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 2016  novembre 17 Giovedì calendario

FIORAVANTI: «NUOTAVO DA URLO»

È la prima vera medaglia d’oro che Domenico Fioravanti sente di aver vinto nel suo dopo-carriera iniziato dodici anni fa quando il campione di Trecate fu costretto a lasciare il nuoto a causa di una malformazione cardiaca. Erano passati appena quattro anni dal magnifico doppio oro olimpico di Sydney a settembre 2000: 100 e 200 rana e l’urlo rimasto nella memoria degli italiani per regalare anche alle piscine un’espressione celebre come la corsa di Marco Tardelli sul prato del Bernabeu nella finale Mondiale di Spagna del 1982. Da allora Domenico, 39 anni, ha provato a fare tante cose. Ma non è stato facile: non aveva ancora compiuto 27 anni al momento della diagnosi definitiva. E aveva appena scritto la storia dello sport italiano: prima di lui nessun italiano aveva mai vinto un oro ai Giochi nel nuoto (nella stessa edizione ci riuscirà anche Massimiliano Rossolino) e mai nessun atleta in assoluto era riuscito a ottenere l’accoppiata 100 e 200 rana nella stessa edizione delle Olimpiadi. Per capire cosa ha fatto il campione, nato alle porte di Novara, basta scorrere il medagliere azzurro a cinque cerchi: l’Italia ha vinto 5 ori in piscina nella storia olimpica, due li ha conquistati Fioravanti. Il 40% delle vittorie di una Paese di 60 milioni di abitanti in quello che forse è il terzo sport per importanza dopo calcio e atletica. Un gigante che ha dovuto scendere dal piedistallo quando era ancora ragazzo.
«Non è facile per un atleta smettere. I primi tempi non sapevo cosa fare: rischi di passare le giornate a guardare la tv o fissare il soffitto. Ho fatto tante cose in questi anni. Ma per la prima volta sento di avere qualcosa di mio. È bello, ti spinge a dare qualcosa in più», racconta Domenico parlando della sua nuova attività: l’impresa fondata insieme al socio Nicolò Dell’Andrea, ex nuotatore, a San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona, a circa 80 chilometri da Brescia la città dove vive insieme con la moglie sposata pochi mesi fa. L’azienda si chiama Akron e ovviamente la sua attività è legata al nuoto: produzione di costumi da bagno per atleti e squadre. «Viaggio per proporre i nostri costumi alle società sportive. Recentemente sono stato in Svizzera. Sto imparando a fare il venditore». Per parlare della sua nuova vita da imprenditore Fioravanti è intervenuto nei mesi scorsi a Milano a un convegno dedicato al dopo-carriera degli atleti: EduCare Sport, organizzato da BNL Paribas. Tra i relatori, l’ex cestista Antonello Riva. In platea l’ex centrocampista Stefano Eranio e l’ex Ct dell’Ital-basket Sandro Gamba e il gigantista Max Blardone che ha da poco lasciato l’attività agonistica.
Il settore della sua attività imprenditoriale è rimasto l’unico legame con il mondo del nuoto: «Non entro più in piscina. Gioco a calcetto una o due volte la settimana insieme agli amici, da vero italiano medio. Il calcio è la mia passione anche da tifoso vista la mia passione per la Roma. E ho iniziato con lo yoga. Non sembra ma è faticoso anche per il fisico». Interrotti anche i rapporti con la Federazione dopo alcuni incarichi come consulente per i Mondiali 2009 a Roma e accompagnatore delle Nazionali giovanili: «Mi hanno aiutato molto dopo il ritiro. Mi sono stati vicini. Ma non è facile lavorare con loro. Ho fatto proposte, ma non sono state accolte», spiega Fioravanti con un accenno molto chiaro considerando il suo carattere schietto e poco incline alla finzione: «In certi ambienti non va bene se sei troppo diretto e sincero. Io non sono uno yes man. Se devo dire che qualcosa non va bene, lo faccio. Purtroppo sono fatto così: se uno mi sta antipatico, si capisce subito. Una volta questo era un pregio, adesso è diventato un difetto». Così, come spesso succede in Italia (basta vedere il caso di Paolo Maldini nel calcio), gli esempi più straordinari di una disciplina sportiva non vengono sfruttati al termine della loro vita agonistica. Forse anche per questo motivo, quando parla del nuoto, Domenico non riesce proprio ad affrontare il discorso dei suoi sentimenti con distacco: «È stato il più grande amore della mia vita perché mi ha regalato emozioni uniche. Ricordo quando sono tornato da Sydney. A Trecate c’era tutto il paese in piazza con la banda a suonare per festeggiarmi. L’anno dopo ai Mondiali sono arrivato 2° e c’erano solo i miei genitori ad accogliermi. Lì ho capito la differenza tra oro e argento - sorride - ma il nuoto è stato anche il più grande odio perché la sofferenza del ritiro è stata tanta. Ho dovuto lasciare per piccoli problemi cardiaci. Un po’ di cloro resta sempre addosso anche se non entro più in vasca. Anche per questo motivo preferisco non rivedere mai i filmati dei miei successi. Lo faccio solo quando sono costretto perché mi invitano per inaugurare qualche piscina. Ormai è un’altra vita. Poi non sono uno che se la tira. Quelli che se la tirano sono altri…». E per tirarsela ancora meno Fioravanti, prima delle Olimpiadi, avrebbe desiderato che qualche altro nuotatore italiano riuscisse a conquistare un oro a Rio 2016, sedici anni dopo i “suoi” Giochi. È stato accontentato da Gregorio Paltrinieri, trionfatore nei 1.500 stile libero. Domenico sapeva in anticipo che Greg poteva ambire al successo: «Ho sempre creduto che potesse essere una sorpresa positiva in Brasile. Anche per l’oro. Un atleta compete per arrivare primo». Il fuoriclasse di Trecate aveva pronosticato due medaglie, ne sono arrivate tre perché Gabriele Detti ha completato con due bronzi l’exploit di Paltrinieri: «È andata bene così. Meglio dire due e vincerne di più che fare il contrario. In realtà pensavo che avrebbe potuto salire sul podio Federica Pellegrini oltre a Greg. Ma sapevo che non potevano uscire dal cilindro degli outsider. Per salire sul podio in un Olimpiade occorrono tanti fattori: bisogna gareggiare tre volte al giorno. Questo implica la capacità di dosare le proprio forze senza dare il massimo nei primi turni e riuscire a reggere la tensione di un grande evento. Non sono qualità mentali che si improvvisano in pochi mesi. In Italia siamo abituati bene ormai tra Europei e Mondiali, ma le medaglie olimpiche non sono mai state tante. A Sydney nel 2000 ne abbiamo vinte come in tutte le altre edizioni precedenti».
Difficile tornare a quei tempi anche perché adesso non c’è più una figura storica come Alberto Castagnetti, il tecnico che ha guidato tanti azzurri alla vittoria, scomparso nel 2009: «Da solo reggeva un movimento. Per me è stato un secondo padre. Era un tecnico severo e uno psicologo: bastone e carota. Era preparatissimo: girava il mondo per aggiornarsi. Andava negli Stati Uniti e in Australia per vedere come si comportavano i movimenti più evoluti». Castagnetti, nato a Verona, la città vicino alla quale ha sede la nuova azienda di Fioravanti e dove Domenico si allenava in vasca, insieme al suo attuale socio Nicolò. Quasi un modo di unire con un filo le due vite dell’ex nuotatore.