varie, 24 novembre 2016
APERTURA PER IL NUMERO 0 DI BABELE
«Ho solo 14 anni. Non voglio morire, ma so di non poterlo evitare. Voglio vivere, voglio vivere ancora a lungo». Con queste parole una ragazzina inglese malata di cancro e senza speranza di sopravvivere, ha chiesto all’Alta corte di essere sottoposta al processo detto «criogenesi», ovvero farsi surgelare appena morti con la speranza di rinascere quando si sarà trovata una cura contro il cancro. Il giudice Peter Jackson ha emesso la sentenza il 7 ottobre. Il giorno dopo, su richiesta della ragazzina – di cui sono state rese note solo le iniziali: JS –, è andato a trovarla in ospedale ed è rimasto «colpito dalla forza con la quale ha affrontato situazione». Dieci giorni dopo JS è morta [1].
Oggi il corpo di JS si trova all’ Alcor Life Extension Foundation di Scottsdale, nell’Arizona, immerso a testa in giù in una capsula di nitrogeno liquido e conservato a una temperatura di –196 gradi [2].
La procedura a cui è stata sottoposta J.S. è costata 37 mila sterline (circa 45 mila euro), raccolte da un’associazione di beneficenza perché la famiglia non poteva permettersela [2].
La storia ha aperto il dibattito sull’etica e l’efficacia del criogenesi, anche se non è su questo che si è espressa l’Alta corte di Londra. «Il caso riguardava sostanzialmente chi avesse il diritto di decidere cosa fare della salma della ragazza» ha precisato il giudice Jackson. La legge inglese infatti non consente che a 14 anni si faccia testamento o si prendano decisioni relative al proprio corpo [3].
Paola De Carolis: «Dietro la malattia della quattordicenne e il suo ultimo desiderio c’è infatti una famiglia divisa. Il padre non vedeva la figlia da otto anni, si è risposato, ha altri figli ed è a sua volta malato di cancro. Era contrario alla criogenesi ed è per questo che la figlia si è vista costretta a ricorrere alla legge. Durante il procedimento ha cambiato idea, ha dato il nullaosta a patto che fosse permesso a lui e alla sua nuova famiglia di andare a trovare il corpo della figlia in Arizona. La ragazzina si è opposta. Il giudice ha dato alla madre il diritto di scegliere. La madre ha assecondato la volontà della figlia» [1].
Alle critiche di natura etico-religiosa – l’accusa di sostituirsi a Dio aspirando a una resurrezione dalla morte – si aggiungono preoccupazioni più materiali «Se anche si risvegliasse fra 200 anni, come sopravvivrà mia figlia, da sola, in America, senza neppure coscienza di sé?» pare che fosse un motivo dell’opposizione paterna. Anche i medici dell’ospedale erano perplessi, quando hanno preparato il corpo per il viaggio verso gli Usa, uno dei due paesi in cui esistono centri per la crioconservazione (l’altro è la Russia) [2].
Costi: circa 80 mila dollari per conservare solo il cervello (neuro-conservazione), che viene mantenuto nel suo luogo naturale, il cranio, tagliando la testa dal resto del corpo all’altezza della settima vertebra cervicale. Per conservare l’intero corpo invece la base di partenza è di 200 mila dollari [4].
Per Margerita de Bac si tratta di pura speculazione: «L’offerta di procedure conservative dell’individuo si configura come una truffa. Significa vendere speranze ad alto costo. In realtà viene offerta in cambio di denaro a famiglie addolorate una prospettiva che al momento è una vera e propria sciocchezza scientifica. Si lascia credere alla gente che questo tipo di conservazione di cadavere abbia un senso e che un giorno dalla morte si possa tornare alla vita» [5].
L’avvocato friulano Vitto Claut, 61 anni, nel 2005 è andato in America a visitare la sede della Alcor e ha chiesto di essere messo in lista. Quelli sulle prime si sono rifiutati, poi lo hanno sottoposto a una visita medica piuttosto approfondita e lo hanno accettato. All’epoca il prezzo era di circa 175 mila dollari. Claut ha visto anche il telwar, la cisterna in cui sono conservati i cadaveri. Ma i cadaveri non glieli hanno fatto vedere [6].
La crionica (kryos in greco significa freddo), cioè l’insieme delle tecniche utilizzate per conservare a basse temperature uomini e animali. Si è sviluppata a partire dagli anni ’60. Il primo essere umano a essere sottoposto a crioconservazione fu James Bedford nel 1967, e da allora il suo corpo è conservato presso la Alcor, in Arizona [7].
La crioconservazione spiegata da Vitto Claut: «Entro due minuti dalla morte cerebrale la mia testa viene portata a una temperatura di meno 96 gradi, altrimenti le cellule del cervello iniziano a decomporsi. Entro sei ore dalla morte mi tolgono tutto il sangue e lo mettono in una ampolla vicino al mio corpo. Al posto del sangue mi iniettano azoto. Poi il corpo viene abbattuto a una temperatura di meno 196 gradi. E finisco nel telwar, a testa in giù» [6].
