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 2016  novembre 05 Sabato calendario

IL FUTURO DI CHIARA APPENDINO APPESO ALL’EREDITÀ DEI CONTI DEL PD


“L’alternativa è Chiara”. Era questo uno degli slogan elettorali del sindaco pentastellato, Chiara Appendino, che ora invece si trova nel buio di un tunnel per l’intricato caso delle società partecipate del Comune di Torino. Vicenda che il 20 ottobre scorso ha portato la Guardia di Finanza a sequestrare alcuni documenti del bilancio del Comune e delle società Gtt spa (Gruppo Torinese Trasporti) e Infra.To (Infrastrutture per la mobilità) – le due partecipate finite nell’occhio del ciclone – nell’ambito delle inchieste avviate dalla procura di Torino e dalla Corte dei conti sul bilancio di Palazzo Civico. Alla base delle iniziative giudiziarie ci sarebbe un esposto di un consigliere dell’opposizione, il notaio Alberto Morano – ex candidato sindaco di Lega e Fratelli d’Italia – per una serie di discrepanze fra crediti e debiti.
In realtà, sarebbe bastato leggere la relazione illustrativa del rendiconto del bilancio 2015 per capire che qualcosa non quadrava. A pagina 43, nella scheda dedicata al nodo dei crediti/debiti fra le 45 società controllate e l’amministrazione comunale, mancano i dati relativi ai crediti verso Gtt e Infra.To, le due principali aziende del trasporto torinese. Nella casella dedicata ai debiti di entrambe appare la sigla n.d. (non disponibile), la stessa che si legge nelle poste crediti/debiti relative all’Agenzia della mobilità piemontese. In questo caso perché sarebbero in corso degli accertamenti, o almeno questa è la spiegazione fornita nella relazione illustrativa.

Il rebus dei numeri
L’esposto di Morano riguarda una discrepanza di 80 milioni di euro ma grande è la confusione sotto il cielo delle partecipate. «Se si sfoglia l’allegato alla relazione di bilancio sulle società controllate dal Comune ci si rende conto che non sono neanche riportati i debiti nei confronti delle 4 principali controllate più importanti che ammontano a mezzo miliardo», spiega il consigliere a pagina99.
Anche il leghista Fabrizio Ricca ha fatto una segnalazione alla Corte dei Conti perché, fatti i confronti, aveva trovato dei disallineamenti contabili sulle partecipate. Su queste basi ora gli inquirenti stanno verificando se sia stato commesso il reato di falso in atto pubblico, dal momento che la giunta dei Cinque Stelle ha approvato i bilanci di Gtt e Infra.To nel luglio scorso, senza aspettare che si concludesse un’ulteriore verifica sui debiti del Comune nei confronti delle controllate che operano nella mobilità torinese.

L’ipotesi del patto occulto
Da qualunque verso la si prenda, la questione delle società controllate da Palazzo Civico è maledettamente complicata. Se si incrociano i numeri emersi dall’inchiesta della magistratura ordinaria con quelli delle ultime relazioni dei giudici della Corte dei conti si arriva a numeri da far girare la testa: i crediti complessivi di Infra.To, che risalgono all’era Chiamparino e all’accensione dei mutui per alcune tratte della metropolitana, sono pari a 268 milioni di euro, mentre Gtt vanta crediti verso Palazzo Civico per 111 milioni. La situazione è così caotica che la procura ha deciso di analizzare a ritroso tutti i bilanci fino all’era Chiamparino, per capire quanti aggiustamenti ci sarebbero stati. E se sia vero, come ipotizzano gli inquirenti, che ci sia stato un patto di non belligeranza fra il Comune e le sue controllate per scaricare i debiti di Palazzo Civico sulle seconde e rimanere all’interno dei parametri del patto di stabilità.

