quale gli abiti da principessa del Parma sono stati fatti indossare in tutta fretta a un’altra squadra della Via Emilia: quella strana Cenerentola che è il Sassuolo, proprietà di uno dei più ricchi imprenditori italiani, già presidente di Confindustria, che siccome non gli tange di giocare in casa si è impadronita dello stadio di un’altra città sfrattando senza mezzi termini la squadra locale: poche settimane fa la Reggiana si è trovata a giocare di lunedì pomeriggio proprio l’atteso derby contro il Parma, perché la città era occupata da Sassuolo-Inter.
E così, dopo il risveglio dall’ennesimo incubo del Parma fallito, ecco che per ripartire dai dilettanti il consorzio d’imprenditori locali Nuovo Inizio Srl (composto da Barilla, Dallara, Del Rio, Gandolfi, Ferrari, Malmesi e Pizzarotti) nel 2015 aveva rilevato la società, e insieme a una quota di azionariato popolare riservato ai tifosi attraverso la Parma Partecipazioni Calcistiche aveva lanciato l’idea del “calcio etico e biologico”, richiamando a casa i protagonisti della leggenda. Ma dopo la promozione, la prima stagione tra i professionisti della Lega Pro ha minato l’epica del racconto fiabesco che Vladimir Propp situava fuori dal tempo e dello spazio, molto prosaicamente i risultati non sono arrivati, e con la squadra a metà classifica e reduce dalla pesante sconfitta in casa 1-4 contro il Padova, ecco il brusco ritorno alla realtà.
In uno scarno comunicato burocratico “La società Parma Calcio 1913 comunica di aver sollevato dai rispettivi incarichi Minotti, Apolloni e Scala […] che con la propria passione e professionalità hanno contribuito a compiere il primo passo della rinascita del club”.
La risposta dei tre cavalieri senza macchia e senza paura di cui negli Anni Novanta si narravano le meravigliose gesta non si fa attendere, ed è durissima. Richiama la morale, chiave di ogni favola. “Siamo sorpresi di questa decisione perché avevamo la certezza di un progetto che si nutriva di logiche differenti da quelle dei risultati, dei social e dell’apparire. Avevamo sposato l’idea e i valori di una società che aveva dichiarato e si era impegnata pubblicamente a interpretare il proprio ruolo per un calcio diverso, etico ed espressione della rinascita sportiva di una città”, scrivono. È l’ultimo tentativo di resistere al Nulla che divora la Storia Infinita.
Ma la controreplica è ancora più dura, quando ieri in conferenza stampa il vicepresidente Marco Ferrari, già socio di minoranza del Parma di Ghirardi e tra gli imprenditori del nuovo consorzio, non lesina stoccate al mito: “Se il calcio biologico esiste ancora? Se con questo termine s’intende un calcio pulito, trasparente nei bilanci e dai comportamenti corretti, questo progetto è assolutamente ancora in piedi. L’etica non è monopolio di una persona”.
Mentre i tifosi sono tutti con la proprietà, preferendo i punti in classifica alla poesia, e chiedono l’arrivo di Hernan Crespo in panchina, per l’area tecnica la società ha lasciato trapelare tutta una serie di nomi che sanno di restaurazione, di calcio prosaico ai confini con Calciopoli. Se nel pallone non c’è spazio per le favole, che la realtà sia pure brutta ma porti almeno risultati, e pazienza se così non si aiutano i bambini a conoscere il mondo, con buona pace di Rodari.