Elvira Serra, Sette 18/11/2016, 18 novembre 2016
ECCO PERCHÉ OGNI ANNO VADO IN VACANZA CON MAMMA E PAP
[Federica Pellegrini]
Primo settembre 2015, Las Vegas. Dentro la Wedding Chapel “A Special Memory” una coppia matura si sta sposando per la seconda volta. Sembrano usciti da una puntata di Grease: lei indossa un vestito bianco a pois con la gonna a ruota e le ballerine rosa; lui giacca in jeans sui bermuda bianchi con cravatta e pochette in tinta con l’abito di lei. Quando si scambiano le promesse, i testimoni non riescono a trattenersi e cominciano a piangere a dirotto: sono i figli, Federica e Alessandro Pellegrini.
«Pensare che ci sembrava una stupidata e invece è bastato guardarci e si sono aperte le cataratte, eravamo tutti commossi», racconta Federica la Divina, seduta su un divanetto dell’Hotel Bivio di Livigno, dove si sta allenando con la Nazionale di nuoto per i prossimi Mondiali di Windsor in vasca corta, in Canada. Bella, magra, raddolcita dai ricordi che riguardano le persone che più ama al mondo: il padre, la madre e il fratello. «Ogni anno facciamo un viaggio noi quattro da soli, è un mio regalo, anche se poi il vero regalo, per me, è vedere le loro facce piene
di meraviglia quando fanno per la prima volta un’esperienza che io già conosco».
Nella città dei casinò. Non era proprio un matrimonio, anche se il nuovo certificato è agli
atti di famiglia. «I miei dovevano festeggiare i
30 anni di nozze e mia madre aveva espresso il desiderio di ripetere le promesse a Las Vegas
con una nuova cerimonia». Al quartetto si è uni-
to, come eccezione, Filippo Magnini. «Sì, c’era
anche Filo, lo attirava troppo l’idea della città dei casinò e mi ha chiesto se poteva venire. Abbiamo alloggiato al Wynn, che era stato riaperto da pochi mesi: cerco sempre di andare negli hotel nuovi di zecca perché in America fumano molto nelle stanze e a me l’odore dà fastidio. La mattina è venuta a prenderci una limousine bianca per portarci alla cappella, dove un francese ha officiato il rito in un italiano un po’ stentato, ma buffo. Si è impegnato molto, lo devo ammettere, mentre un finto Elvis cantava Love me tender e I can’t help falling in love with you».
Dopo i pianti di tutta la famiglia, gli sposi sono tornati in hotel a piedi, scortati dalla prole. Federica racconta: «Avevo preso per mia madre la fascia con la scritta “Just Married” e quindi chi ci vedeva gridava: “Congratulations”, “Bravi! Bravi!”. È stato molto divertente. Dopo la cerimonia, che era alle 9, eravamo affamati e abbiamo fatto una super colazione con cappuccino, brioche, muffin, uova, bacon. Poi, via a giocare al casinò, mia madre è impazzita per le slot machine». I festeggiamenti erano cominciati la sera prima con l’addio al celibato/nubilato. «Siamo andati a cena nella Fremont in un posto troppo kitsch, con le cameriere vestite da infermiere, era tutto a tema ospedaliero: per dire, quando arrivavi ti facevano indossare il camice, il vino te
lo portavano nella flebo. La regola era che
potevi mangiare tutto quello che volevi, ma
non dovevi lasciare nulla nel piatto, altri-
menti avresti preso le palettate sul sedere.
Pensavamo che sarebbe stato un gioco, tut
to per finta, e invece quando mia madre ha
lasciato gli avanzi mio padre si è immolato
e queste cameriere-infermiere gli hanno
tirato delle palettate fortissime, si vedeva
proprio che soffriva. Alla fine le stesse ca
meriere lo hanno abbracciato. Bel modo di
fare l’addio al celibato: a prender sculaccia-
te... Mio fratello non vedeva l’ora!». Di quel
viaggio fanno parte anche le turbolenze del
rientro, durante il volo interno da Las Vegas
a New York. «Mia madre era terrorizzata».
