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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

DONALD RENZ

I lettori ci perdoneranno se ci distraiamo un attimo dall’effetto Trump sulle sorti dell’umanità. Ma ben altro personaggio si impone oggi agli onori (si fa per dire) delle cronache, nazionali e non. Il suo nome è Ernesto Pellecchia, direttore dell’Ufficio scolastico regionale dell’Abruzzo. Ufficio che ha diramato ai dirigenti di tutti gli istituti della Regione un foglio d’ordini degno del Minculpop perché accorrano virili e numerosi con le rispettive scolaresche, pancia in dentro e petto in fuori, all’epocale evento di ieri “presso il Teatro Circus di Pescara”: l’inaugurazione del “XIV Festival delle Letterature con l’intervista da parte di Luca Sofri al Presidente del Consiglio Matteo Renzi”, a riprova del “contesto culturale attivo di scambi di idee e conoscenza” della manifestazione. Ergo si raccomandano un’“ampia partecipazione” e la “massima diffusione dell’iniziativa tra gli studenti e i docenti”. E, casomai questi pensassero di disertare il fondamentale appuntamento, l’ufficio provinciale di Pescara ha pensato bene di aggiungere che “in considerazione dell’impegno in orario extracurriculare, ai partecipanti verrà rilasciato un attestato di presenza” per ottenere crediti scolastici.
Non solo: l’imperdibile incontro fra i due celebri letterati, cioè il premier, autore di numerosi best-seller tradotti in tutto il mondo e il Sofri jr, figlio di cotanto padre e marito di cotanta direttrice di Rai3, è stato preceduto dall’inaugurazione – a opera del medesimo Statista di Rignano – di una scuola elementare a Spoltore (vicino a Pescara) appena adeguata alle norme anti-sismiche, con un apposito comitato di accoglienza formato da un manipolo di aitanti Figli della Lupa, selezionati per l’occasione e muniti di bandierine tricolori. Manca soltanto il motto: “Libro & Moschetto, renzista perfetto”. La notizia, rivelata dal sito Notizie Tiscali dopo che la circolare era stata pubblicata sui registri elettronici e i siti di varie scuole pescaresi, ha suscitato viva ilarità fra studenti, insegnanti, genitori e presidi, mentre il direttore dell’Ufficio regionale, Ernesto Pellecchia, annunciava “accertamenti”: “Non ricordo – ha dichiarato – di aver firmato io questo documento, deve essere stata una svista. Ritengo molto strano che si possa dare un attestato per questo tipo di iniziative, non ne ricorrono le condizioni”. La classica circolare a sua insaputa. Per pura sfortuna, lo zelante funzionario porta lo stesso cognome di Joe Pellecchia, leggendario personaggio di Totò a colori: un italoamericano originario di Caianiello che ha fatto fortuna in America.
Il pover’uomo tenta di arringare dal balcone i concittadini, ma è continuamente interrotto dalla banda diretta da Antonio Scannagatti, “eugenio della mòsica” e “Cigno di Caianiello”. La cronaca della memorabile intervista del signor Bignardi all’amico Matteo, che lui suole chiamare affettuosamente “capo”, l’affidiamo ai fortunati testimoni oculari e auricolari. Ma già immaginiamo le domande scomode e urticanti dell’intervistatore e le risposte stimolanti del premier-letterato. E ci auguriamo vivamente che, complice l’omonimia fra Ernesto e Joe Pellecchia, qualche attenzione sia stata dedicata al rapporto privilegiato che Matteo nostro vanta con gli States, grazie anche al suo perfetto inglese tipico dei madrelingua. Come dimenticare il suo beneaugurante appoggio – caso più unico che raro fra i premier europei, tutti piuttosto abbottonati tranne lui – alla campagna elettorale di Hillary Clinton, che lo ringraziò per il suo decisivo contributo (“Renzi mi appoggia per fermare Trump”)? E come non associarlo al suo risolutivo Sì nel referendum greco del 2015 sul diktat della Troika al governo Tsipras (infatti vinse il No) e al suo fondamentale No nel referendum inglese del 2016 sulla Brexit (infatti vinse il Sì)? In questa innata infallibilità che lo porta a non sbagliare un colpo, lo assiste da par suo un altro parente stretto di Joe Pellecchia: Jim Messina, il guru americano che non sbaglia un colpo, infatti ha aiutato Obama a regalare la Casa Bianca a Trump e poi, non contento, ha portato lo spagnolo Rajoy a non vincere due elezioni di fila e il britannico Cameron a stroncarsi prematuramente la carriera.
L’altra notte, mentre Hillary perdeva terreno a rotta di collo, il prode Jim che la sa sempre lunga aveva già capito tutto, infatti twittava giulivo: “I primi risultati della Florida sembrano molto molto buoni per Hillary”. Ora è confortante saperlo al comando del trust di cervelli che coordina la campagna del Sì al referendum costituzionale. Dev’esserci il suo zampino, nel geniale voltafaccia di Renzi, che improvvisamente tenta di far sparire il suo selfie con la Clinton e di cavalcare il cambiamento trumpista per trionfare col Sì al referendum. Testuale da Repubblica: “Anche in Italia, come negli Usa, la sfida è su chi incarna il cambiamento, così come è toccato a Trump rispetto a Clinton. E noi possiamo farcela” perché “i leader del No non possono incarnare il cambiamento”, mentre lui sì, altro che. E così, con agile piroetta, diventa il The Donald italiano: manca solo che si faccia tingere di giallo il ciuffo nero alla Fonzie. O magari nomini Briatore nuovo ambasciatore a New York, come gli ha suggerito la perfida Boschi. Anche Delrio, che fa politica da 20 anni appena, dichiara restando serio: “Il cambiamento siamo noi, dunque non penso che l’effetto Trump influirà sul referendum”. Ma il colpo di genio è l’ultimo post di Donald Renz: “È meschino polemizzare sull’invito di Obama ed è provinciale immaginare che aver sostenuto la Clinton abbia danneggiato l’Italia”. Infatti ha rovinato la Clinton.