Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport 18/11/2016, 18 novembre 2016
GOFFIN, UNA RISERVA DA 3.800 EURO AL MINUTO. COSE DA MASTER
Tanti saluti. Con 262.000 euro in più (94.000 come riserva e 168.000 per aver giocato la partita) sul conto in banca grazie a un’oretta (per l’esattezza, 69 minuti, circa 3800 euro al minuto) di match simil-esibizione e l’orgoglio di essere stato comunque il primo belga di sempre a scendere in campo alle Finals di fine anno. Caro Goffin, benvenuto nel frullatore tutto sommato perfino divertente del Masters, un torneo che ha cambiato quattro volte nome ufficiale, si è giocato in 14 sedi diverse e quattro superfici (mai la terra, però, e Nadal non manca di ricordarlo appena può), ha modificato quattro volte la formula, senza contare i cocktail delle partite al meglio dei tre o cinque set e che consente un giorno di gloria, o almeno di discreto guadagno, anche a una riserva che stava anelando solo la vacanza.
FASCINO A dire il vero il buon David, sostituto dell’acciaccato Monfils, è sembrato già su una spiaggia esotica, sballottato avanti e indietro da un Djokovic che invece ha preso molto sul serio l’allenamento: «Mi dispiace — dirà il numero 11 del mondo — ma è difficile trovare il ritmo quando stai cinque giorni a palleggiare contando le ore che ti separano dal riposo e all’improvviso ti dicono che devi giocare contro Novak davanti a 15.000 persone». Buon per il serbo, cui l’uscita è servita a trovare ancor di più gli automatismi in vista dell’atteso crash contro Murray per il numero uno, sempre che Andy esca indenne dalla sfida odierna con cavallo pazzo Wawrinka: se perde in due set e Nishikori vince con Cilic (che potrebbe perfino ritirarsi e lasciare il posto all’altra riserva Bautista Agut), è addirittura fuori dalle semifinali, lasciando così il primato di fine anno al Djoker. La corsa alla vetta del ranking, spesso decisa proprio dalle Finals, accresce indubbiamente il fascino dell’appuntamento, malgrado la formula a gironi cozzi contro la meritocrazia (se vinci vai avanti, se perdi sei fuori) e rappresenti un unicum in tutto il panorama del circuito. Eppure resiste dal 1986 e rimarrà almeno fino al 2018, quando il Masters dovrebbe cambiare sede e magari regolamento.
PROPOSTE Nelle prime due edizioni (1970-71) il titolo venne assegnato dopo un girone unico, dal 1972 al 1981 si utilizzò la formula di adesso, dall’82 all’85 si passò all’eliminazione diretta (12 giocatori e poi 16) e nel 1986 si tornò ai due gironi, anche se non è mai successo, a differenza del femminile, che un giocatore vincesse il torneo perdendo più di una partita nel round robin. Sono tante le proposte sul tavolo, dal recupero dell’eliminazione diretta con partite al meglio dei cinque set alla sede unica, fino alla rotazione delle superfici e dei campi indoor e outdoor. O forse in fondo siamo affezionati all’idea che l’epilogo stagionale sia qualcosa di diverso, magari senza sapere che la regola 4.01 B dell’Atp sancisce che non siano i primi otto della Race a qualificarsi, bensì: i primi 7 del ranking, seguiti dai due giocatori con la miglior classifica dall’8 al 20 che in stagione abbiano vinto uno Slam. Di solito primi 8 e re dei Major coincidono, ma per tre volte la norma è stata applicata: Ivanisevic al posto di Safin nel 2001, Costa nel 2002 (erano ben tre i vincitori Slam fuori dagli otto, con Johansson e Sampras) e Gaudio nel 2004 per Agassi. Due anni fa, invece, la qualificazione di Cilic attraverso gli Us Open costrinse Murray a giocare due tornei minori a ridosso delle Finals per agguantare l’ultimo posto, e ci arrivò spompato. Pazzie da Masters.