Malcom Pagani , Il Fatto Quotidiano 16/11/2016, 16 novembre 2016
FUORI ANCHE IL NIPOTE, LA LOLLO E L’ASSISTENTE SOLI CONTRO IL MONDO
Gli scatoloni ammassati, le Fiat Panda della Polizia, il fabbro, il medico, l’ufficiale giudiziario. La quiete apparente delle nove del mattino, gli attori in commedia, la liturgia tipica di ogni sfratto. Quello metaforico dalla vita di Gina Lollobrigida, i parenti l’avevano ricevuto da un pezzo. Quello tangibile, allo scopo di allontanare dalla dependance della sua villa in via Appia Dimitri Skofic, il ragazzo che la occupava, suo nipote, il figlio di suo figlio Milko, sarebbe dovuto andare in scena ieri, quando il mezzogiorno era ancora lontano. Non c’è stato duello western perché gli avvocati delle parti si sono accordati per rimandare l’inevitabile di una settimana. Giorni, ore, minuti.
Comunque andrà, finisce un’epoca. Ora, in via Appia, in luogo dei familiari, brilla la stella di Andrea Piazzolla. Ad assistere alle trattative sullo sfratto c’era anche lui, il ragazzo romano arrivato alla corte della “bersagliera” da tuttofare senza galloni e diventato comandante in carica dopo un viaggio con Gina in America. All’epoca, nel 2010, Lollobrigida era preoccupata. Desiderava rientrare in possesso di alcuni documenti consegnati all’avvocato di New York, Michael Mazzariello e da lui conservati. Piazzolla, facendo sentire Lollobrigida protagonista di un noir Anni 40, li recupera acrobaticamente sottraendoli senza permesso. Una volta aperto, lo scrigno restituisce poco. Qualche catalogo, la sentenza di patteggiamento che condannava Swarovski per frode in commercio, un contratto non firmato tra Lollobrigida e una società americana e una piccola scultura in bronzo, ritraente piazza San Pietro.
Ma più di quel che Piazzolla riporta, conta il gesto. Gina, folgorata dall’impresa, aspetta solo l’annunciazione e non bada ai dettagli. È quello l’istante in cui, rapita dal gesto dannunziano, Gina Lollobrigida in arte Lollo, torna bambina e si fa conquistare. Decide che Andrea Piazzolla, da signor nessuno, diventi indispensabile. Invece di tornare subito in Italia, Gina e Andrea si sistemano in un elegante albergo della Grande Mela per un mese. È lì, in un video ancora visibile su YouTube che Piazzolla e Gina danno un assaggio di quel che sta succedendo. Lui indossa una maglietta con il logo di Superman e un paio di bermuda a righe. Lei veste un abito nero con gli alamari d’oro e sembra lievemente imbarazzata. La telecamera li riprende sullo sfondo di una finestra affacciata su un grattacielo. Discutono dell’impresa di Piazzolla: attaccare su un ponte uno striscione con un messaggio d’amore scritto a quattro mani con Gina: “Love is like a perfume /irresistible when found/ impossible to forget” (“Abbiamo speso tante energie per farlo”, dice mellifluo Piazzolla nel video) con il fondato rischio di essere arrestato dalla Polizia. “Se ci riusciamo possiamo raccontarlo”, dice lei e lui – protendendosi verso una marmorea Lollo: “Ricordi quella sera da Mazzariello? È stata una follia!”. Lei è interdetta, muove la mano sinistra in alto, accenna a un sorriso forzato, non sa che dire: “Vabbè, Mazzariello…”. Lui incalza: “Però ci sono riuscito dai”. Lei concede un “è andata bene, è andata bene, ma qui c’è la Polizia…”, e Piazzolla si lancia nella descrizione delle sue imprese: “Lì incontro la prima telecamera, lì la seconda, lì la terza… ho circa dieci minuti per mettere lo striscione… spero di non dovermi buttare giù dal ponte”.
Il crescendo è sinistro. “Oggi hanno messo una bomba a New York”, dice. Gina risponde che c’è sempre qualche pazzo in giro e poi aggiunge: “Tu sei un altro pazzo che fa una cosa innocente… ma per la polizia…”. Segue dimostrazione pratica con musica rock in cui si vede Piazzolla attaccare lo striscione. Gina ha trovato l’eroe dei suoi vent’anni, Andrea Piazzolla. Da allora in poi, i rapporti tra Gina e la famiglia, non saranno più gli stessi.
Il Minotauro di Tor de’ Cenci e le spese pazze
Tutto istinto e furia cieca, al ritorno dal viaggio, il Minotauro di Tor de’ Cenci inizia a darsi alla pazza gioia. Spende e spande (a scorrere l’impressionante serie di macchine acquistate dall’ex nullatenente spiccano una moto Ducati da 50 mila euro, una Mustang da 90, una ‘Rossa’ da 310 e una Mercedes da 230) e nel frattempo, mette in cattiva luce davanti a Gina i propri nemici. Per farsi strada, non c’è altra via che cancellare dall’orizzonte quei fastidiosi parenti che dopo la separazione tra il figlio e la nuora, non solo ancora abitano nella dependance, ma secondo i piani stanno per godere, con il beneplacito di Gina, della creazione di un trust.
