VARIE 11/11/2016, 11 novembre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - TRUMP E L’EUROPA LO SCONTRO CON JUNCKER ROMA - L’Europa si interroga sul futuro delle relazioni con gli Usa ora che il Commander in chief si chiama Donald Trump
APPUNTI PER GAZZETTA - TRUMP E L’EUROPA LO SCONTRO CON JUNCKER ROMA - L’Europa si interroga sul futuro delle relazioni con gli Usa ora che il Commander in chief si chiama Donald Trump. Su cui il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, scaraventa un giudizio di totale e preventiva bocciatura, per un profilo che non sembra al momento all’altezza delle grandi e obbligatorie responsabilità internazionali che gravano sul nuovo presidente della più grande potenza mondiale, arrivato alla Casa Bianca con lo slogan Make America Great Again, innegabilmente evocativo di una propensione all’isolazionismo fuori dal tempo. E nel dare il suo giudizio su Trump, Juncker porta a sostegno argomenti che dovrebbero scuotere l’orgoglio dell’uomo che ha sconfitto anche l’establishment repubblicano del proprio partito prima di vincere la corsa alla presidenza Usa a spese della democratica Hillary Clinton. Chi invece preferisce aspettare prima di prodursi in inappellabili verdetti negativi è Francois Hollande. Il presidente francese ha avuto in giornata un colloquio telefonico con Trump, come aveva fatto ieri Angela Merkel. Con la differenza che mentre la cancelliera tedesca si è genericamente richiamata ai valori condivisi dando appuntamento al nuovo presidente americano al G20 del 2017, nei loro sette o otto minuti di "buona conversazione", come li definisce l’Eliseo, Hollande e Trump si sono trovati d’accordo sulla necessità di "chiarirsi" su temi chiave come "guerra al terrorismo, crisi Ucraina, accordo sul nucleare iraniano e rispetto dell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico". In sostanza, Hollande vuole capire quanto della campagna elettorale di Trump resterà effettivamente nell’agenda del successore di Obama. Ovvero, se effettivamente Trump intenda privilegiare il suo rapporto con la Russia discostandosi radicalmente con il ruolo di contrasto rispetto alle mire espansionistiche di Vladimir Putin giocato da Obama in Ucraina come sullo scacchiere siriano. E se Trump diceva il vero quando, nel corso dei suoi comizi, annunciava di voler disconoscere l’accordo sul nucleare tanto faticosamente raggiunto con Teheran e di voler ridare fiato al carbone e agli oleodotti, accantonando l’impegno assunto a Parigi dal suo predecessore. Ma torniamo a Juncker. "Penso che rischiamo di perdere due anni aspettando che Donald Trump termini di fare il giro del mondo che non conosce". Questo il durissimo giudizio del presidente della Commissione europea sul presidente eletto degli Stati Uniti, che giunge pochi giorni dopo i toni ruvidi usati anche contro le contorsioni sulla legge di bilancio dell’Italia di Renzi e le rimostranze della Turchia di Erdogan sulla mancata liberalizzazione dei visti. Rispondendo alla domande del pubblico di studenti della conferenza "I costruttori dell’Europa", che si è tenuta a Lussemburgo, Juncker non ha nascosto i suoi timori sottolineando, senza alcuna diplomatica cautela, l’inesperienza del miliardario americano: "Bisognerà che gli spieghiamo in cosa consiste l’Europa e come funziona". Juncker, evidentemente indispettito perché il nuovo inquilino della Casa Bianca finora non ha risposto all’invito dell’Unione Europea di un incontro ai massimi livelli preferendo annunciare un bilaterale con la premier britannica Theresa May in vista di un accordo di libero scambio con il Regno Unito, si è anche spinto oltre: Trump rischia di "far deragliare" i rapporti con la Ue. "Purtroppo spesso ciò che si dice in campagna elettorale è vero", e con Trump alla