La crioconservazione è diversa dall’ibernazione, o letargo. Quest’ultimo è un fenomeno naturale che permette ad alcuni mammiferi di rallentare il metabolismo nei periodi di magra. A eccezione di alcuni insetti, non avviene mai al di sotto dello zero. Si tratta in pratica di un letargo indotto durante il quale i medici potrebbero tentare di riparare, per esempio, i danni provocati da un ictus. Per ora si riesce ad abbassare la temperatura del corpo fino a 34°, e invece bisognerebbe riuscire a portarla fino a 20° [4].
La Alcor conserva anche il corpo del famoso giocatore di baseball americano Ted Williams e di suo fratello John Henry. Gira la leggenda che tra i 143 corpi nei telwar ci sia anche quello di Walt Disney. Ma non può essere vero: Disney è morto nel 1966, la Alcor è nata nel 1972 [8].
Il centro Alcor in Arizona attualmente ha 1.583 «soci», di cui 1.104 hanno completato le pratiche per predisporre la loro crioconservazione, non appena cesseranno di vivere [7].
Aldo Fusciardi, un imprenditore morto a 75 anni nel 2012, è stato il primo italiano finito in un telwar della Alcor [9].
Daniele Chirico, infermiere laureato in Medicina, ha pagato 30 mila euro alla società Cryonics Institute che si trova in Michigan. «È lo stesso costo di un Suv, io rinuncio al Suv e compro l’estensione della mia vita, non vedo perché dobbiamo privarci di questa incredibile possibilità di vivere dopo la morte. Qualcuno mi crede pazzo, ma io sono sicuro di rinascere tra 500 anni» [10].
In Europa non esistono organizzazioni che si occupano di crioconservazione. In Italia il trattamento, che deve essere effettuato immediatamente dopo l’arresto cardiaco, sarebbe ostacolato dalla legge che impone un’osservazione del cadavere di 24 ore [5].
Elena Dusi: «I seguaci della criogenica partono da un postulato estremamente ottimista: in futuro gli uomini saranno felici e avranno tutti i mezzi a disposizione per curare malattie che oggi ci spaventano. Quando lo statunitense Robert Ettinger all’inizio degli anni ’60 scrisse La prospettiva dell’immortalità, il sacro Graal della medicina era la nanotecnologia. In futuro – si pensava allora – avremo a disposizione tecniche per curare malattie e riparare i tessuti al livello di ogni singola cellula. “Prima o poi i nostri amici del futuro saranno in grado di risvegliarci e aiutarci” scriveva Ettinger» [11].
Ma sarà mai possibile il risveglio di un corpo ibernato? E in che condizioni si sveglierebbe? I sostenitori della crioconservazione ritengono che la personalità e la memoria restino all’interno delle strutture del cervello anche dopo l’interruzione della sua attività, e che grazie al congelamento possano mantenersi inalterate ed essere quindi ripristinate [2].
Alcuni affermano che un giorno potrebbe essere possibile scaricare su computer la memoria umana, per poi ricaricarla sul cervello dopo una rianimazione [8].
Finora nessuno ha mai congelato una cavia intera dimostrando di poterla riattivare. È un procedimento complesso che funziona – e non sempre – solo nel caso di singole cellule o gruppi limitati di cellule: gli ovociti utilizzati nella procreazione medicalmente assistita, ad esempio [5].
Il problema è che dopo la morte scatta un degrado termodinamico. La vita non è soltanto un fatto meccanico, dipende dall’attività. Se il cervello rimane inattivo a lungo, muore definitivamente [2].
Spiega Matteo Cerri, che insegna Fisiologia all’università di Bologna e studia gli effetti dell’ibernazione per l’Agenzia spaziale europea: «Anche se il sangue viene sostituito da una sorta di “antigelo”, l’acqua contenuta nelle cellule si trasforma in ghiaccio e ne spezza le membrane. Quel poco di acqua che resta allo stato liquido, poi, accumula tutti i sali presenti nell’organismo, facendogli raggiungere concentrazioni tossiche. Dopo il decesso, per finire, organi come il cervello cominciano subito a danneggiarsi. L’ipotesi del risveglio, direi, è piuttosto futuristica. E la crioconservazione, per chi l’ha inventata, oggi è più che altro un buon business» [4].
Margherita De Bac: «La crioconservazione comporta inevitabilmente un danno cellulare grave. Inoltre il corpo umano è un insieme di cellule che devono funzionare secondo un meccanismo preordinato ed è fantascienza pensare che il meccanismo possa essere riacceso dopo essere rimasto spento per decenni. I Mammuth ritrovati sotto i ghiacci si sono estinti per sempre» [5].
Note: [1] Paola De Carolis, Corriere della Sera 19/11; [2] Enrico Franceschini, la Repubblica; [3] Vittorio Sabadin, La Stampa 19/11; [4] Elena Dusi, la Repubblica 19/11; [5] Margherita De Bac, Corriere della Sera 19/11; [6] Alessandro Milan, Libero 23/11/2015; [7] Nino Materi, il Giornale 19/11; [8] Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 19/11; [9] Cristiano Gatti, il Giornale 28/12/2014; [10] Jacopo Storni, Corriere della Sera 19/11; [11] Elena Dusi, la Repubblica 31/8/2006.