L’attrice ha pensato di garantire al figlio Milko e al nipote utili economici in linea retta nel caso di malaugurata scomparsa o improvvisa malattia della celebre parente. Il trust – con tanto di ipotesi di futura trasformazione della villa sull’Appia in museo – avrebbe protetto il patrimonio nei confronti di chiunque e avrebbe garantito un reddito al figlio, ma la Lollo dopo aver dato il beneplacito alla sua creazione (nel febbraio 2011), lo revoca su consiglio di terzi rendendo aggredibile e vendibile il patrimonio immobiliare.
Dopo il viaggio negli Usa, Lollobrigida cambia atteggiamento con le amicizie di un tempo. Vede truffatori e approfittatori ovunque e inizia a scorgere nei propri storici collaboratori profili infidi e inclini al tradimento. Piazzolla si muove da deus ex machina. Contatta il costruttore di macchine Horacio Pagani. Sventola nuove su un ricco e fantomatico progetto volto a unire “arte e scienza” e mentre dal suo nuovo regno filtra le telefonate della Lollo e rende ispidi gli scambi dialettici tra Gina e il resto del mondo, insinua dubbi sui vecchi amici e in breve tempo fa tabula rasa del recente passato.
Per improvvisa decisione di Gina Lollobrigida, vengono allontanati la governante Almaz, il giardiniere Giancarlo, la signora Maria Grazia – la donna che aveva presentato inconsapevolmente Piazzolla e Lollobrigida –, persino l’architetto Giorgio Bonini, l’uomo che era stato vicino all’attrice in momenti difficilissimi e che senza stipendio – per pura devozione – si era occupato per anni dei suoi affari. Tutti liquidati con una comunicazione gelida, una email impersonale, tutti tacciati di essere potenziali spie, tutti messi alla porta senza un vero perché. In breve tempo sono disattese anche le promesse ai familiari, la metamorfosi si compie e il vento fa il suo giro. Gina cambia idea sul trust e su tutto il resto. Nomina Andrea Piazzolla amministratore unico della Vissi d’arte Srl (la società italiana di Gina Lollobrigida) e successivamente gli cede anche la carica di gerente della società monegasca Sci Dousoline, proprietaria, tra le varie cose, anche della Vissi d’Arte.
Un gesto non solo formale, perché la carica comporta la titolarità di conti correnti bancari, sia italiani che esteri, nonché la possibilità di agire indisturbato. Da gerente della società, Piazzolla può fare qualunque cosa: concedere fideiussioni, garanzie, sottoscrivere leasing per acquisto di autovetture, accendere mutui. Mentre Piazzolla si impegna nelle nuove attività, Gina taglia i ponti con il passato. Si nega al telefono con i parenti, fa bloccare l’accesso alla pompa per l’irrigazione del giardino della dependance, fa erigere enormi tendoni che coprano la visuale e costruire un’enorme piscina rialzata nel campo da tennis abbandonato che confina proprio con il villino dove dorme e studia Dimitri Skofic, il suo unico nipote, a uso esclusivo di Piazzolla e dei suoi amici, ormai padroni del luogo in cui sono ammessi – anche nel ruolo di impiegati, con regolare stipendio.
Sono i giorni del golpe che prende prima la plastica forma della revoca del comodato d’uso dell’immobile (la dependance dello sfratto di ieri, rimandato di soli sette giorni) e poi quelle dell’amaro paradosso. La nomina di Andrea Piazzolla come amministratore unico della Vissi d’Arte Srl, la società di Gina Lollobrigida, è la conclusione di una vicenda in cui sulla prudenza hanno prevalso spregiudicatezza e muro contro muro.
Dimitri Skofic, il nipote a cui sua nonna dedicava libri non disdegnando di averlo accanto in privato, all’apertura delle mostre e nelle occasioni ufficiali, non fa più parte del mondo di Gina Lollobrigida. La denigrazione ha prodotto la distruzione di molti legami. Quello con il figlio di Gina, Milko. E quello con Dimitri che amava il teatro e sognava di ripercorrere le orme di sua nonna. Tra una moto ad acqua, un post sui social e una transazione bancaria, sul palco ha preso piede Piazzolla. Attore unico sulla scena. E ora mattatore senza più ostacoli. Per fermare la deriva e impedire che una brutta recita devastasse la realtà con la cacciata dei propri parenti dalla dependance che la stessa Gina, per averli vicino, aveva fatto ristrutturare, Milko Skofic jr. provò a far affiancare la madre da un amministratore di sostegno con intento di tutelarla e controllare i bilanci e l’operato di un giovane e inesperto collaboratore “tuttofare” senza vere referenze né studi professionali.