testa degli Stati Uniti "rischiamo contraccolpi negli equilibri intercontinentali, nei suoi fondamenti e nella loro struttura. Detto questo, ho una lunga vita politica alle spalle e ho lavorato con quattro presidenti Usa". Sul tema, in giornata è arrivata da Londra la replica del ministro degli Esteri e stratega della Brexit, Boris Johnson: "I leader europei smettano di guardare con pessimismo alla vittoria di Donald Trump e guardino alle nuove opportunità economiche". L’opportunità è sicuramente ghiotta per una Gran Bretagna virtualmente fuori del mercato comune europeo, ha ammesso Johnson, "per incrementare quel rapporto con l’America che è di fondamentale importanza economica per noi. Ma - ha rilevato l’ex sindaco conservatore di Londra - anche di grande importanza per la stabilità e la prosperità nel mondo". Nel frattempo Juncker proseguiva con un nuovo, sprezzante affondo: "Gli americani, in generale, non hanno alcun interesse per l’Europa. Questo è vero per la classe dirigente e per l’America profonda. Non conoscono l’Europa. Trump ha detto durante la campagna elettorale che il Belgio è un villaggio da qualche parte in Europa. Quindi, bisognerà che insegniamo al presidente eletto che cos’è l’Europa e quali sono i suoi principi di funzionamento". L’elezione di Trump "pone delle questioni con conseguenze" potenzialmente "perniciose - ha sottolineato Juncker - perché viene messa in questione l’Alleanza transatlantica e quindi il modello sul quale si poggia la difesa dell’Europa". Inoltre, il nuovo presidente eletto "ha delle attitudini nei confronti dei migranti e degli statunitensi non bianchi che non rispettano le convinzioni e i sentimenti europei". A proposito dei migranti, il capo dell’esecutivo Ue ha poi affrontato i temi europei: tutti gli Stati membri, ha ribadito ancora una volta, devono fare di più per gestire la crisi dei richiedenti asilo, perché "non si può lasciare alle sole Italia e Grecia il compito di farsi carico dei migranti in arrivo". Juncker ha ricordato la strategia della Commissione per gestire la crisi, fondata sull’idea di redistribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, insistendo sulla necessità di solidarietà tra i Ventotto. FACEBOOK Credo che nell’intero staff di Trump non ci sia una persona che conosca certe parti del confine sud come me. Per oltre 10 anni l’ho visto in tutte le salse e con gli "occhi" di tutti (Border Patrol, dogana, proprietari di ranch, associazioni umanitarie). In sintesi. 1) il confine va protetto. 2) il problema maggiore oggi sono i trafficanti di droga. 3) ma il problema ancora piu’ grande e’ la domanda di droga da parte americana. Trump, essendo il re di New York, forse se ne intende. Paolo Mastrolilli facebook MARIA GIOVANNA MAGLIE SU DAGOSPIA La Borsa va alla grande, alla Chrysler hanno votato per Trump e salutatemi Marchionne, gran finanziatore della Clinton, i media non hanno fatto autocritica, anzi pare che fossero altrove, insomma no news, good news. Le manifestazioni erano scontate, non puoi alzare il livello del contrasto sociale come hanno fatto le due campagne Clinton e Trump, e poi far finta di niente, come hanno fatto gli stessi. Se poi c’è, come a New York, un sindaco privo di qualunque senso delle istituzioni, come Bill De Blasio, uno pronto a dichiarare che farà sparire i registri degli illegali, le proteste si rinfocolano. Certamente i latinos fuorilegge hanno paura. Per il resto, De Blasio come Cher e De Niro si troveranno qualcosa di divertente da fare, e magari a Michael Moore finanziano un film, così sta occupato. Infatti lo sapevate che Michael Moore, il regista campione di dietrologia che nei mesi scorsi prima aveva messo sull’avviso gli americani che Trump avrebbe vinto, poi aveva detto di essersi sbagliato, tranquilli