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 2016  novembre 10 Giovedì calendario

VANNONI SI È... TRAPIANTATO IN GEORGIA


«A volte abbandoni una battaglia per vincere una guerra. Insomma o cambi il Paese o cambi Paese. Il mondo, in fondo, fa meno schifo di quello che sembra a prima vista». Parole di Davide Vannoni, scritte sul suo profilo Facebook. E basate su qualcosa di molto concreto: l’inventore del «metodo Stamina», la controversa terapia a base di cellule staminali contro le malattie neurovegetative, è sopravvissuto a processi e polemiche, e a Panorama risulta sia tornato a operare in Georgia, forse in una clinica della capitale Tbilisi, dove il suo metodo (al contrario di quanto accade in Italia) non è vietato.
Da quasi due anni pareva che la terapia vannoniana fosse caduta nell’oblio: nell’ottobre 2014 era stata bocciata da un comitato di esperti ministeriali, che l’avevano reputata indegna perfino di una sperimentazione scientifica. Poi, nel gennaio 2015, Vannoni aveva patteggiato con il Tribunale di Torino 22 mesi di reclusione (con la condizionale), chiudendo così un procedimento per associazione a delinquere e truffa. Secondo l’accusa, il padre del metodo Stamina vantava brevetti mai ottenuti, trattava i pazienti come cavie, operava in condizioni lontane dagli standard di sicurezza. Nell’ottobre 2015 Vannoni aveva rinunciato al ricorso in Cassazione e la sentenza era divenuta definitiva. All’epoca il suo legale, Liborio Cataliotti, aveva dichiarato: «È la prova che per lui si tratta di un capitolo chiuso e che l’esperienza di Stamina in Italia è finita». Cataliotti aveva però lasciato intendere che la sperimentazione avrebbe forse potuto «proseguire all’estero, là dove le leggi lo permettono».
Oggi, interpellato da Panorama, l’avvocato risponde: «Vannoni opera in Georgia? Io né confermo né smentisco. Di certo nessuna parte della terapia avviene in Italia, e in base al Codice penale nessun cittadino italiano può essere perseguito dal nostro ordinamento per fatti che non sono considerati reato nel Paese in cui si trova». Al Tribunale di Torino gira però la notizia che sia partita una nuova inchiesta. «Ma a noi, finora, non risulta nulla» dice Cataliotti.
(Maurizio Tortorella)