Ed è ormai una barzelletta l’ansia con la quale il padre si è preparato alla partenza. «È inutile, la vive male: deve arrivare all’aeroporto almeno quattro ore prima, se no non è tranquillo».
A Ibizia con la chioma nera. Questa è stata una vacanza molto speciale. Ma è comunque difficile, per Federica, fare una classifica. «I viaggi sono tutti diversi. Dipendono da come sei tu in quel momento, da cosa ti aspetti prima di partire. Ne ricordo uno bellissimo del 2007 con una mia amica che si chiama Flavia, ora ci siamo un po’ perse di vista. Andammo a Ibiza io e lei da sole: ricordo queste uscite serali fino all’alba, ci mettevamo a letto alle 8.30 del mattino e ci alzavamo nel tardo pomeriggio. Io mi ero fatta nera corvina, giravamo in scooter: era la prima volta che gustavamo la nostra indipendenza». A far la valigia, se possibile, è peggiorata nel tempo. «Ne porto una per settimana, di quelle belle grosse con le quattro ruote. Voglio che ci stiano dentro tutte le cose di cui penso di aver bisogno, anche se poi lo shopping lo faccio lo stesso!». Quando viaggia per le gare non scorda mai il cuscino. «È importante che il collo riposi bene». Un altro accessorio che non manca mai è il profumo. «Spesso lo spruzzo sul letto appena arrivo in albergo, mi fa bene essere accolta da un buon odore. D’estate preferisco quelli agrumati, d’inverno gli speziati». Come bagaglio a mano porta solo lo zaino. «Più è leggero, meglio è; l’ho imparato a mie spese. Dentro c’è l’indispensabile: passaporto, mascherina per dormire, telefono, kit da bagno, spazzolino e dentifricio, salviettine igieniche, crema idratante, un libro e le cuffiette per ascoltare la musica». Prende un aereo dopo l’altro da quando aveva 12 anni ed è entrata nella nazionale italiana di nuoto. «Però quelli non sono viaggi turistici, è impossibile: l’unica cosa che vedi sono gli aeroporti e le piscine, non riesci mai a fermarti a goderti le città. A Rio, per esempio, non ho visto né il Cristo Redentore né le spiagge, sono stata solo al villaggio olimpico». Il suo obiettivo dichiarato è di fare la quinta Olimpiade a Tokyo. «Mi sto allenando per quello. Ma il Giappone vorrei visitarlo prima con calma, sogno di vedere le spiagge. Amo molto la loro cultura, il sushi, e vorrei andarci senza aspettare il 2020, libera di fare la turista».
Semplicità pugliese. Quest’ultima estate, funestata dalle mancate medaglie olimpiche, è riuscita a staccare e a riprendere fiato ancora una volta con i genitori, in Sardegna, e poi con Filippo, in Puglia. «L’abbiamo girata da Nord a Sud, siamo stati in due masserie bellissime. Certo, il mare non è bello come quello sardo. Però abbiamo scoperto una terra molto semplice e incontaminata. Un pomeriggio eravamo in spiaggia e abbiamo visto un pescatore venir fuori con questo polpo... Bene, lo ha sbattuto davanti a noi, non so cos’altro gli ha fatto, e poi ce lo ha fatto assaggiare lì, crudo: era salatissimo, ma buono. Un’altra volta abbiamo fatto una bellissima passeggiata a cavallo sulla scogliera: Filo aveva paura e gliene hanno dato uno un po’ bassino». E ride a quella immagine. Oltre ai paesaggi da cartolina di Ostuni, Alberobello, Otranto, e ai tramonti mozzafiato, le sono rimasti impressi gli ulivi secolari. «Fantastici: ti fa impressione pensare da quanto tempo sono lì». Anche in questo viaggio non ha dimenticato il solito souvenir con cui torna sempre a casa. «Deve essere un oggetto con un gatto, per mia madre: dalla Puglia le ho preso un bellissimo piatto dipinto a mano con colori accesi e il gattone al centro».
Al viaggio di nozze ancora non pensa. «Ma non sarebbe male una festa con gli amici e, perché no?, partire tutti insieme. Non so dove, purché al mare, d’estate».