che sarà Hillary, ora ha deciso di andare alla guerra e vuole sbarrare la strada a qualsiasi candidato di Trump alla Corte Suprema, formare un movimento di opposizione come non se ne vedevano dagli anni 60, pretendere che il presidente Obama istituisca un procuratore speciale sulle interferenze del Federal Bureau of Investigation e soprattutto preparare il terreno per l’impeachment di Donald Trump non appena violi la legge e il suo giuramento? Qualcuno dovrebbe spiegare a Michael Moore nell’impazzimento generale di questi giorni che perlomeno fino al novembre del 2018, data della elezioni di metà mandato, il presidente eletto Trump gode non solo dell’occupazione della Casa Bianca e dell’essere capo dell’esecutivo, ma anche della maggioranza alla Camera e al Senato; quindi nomina il giudice della Corte Suprema che manca, dopo la morte di Scalia, che gli pare, perché l’approvazione spetta al Senato, e dunque è maggioranza anche rispetto a qualunque tentativo di impeachment, e infine è molto difficile che nei due mesi che gli restano, con poteri obiettivamente dimezzati e le feste di Natale in mezzo, il presidente Obama, ammesso e non concesso che gli interessi ormai farlo, nomini alcunché prima del passaggio dei poteri e la cerimonia del 20 gennaio. Lo sapevate che Patty Wood, una signora esperta del linguaggio e dei movimenti del corpo, ha studiato l’incontro tra Donald Trump e Barack Obama alla Casa Bianca, e ci ha detto che tutti e due erano nervosi, pensa un po’, ma che facevano anche i maschi dominanti, cosa che si capisce dall’apertura delle gambe, e che Obama le teneva un po’ più aperte, quindi è un po’ più cazzuto? Peccato che per dirne una Trump potrebbe facilmente cancellare buona parte della politica estera di Obama, oltre che di quella commerciale e di quella assicurativo-sanitaria, praticamente con un cenno. La politica estera si poggia in parte su alcune decisioni unilaterali. È con gli executive orders, i decreti, che Obama ha evitato di sottoporsi al voto di Camera e Senato, dove era in minoranza, ma allo stesso modo col quale Obama ha esercitato i suoi ampi poteri, Trump potrà esercitare i suoi e cancellare tutto. Che poi è proprio quello che ha detto in un discorso di ottobre a Gettysburg, quando ha assicurato che avrebbe cancellato nel primo giorno di presidenza effettiva “qualsiasi azione esecutiva istituzionale memorandum e ordine emessi dal presidente Obama” . Per esempio l’accordo con l’Iran del 2015 che secondo i repubblicani ma anche alcuni democratici pone veramente pochissime restrizioni al programma nucleare in cambio dell’eliminazione delle sanzioni. E il ritorno a relazioni diplomatiche commerciali con Cuba? Anche qui Obama ha usato i privilegi esecutivi e Trump su questo è stato meno fermo perché ha certamente a cuore il mondo degli affari, però in Florida ha di recente raccolto i frutti della protesta dei cubani contrari a qualunque distensione finché non cada il regime dei Castro. Obama ha anche mandato truppe americane in Iraq Siria e Libia, quelle scelte politiche Trump ha detto di volerle tutte modificare perché non hanno portato a nessun risultato positivo, osservazione sacrosanta. Ma come? Ma a quanto pare nei 90 minuti di colloquio alla Casa Bianca non è di questo che hanno parlato soprattutto i due ex avversari costretti a essere interlocutori. Hanno parlato di accordi commerciali che al grande lobbista Obama futuro stanno particolarmente a cuore e che saranno nei prossimi mesi il centro della politica economica del nuovo presidente. Il quale all’uscita, ostentando la faccia non feroce che ha scelto dalla sera della sua elezione, ha detto di aver incontrato in Obama un brav’uomo, e di essere molto contento che l’incontro sia durato così tanto e non pochi minuti come