Sandra Rizza, Il Fatto Quotidiano 11/11/2016, 11 novembre 2016
TRATTATIVA, GIUDICE SMENTITO DAI PERITI: “IL PAPELLO È VERO”
Nella sentenza che ha assolto Calogero Mannino, il gup Marina Petruzzella aveva definito il papello un documento farlocco: “Frutto di una grossolana manipolazione”. Ieri, nell’aula bunker di Palermo, i tecnici della Scientifica hanno sostenuto il contrario, spiegando alla Corte d’assise che “sulla fotocopia consegnata da Massimo Ciancimino non è stata rilevata alcuna manomissione grafica o merceologica”. E in serata, il pm Nino Di Matteo ha commentato: “Per l’ennesima volta gli esperti hanno ribadito quanto avevano già più volte spiegato: che nel cosiddetto papello non c’è neppure un sospetto di manipolazione”.
Gli ufficiali di polizia giudiziaria citati nel processo Trattativa sono Maria Vincenza Caria, Marco Pagano, Annamaria Caputo e Sara Falconi in servizio a Roma: in aula hanno riferito l’esito degli accertamenti grafici e merceologici effettuati su tutto il materiale documentale offerto da Ciancimino jr. Primo fra tutti proprio il famigerato “papello”, l’elenco delle richieste che Totò Riina avrebbe rivolto allo Stato durante le manovre sotterranee della trattativa. Su questo documento, che fu tirato in ballo per la prima volta nel ’96 dal pentito Giovanni Brusca, e fu poi consegnato in fotocopia da Ciancimino jr ai pm di Palermo il 29 ottobre 2009, il gup Petruzzella, assolvendo in abbreviato Mannino ha speso parole di fuoco, definendolo una sorta di “patacca” confezionata in modo maldestro. Nella sentenza, depositata nei giorni scorsi, infatti, il giudice ha prima parlato di “una grossolana manipolazione”. E poi, pur conoscendo l’informativa della Scientifica che sul “papello” si è espressa nel 2010, il gup se n’è sbarazzata in poche righe: “Gli accertamenti sulla datazione –ha scritto- non assumono alcun rilevo, poiché di inchiostri, fogli di carta, cartucce di stampante datate, esiste notoriamente un mercato, anche funzionale alle falsificazioni documentali”. Ma non è tutto. Perché la Petruzzella, nelle sue motivazioni, ha stroncato pure il postino del “papello”, quel Massimo Ciancimino che nel processo trattativa è imputato per associazione mafiosa e calunnia: “L’analisi delle sue dichiarazioni – ha sentenziato – ha reso palese la strumentalità del suo comportamento processuale”.
Ieri, però, la Scientifica ha ribadito in aula le sue conclusioni sulla genuinità del documento. Rispondendo ai pm del pool Stato-mafia, i periti hanno spiegato che “la carta risale al periodo fra l’86 e il ‘90”, che la tecnica della fotocopiatura “è quella della fusione a caldo, usata tra la fine degli anni 80 e la metà degli anni 90”, e che non vi è traccia di “aggiunte, cancellature, o trasposizioni”. Nessun sospetto, insomma, di manomissione o alterazioni. Sono 48 in tutto i documenti consegnati da Massimo Ciancimino: 16 in originale e 32 in fotocopia. Uno di questi, che faceva riferimento a Gianni De Gennaro come persona vicina al misterioso 007 “Carlo-Franco”, risultò manipolato e per questa ragione Ciancimino jr fu arrestato per ordine dei pm di Palermo ed è sotto processo per calunnia anche a Caltanissetta. Proprio a Caltanissetta, tre giorni fa, durante la requisitoria del Borsellino quater, il pm nisseno Stefano Luciani ha scartato il “papello” dalle prove spendibili nel dibattimento: “Non possiamo ricondurlo ad alcuna paternità – ha detto – e quindi per noi non ha alcun valore probatorio”. A Palermo, invece, quel foglietto rappresenta la prova del ricatto di Cosa Nostra allo Stato. Su richiesta dei pm, la Scientifica ha comparato la grafia del manoscritto vergato in stampatello a quella di 32 persone vicine a Riina: nessuno è risultato l’autore. L’unica scrittura che non è stato possibile comparare è quella del boss: di suo pugno, infatti, esistono solo reperti in corsivo. Riina ha seguito come al solito l’udienza da Parma. Ma quando ha sentito la Scientifica, ha chiesto di rinunciare: è tornato in cella.