Roberto Brambilla, Avvenire 11/11/2016, 11 novembre 2016
IL CALCIO DELL’EST AL DI LA’ DEL MURO
Germania Est, un calcio oltre il Muro Un calcio che non c’è più. E che sta riapparendo, solo adesso e sotto “mentite spoglie”, quelle della RB Lipsia in Bundesliga. Il pallone della Repubblica Democratica Tedesca è stato sempre considerato nell’Europa occidentale un oggetto misterioso, di cui si raccontava soprattutto una partita. O meglio la Partita, con la «P» maiuscola, cioè la vittoria per 1-0 della Nazionale della Ddr contro quella della Germania Ovest ai Mondiali del 1974. Un successo al “ Volksparkstadion” di Amburgo contro i futuri campioni del Mondo, guidati da Franz Beckenbauer che consegnò alla leggenda un attaccante 26enne del Magdeburgo Jürgen Sparwasser. Il calcio nella Ddr è fatto di tante piccole storie individuali e collettive, in cui il pallone si incrocia con le vicende di un Paese pieno di contraddizioni, tra dittatura e retorica, come la Germania Est. Vicende come quella di Reinhard Lauck che nel 1974, nella famosa partita tra le due Germanie era in campo, con il compito (riuscito) di annullare Overath e Netzer, ma che dopo un’onesta carriera tra Union e Dinamo Berlino, trovò difficoltà e reinserirsi nella società e che dopo la Riunificazione scivolò nel baratro dell’alcol, morendo in circostanze mai del tutto chiarite a 51 anni, nel 1997. Storie come quelle di campioni che dall’altra parte del Muro probabilmente si sarebbero giocati un posto da titolare nella Nazionale della Germania Ovest, come il beatHans- Jürgen Kreische, Joachim Streich, il Gerd Müller dell’Est, Jürgen Croy una versione meno appariscente ma molto efficace di Sepp Maier e soprattutto Peter Ducke, stella del Carl Zeiss Jena. Un fuoriclasse quest’ultimo cresciuto per caso all’Est (la sua famiglia originaria dei Sudeti doveva emigrare ad Amburgo, nella zona occidentale ma cambiò idea all’ultimo) che rifiutò più volte le avances dei club oltre la Cortina di Ferro e che nell’occasione più importante della sua carriera, proprio i Mondiali del 1974, fu frenato da un infortunio. L’Est tedesco era terra di campioni e anche di imprese, come quella della Nazionale olimpica che trionfò ai Giochi di Montreal nel 1976 o come quella riu- scita in campionato nel 1964 al Chemie Lipsia, squadra che nei piani dei vertici della Federcalcio della Ddr era nata solo per accogliere gli scarti del Sc Lipsia, creato invece ad hoc per competere ad alti livelli. Un “piccolo Leicester” che trionfò contro tutti e che ora, con la RB sugli scudi è ancora ricordato dai tifosi di Lipsia, di ieri e di oggi. Nel mio C’era una volta l’Est le storie di cuoio si incrociano con la Storia. Come nel racconto della prima partita dopo la caduta del Muro, quella tra l’Hertha Berlino e il Wattenscheid in cui i dirigenti del club della capitale tedesca decisero di far entrare gratuitamente i loro tifosi (e non era pochi) che stavano nella parte orientale della città dando a loro la possibilità di sostenere la squadra, liberamente, in molti casi per la prima volta nella loro vita. Come nella narrazione del sogno spezzato dell’Empor Lauter, piccola squadra di un paese al confine con la Cecoslovacchia che si vide “scippare” i suoi beniamini, trasferiti dalle autorità sportive a Rostock per dare vita a quella che diventerà anni dopo l’Hansa Rostock.
Storie di fughe verso Ovest. Quelle dei calciatori, a partire dal più famoso Lutz Eigendorf (morto in circo- stanze poche chiare nel 1981) fino ai più sconosciuti che ebbero il coraggio di ribellarsi a un sistema chiuso, serrato. Storie di ombre. Tante, troppe nella vecchia Ddr. E poi i sospetti di doping mai provati (furono resi noti due casi di positività in più di 40 anni di storia) e i favori arbitrali, soprattutto a vantaggio della Dinamo Berlino, la squadra legata alla Stasi, il Ministero per la Sicurezza dello Stato e la violenza degli hooligans che nel 1990 porterà anche alla morte di un giovane tifoso. Un susseguirsi di vicende, in cui ci sono anche storie particolari, come la prima e unica partita della Nazionale femminile della Ddr giocata quando il Muro era già caduto e dove si trova anche un pizzico d’Italia. Uno sprazzo di azzurro raccontato in due sconfitte brucianti, subite entrambe in Coppa delle Coppe: la prima dal Milan battuto nella finale dell’edizione 1973-’74 dal Magdeburgo, unica squadra della Germania Est vincitrice di un torneo continentale. La seconda disfatta italiana, nel 1981, con la Roma di Nils Liedholm capace di farsi rimontare il 3-0 dell’andata dal Carl Zeiss Jena, poi finalista perdente in quella stagione. Successi, sconfitte, drammi e trionfi in cui c’è anche un arbitro: Rudolf “Rudi” Glöckner, l’unico tedesco ad aver arbitrato una finale di un Mondiale di calcio, Era quella di Messico ’70 tra Italia e Brasile. Glöckner proveniva da Markranstädt, piccola città vicino a Lipsia. Lo stesso posto da cui è partita l’avventura della RB Lipsia, che ora prova a riportare la ex Ddr ai vertici del calcio tedesco. Circolarità della storia, anche di quella di cuoio.