lui si aspettava. Abbiamo meno notizie dalle due first ladies, se non che hanno preso il tè e che sono incerte le sorti dell’orto biologico di Michelle, che potrebbe diventare un campo da golf, cosa di cui personalmente dubito, ma anche una piscina con idromassaggio e mosaico Bisazza, altra cosa della quale personalmente dubito, visto che i Trump possiedono e l’uno e l’altra quasi in ogni regione del mondo, e godono di mezzi di trasporto privati, ora anche ufficiali. Lo sapevate che mentre si sta qui a dibattere su un risentimento razziale, immigrazione, ansia economica, elite politiche e via dicendo, tra gli elettori neri per Donald Trump è andata piuttosto bene, sicuramente meglio del suo predecessore Mitt Romney, il candidato repubblicano del 2012, che per mesi ha schiamazzato contro il neo presidente accusandolo di essere un razzista? E che Hillary Clinton ha preso un numero di voti più alto fra le donne, ma in tutto di 12 punti quando Barack Obama ne aveva presi 13, ovvero il boom delle donne che votano donna non c’è proprio stato. Invece i punti in più per Donald Trump tra gli uomini sono 12 a 1, per capirci meglio, tra le donne con una forte identità di genere Obama è stato molto più popolare della Clinton, e invece tra le donne che non ritengono il genere una parte particolarmente importante della loro identità la Clinton si è rivelata molto impopolare. Law and order sono stati il leitmotiv suggerito da Rudy Giuliani alla campagna e hanno portato il voto plebiscitario dei poliziotti, così Donald Trump ha chiamato questa mattina la vedova di Paul Tuozzolo, ucciso la settimana scorsa da un delinquente comune, Manuel Rosales, mentre sventava un furto in un appartamento; condoglianze e promesse di leggi durissime contro la criminalità, magari proprio con Rudy Giuliani, che però non sembra del tutto convinto di diventare Attorney General. A casa Clinton consumano il lutto ma non è detto che sia finita così perché Chelsea Clinton a quanto pare viene già preparata per il posto di deputato di New York che attualmente ricopre Nita Lowey, la quale ha 79 anni e sono circa 30 anni che rappresenta il XVII distretto del Congresso, e potrebbe ritirarsi. Stiamo parlando di Rockland WestChester e Chappaqua, ovvero la base upstate New York, suburbio chic dove si è insediata dal 2000 la famiglia Clinton, e dove è stata acquistata per undici milioni di dollari una seconda casa, dove sta per trasferirsi anche Chelsea col marito e loro due figli, lasciando così l’amata Manhattan. Gli addetti ai lavori stanno appunto alacremente lavorando sulla giovane e nevortica rampolla, che stando alle indiscrezioni è piuttosto dura di comprendonio rispetto ai brillanti genitori... Se la vedrà con Ivanka Trump? TITOLI PUBBLICI Nell’ultima settimana il mercato mondiale dei titoli pubblici ha perso mille miliardi di dollari. E’ la seconda settimana peggiore di sempre, dopo il crollo del 1981. Ed alla base della perdita di terreno ci sarebbe la preoccupazione degli operatori per la politica economica di Trump, incentrata su un aumento del debito pubblico americano e di un aumento dell’inflazione. Analogamente, il mercato azionario ha aumentato la capitalizzazione di 1.300 miliardi di dollari. L’impatto negativo del fenomeno - ricordano gli analisti di Bloomberg - non ha riguardato soltanto gli Stati uniti, ma si è esteso anche all’Europa. E ricordano come sia aumentato lo spread italiano, fino a condizionare i tassi sui titoli decennali saliti al 2%. A condizionare il mercato c’è anche l’attesa per uno (scontato) aumento dei tassi d’interessa da parte della Federal Reserve. Sul mercato attendono le scelte della Yellen per il mese prossimo. E da Francoforte osservano che le elezioni americane hanno finito per aumentare una tensione già in atto.