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 2016  novembre 13 Domenica calendario

LE BESTEMMIE LIRICHE DEI REGISTI MODELLO STÉPHANE BRAUNSCHWEIG

Pochi anni fa alla Scala venne allestito il Don Carlo(s), la più difficile tra le Opere di Verdi. È una cupa tragedia politica ove riscontri tutti i temi del Maestro: un amor paterno frustrato e mal diretto, la volontà di potenza, lo spirito della libertà, l’eros accettato solo se sublimato e rinviato a un’altra vita.

Nel quarto atto (della versione in cinque) e nel terzo (di quella in quattro) si assiste al terribile e grandioso scontro tra Filippo II di Spagna e il Grande Inquisitore: questi minaccia il Re e riesce da lui ottenere la condanna a morte dell’Infante; indi farà assassinare il più fido consigliere di Filippo. A un certo momento il Re tenta di ribellarsi all’Inquisitore: Tais toi, prêtre! gli ingiunge nella versione originaria; Non più, frate!, in quella in italiano.

L’Inquisizione era stata creata dai Domenicani (i Domini canes, i cani di Dio, come s’erano voluti chiamare, storpiando il nome del Santo loro fondatore): il terribile sta nel fatto che un semplice saio bianco e nero, indossato da un cieco di novant’anni, incute timore al Re più potente del mondo.

Ma alla Scala avevano chiamato un regista di nome Stéphane Braunschweig: questi sarà certo un intello e dalla sua biografia risulta aver fatto il liceo ma ignora quel che sanno pure i bimbi della scuola elementare: il Grande Inquisitore nella sua regia arrivava con la porpora cardinalizia.

Al liceo io imparai per esempio che il cardinale Gonzalo Francisco Jimenénez de Cisneros, reggente del Regno durante la minorità di Carlo V e Inquisitore, rifiutava d’indossare la porpora e lo fece solo per ordine papale ma continuando a porre sotto di essa il cilicio. Ma io ho fatto un buon liceo. Ho detto solo una delle cose frou-frou della regia di questo Braunschweig. Mi occupo di costui per un altro motivo. Il più che bravo direttore d’orchestra Giuseppe Grazioli, del quale mi sono più volte occupato, avrebbe dovuto dirigere la Norma di Bellini a Saint-E’tienne, la città della Linguadoca ove nacque (nel piccolo paese di Montaud) il grande Jules Massenet. Ma al mio amico è capitato che il teatro gli affibbiasse il regista Braunschweig.

Questi ovviamente ignora che le correnti edizioni del coro del secondo atto Guerra guerra! sono errate giacché ne omettono la conclusione religiosa che corrisponde alla parte lenta finale della Sinfonia.

L’autografo del coro siccome inteso dall’Autore si trova presso il Museo belliniano di Catania e i direttori d’orchestra avvertiti ben lo inseriscono nelle loro versioni, che sono disponibili sin dagli anni Trenta del Novecento, quando il primo a farlo fu Gino Marinuzzi che al Museo belliniano lo rinvenne.

E la nuova edizione critica del capolavoro, che dovrà presto apparire, farà concludere con l’arcana visione in La maggiore del Dio sovra un raggio di sol il brano.

Quando Grazioli ha comunicato al direttore artistico del “Théâtre Massenet” che bisognava aggiungere un pezzo di 60 secondi alla loro partitura questi l’ha fatto inserire.

Ma il regista ha imposto che esso venisse tagliato giacché non corrisponde alla sua visione dell’Opera. Di fronte a questo miscuglio di ignoranza e arroganza Grazioli ha rinunciato a dirigere: la Norma andrà in scena in questi giorni con un direttore che preferisce la fedeltà a un Braunschweig che a Bellini.

Ormai il mondo musicale e quello teatrale vivono quasi solo di siffatte miserie.

C’è ancora qualcuno che si meraviglia vedendomi felice perché da un anno non faccio più il critico musicale.