Il sindaco ombra
Dopo il blitz della Guardia di Finanza il sindaco Chiara Appendino si è difesa sui social network, luogo deputato alla comunicazione del Movimento 5 Stelle. E sul suo profilo Facebook ha scritto: «A luglio la mia giunta si è trovata a dover approvare i bilanci di queste partecipate (Gtt e Infra.To, ndr) per non metterle in gravissima difficoltà, rischiando di ridurre servizi essenziali per i cittadini». Fonti bene informate riferiscono a pagina99 che il suo tallone d’Achille sia l’onnipresente capo di gabinetto Paolo Giordana. Dietro la decisione ci sarebbe lui. Entrato in municipio come staffista dell’allora assessore del Pd Paolo Peveraro, dopo aver collaborato con la giunta del futuro avversario Fassino, Giordana è diventato il consigliere più ascoltato dal sindaco. La sua influenza su di lei è tale che alcuni l’hanno ribattezzato “Il sindaco ombra”, una sorta di Cardinale Richelieu in salsa sabauda che mescola politica e religione. Ex seminarista, si è convertito alla fede ortodossa e frequenta la Chiesa autonoma del Patriarcato Autocefalo di Parigi, dove ora dovrà accendere molti ceri per uscire dall’intricato caso delle partecipate.

La rete delle società del Comune
Le partecipazioni dirette e indirette in enti e società di Palazzo Civico sono 120 (la cifra però ne comprende anche alcune che sono state messe in liquidazione). Secondo le opposizioni i debiti omessi avrebbero riportato la posizione debitoria complessiva del Comune a 4 miliardi. I vertici del Pd negano e affermano che il debito non supera i 3 miliardi, ma questa cifra non comprende l’esposizione finanziaria delle società partecipate che hanno acceso mutui per conto di Palazzo Civico.
Mentre si aspetta la verifica giudiziaria dei bilanci delle aziende coinvolte e del Comune, nel Partito democratico ognuno si difende come può. L’ex assessore comunale al Bilancio Guido Passoni ha dichiarato: «Vedremo se si tratta di un buco di bilancio, e non solo di un disallineamento». Roberto Placido, ex consigliere regionale del Pd, che ha sempre fatto della legalità il suo cavallo di battaglia invece è più severo: «Sulle responsabilità penali dobbiamo aspettare la fine dell’indagine della magistratura. Ma poi vorrei che fossero definite le responsabilità politiche, recenti e passate su una gestione apparentemente opaca dei bilanci». Chiappendino – così è stato soprannominato il sindaco per il buon rapporto con il governatore della Regione Sergio Chiamparino – è considerata da chi la conosce bene un’economista preparata, con master finanziario alla Bocconi, ma ora molti si chiedono se quando era all’opposizione durante la giunta Fassino, come vicepresidente della Commissione Bilancio, fosse o meno a conoscenza della voragine finanziaria del Comune dovuta soprattutto a una spregiudicata gestione delle società partecipate. Il casus belli di questa intricata vicenda politica – ora diventata giudiziaria – nasce da un contenzioso tra Infra.To e Gtt su una serie di crediti vantati dalla prima nei confronti della seconda: 44 milioni di euro (42 secondo Gtt) in tutto. Nella relazione sul bilancio 2015, la società di revisione dei conti di Infra.To spiega la controversia con Gtt – con cui l’azienda ha trovato la conciliazione sui crediti senza riuscire a riscuoterli – e ammette di essere a rischio di liquidità anche per i debiti legati ai mutui accesi per conto del Comune.

Come il Titanic?
Al di là del contenzioso sugli 80 milioni di debiti che sarebbero stati omessi – o nascosti – nel rendiconto del Comune relativo al 2015, il dato da ricostruire è quello del debito complessivo di Palazzo Civico nei confronti delle sue società controllate. Ora che il vaso di Pandora è stato scoperchiato, il sindaco di Torino ha un problema politico serio. Eletta per fare la differenza, Appendino ha creato anche molti mal di pancia alla sua base perché finora si è mossa con passi felpati, attenta a non dare strappi violenti. E poi, avvallando l’approvazione dei bilanci delle due partecipate che stanno rivelando l’incoerenza dei conti del Comune, si è trovata in trappola. Legata mani e piedi a un sistema di cui non faceva parte e che invece adesso potrebbe far saltare tutto perché se verrà dimostrato che i bilanci sono stati “aggiustati”, non ci sarà solo il reato penale del falso in atto pubblico, ma anche un debito complessivo che potrebbe portare Torino fuori dal patto di stabilità e al rischio del commissariamento. «Faremo la fine del Titanic», ha profetizzato di recente il capogruppo del Pd Stefano Lo Russo, durante una discussione sul bilancio delle due partecipate finite nell’occhio del ciclone. Il tempo dirà se ha ragione.