Una premura da alcuni giudicata eccessiva. Una mossa forse improvvida, che il tribunale ha archiviato in attesa di nuove tempeste giudiziarie. Allora, in aula, Gina Lollobrigida parlò e sembrò saper provvedere a se stessa e la decisione del giudice rappresentò per lei un’apparente vittoria. Un risultato ottenuto però grazie a un pregresso accordo con il figlio Milko. Lui aveva ritirato la causa dopo che la stessa Lollobrigida aveva dichiarato davanti al giudice che avrebbe acconsentito al suo fattivo ingresso nell’amministrazione delle tre società. Intenzione poi ritrattata con una laconica email (spedita a Milko Skofic dalla Lollo il 28 luglio, al posto degli auguri di compleanno) escludendolo da ogni futuro ruolo finanziario. Una lettera gelida e definitiva. Un tradimento che Milko jr. ha incassato in silenzio pur di non sostenere una lunga e dispendiosa battaglia legale con colei che lo aveva messo al mondo. Ma la guerra non è finita e i generali di entrambi le parti non torneranno verso la collina. I familiari gridano all’ingiustizia. Lollobrigida non recede di un millimetro. Gli avvocati sono lì, schierati. La possibilità di una riconciliazione è impossibile.
Chi è veramente l’Andrea Piazzolla che racconta di sogni, piani e scalate su Facebook e chi è oggi Gina Lollobrigida? La donna che incitata da Piazzolla gira in Go-Kart su un circuito deserto inanellando giri nel nulla che somigliano in egual modo a una proiezione e a una metafora? O la signora un po’ irritata che tuona contro gli “avvoltoi ansiosi di mettere mano al suo patrimonio”? Sono domande senza risposta perché – dice Gina con un po’ d’enfasi, prendendosela con una certa stampa –: “Evidentemente c’è gente così desiderosa di notizie da sferrare un attacco senza precedenti contro di me che, invece, preferisco il silenzio e nessuna pubblicità sulla mia vita privata”. Discorso chiuso. E nebbia sul presente di una donna di 90 anni e di un ragazzo nato nel 1987. Bigottismo? Coercizione della libertà? Intrusione nella sfera privata e nel libero arbitrio? Forse. E forse, più probabilmente, no. Ultimamente, senza filtri, nella domenica di Canale 5, l’Italia è venuta a conoscenza del matrimonio per procura di Gina Lollobrigida con lo spagnolo Javier Rigau. Una vicenda complicatissima, degna della miglior commedia all’italiana, che imputa all’uomo d’affari catalano un matrimonio celebrato per procura con la Lollo nel 2010 in Spagna. Dai tribunali spagnoli, quell’unione è considerata validissima. Quelli italiani decideranno a breve. Proprio a fine novembre, con un risultato che potrebbe sorprendere chi ha già bollato Rigau di ignominia con sospetta fretta, i protagonisti si rivedranno in aula (Rigau è difeso dall’avvocato Gentiloni di Roma) con esito e verdetto assai incerti. Intanto, per la gioia dello share e del trash, i due duellano sotto l’occhio delle telecamere. Lui risponde alle affermazioni di Lollo: “Non ci siamo mai sfiorati”, spiegando che al primo incontro, senza neanche dirsi ciao, si tolsero subito i vestiti per “scopare”. Lei gli dà del “pedofilo”. Osservando si avverte un imbarazzo non dissimile da quello che si è respirato nelle aule di giustizia quando Gina, che in quegli spazi claudica, è stata chiamata a rendere conto di passate leggerezze. Si diede alla spregiudicata rissa legale con Lorenzo Zichichi, figlio del fisico Antonino, accusato di frode in commercio per poi vederlo assolto.
Uno dei tanti colpi di scena della sua vita. L’ultimo, quello che riguarda il rapporto tra Gina Lollobrigida, il figlio e il nipote, è il più triste perché è l’unico che non possa conoscere reversione.
Il finale di un film lo cambi, quello della realtà non lo modelli. Sotto le luci di una ribalta che lascia fuori dall’uscio il sentimentalismo, le cose sono andate male. Le parole finali, affidate a un profilo Facebook ormai in disuso, sono ancora di Piazzolla. Il titolo: “Nulla è impossibile per chi crede” è tutto un programma.
Seguono asserzioni e confessioni in serie. Piazzolla sostiene che la prima parola pronunciata nella vita sia stata Ferrari e si fregia – con la sola volontà dei sognatori – di essere addirittura diventato occasionalmente disegnatore degli interni delle rosse di Maranello. Ha fatto molto di più e lo ha fatto veramente. Ma, con saggezza, non se n’è più vantato.
2 – fine)