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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

BELLO ‘GODOT’: PERÒ DEVE ARRIVARE, SE NO È UN FLOP

Leggere Lolita, per qualche editore, era stata un’esperienza nauseante. Non potrà essere mica così brutta, così piena di nevrosi e di sogni perversi la realtà, no? E anche Fiesta, noioso, offensivo e volgare, scritto da uno che passa giornate intere nei bar a fumare e a ordinare brandy. Moby Dick, invece, doveva essere proprio una balena? Cioè, andavano bene i simbolismi e tutto, però una balena non è che fosse un animale così comune, e forse i giovani lettori avrebbero preferito un antagonista più riconoscibile.
Quale poteva essere il senso de La fattoria degli animali? Che forse, in quel periodo, c’era più bisogno di maiali dotati di spirito, che di comunismo?
E poi era impossibile vendere storie di animali, in America, lo sapevano tutti. Il Grande Gatsby, forse, sarebbe stato un romanzo perfetto, se solo non ci fosse stato il personaggio di Gatsby.
Meno male che Vladimir, Ernest, Herman, George, Francis Scott, non hanno voluto arrendersi, fermarsi alla prima o alle prime venti lettere di rifiuto da parte di un editore. Credevano davvero nelle loro storie, nel loro modo di raccontarle, nei loro sguardi, e in fondo sapevano di essere destinati a diventare Nabokov, Hemingway, Melville, Orwell, Fitzgerald.
Chissà cosa accadrebbe oggi, in un mercato editoriale tritacarne dove i libri spariscono nel giro di qualche settimana, a meno che non si tratti di casi editoriali, dove si scrivono romanzi di mille pagine che poi vengono letti perché sono lunghi, mica perché sono belli, dove gli editori scelgono un autore a seconda dei “mi piace” su Facebook o dei follower su Twitter e a volte, quando sono a corto di idee, si affidano a Wattpad per scovare i prossimi best seller della narrativa “young adult”. Oggi, sì, dove l’importante è vendere, anche a costo di nascondere l’identità dell’autore.
L’ha immaginato Riccardo Bozzi nel suo Caro autore. Come rifiutare un capolavoro, appena pubblicato da Bompiani (illustrato da Giancarlo Ascari e Pia Valentinis, pp. 112, 14 euro).
Cosa risponderebbe oggi un editore a Cervantes, se ricevesse il suo Don Chisciotte? Facile, che non bisogna smentire o inquinare l’immaginario comune: “I mulini a vento non sono in Spagna, i mulini a vento sono in Olanda, i mulini a vento SONO l’Olanda”.
Discorso simile per Guerra e pace, al posto della madre Russia l’America come scenario ideale, “la terra della libertà e dei produttori cinematografici”.
Il povero Proust, come agli inizi del Novecento, verrebbe snobbato e preso in giro per la mole della sua Recherche, per le sue infinite digressioni, persino per la scelta della madeleine come dolce della memoria, “quell’insignificante pezzo di pasta spugnosa che ti strozza in un sol boccone”. Sette volumi, più di tremila pagine, e addio per sempre all’insonnia, “antica maledizione del genere umano”. “Peccato che noi siamo una casa editrice”, scriverebbero a Marcel, “non una casa farmaceutica”.
Anche se Hemingway, per la sua storia personale e per l’aspetto, un po’ trasandato, con quella barba curata da hipster ante litteram, è a tutti gli effetti uno scrittore cool, Il vecchio e il mare non potrebbe mai finire nello scaffale di una libreria, ma sarebbe più adatto a una rivista come “Pesca in mare” o a siti come www.globalfishing.it.
I Dialoghi di Platone sarebbero impossibili da pubblicare, “non succede mai niente”, e anche se i personaggi bevono e mangiano di continuo, non viene mai nominato nulla che sia “riconoscibile come greco a livello internazionale”, come i souvlaki, l’ouzo o il bouzouki.
D’altronde, si sa, senza idee non si va da nessuna parte. A cosa servirebbe l’Inferno di Dante, quando c’è già quello di Dan (Brown)?
E L’isola del tesoro, dopo tutta la saga di Jack Sparrow?
E La metamorfosi di Kafka, sì, divertente, profondo, anche scorrevole a tratti, ma il titolo andrebbe cambiato, c’è già il libro di Ovidio, e i ragazzi di Amazon rischierebbero di impazzire con l’indicizzazione.
Potrebbe chiamarsi La strana storia dell’insetto Gregor Samsa che si trasforma in una splendida farfalla, così si può cambiare anche la storia, ecco, o almeno il finale, che magari poi la Disney si compra i diritti per un film.
Leopardi, Simenon, Bukowski, dovrebbero essere più allegri, troppa nebbia, troppa pioggia, troppo alcol, anche se il primo potrebbe avere un certo successo tra il pubblico emo.
Manzoni dovrebbe sostituire la Provvidenza con gli Angeli Custodi, che vanno molto nella letteratura new age, e Beckett invece dovrebbe cambiare il finale: “alla fine Godot deve arrivare”.
Cari scrittori di oggi e di domani, dovete scrivere una bella storia, avvincente, felice, magari con un lieto fine, non troppo lunga se possibile, e che abbia un titolo forte, immediato, efficace, se non volete che un editore qualunque vi risponda alla Bartleby, con il solito “avrei preferenza di no”.