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 2016  novembre 05 Sabato calendario

STRAORDINARIAMENTE IBRA


[Zlatan Ibrahimovic]

C’è del family man in questo Ibrahimovic, a giudicare dall’ultimo spot: un’automobile comoda, uno dei suoi bambini biondi, la bionda moglie Helena e una bella strada da percorrere tutti insieme. «Io sono una persona normale che pensa alla sua famiglia», ha detto alla stampa inglese appena arrivato a Manchester. «Non sono un bad boy e non sono arrogante». Peccato che poi abbia aggiunto: «Mi viene da ridere a pensare a quanto sono perfetto».
Zlatan è così, prendere o lasciare. The Legend. L’uomo che scambiava forbiciate non soltanto verbali con i compagni nello spogliatoio dell’Ajax. Quello che confessa di aver rubato biciclette e di aver tirato petardi nei giardini degli altri, ragazzate di una gioventù neanche tanto bruciata, perché poi si scopre che nella sua vendutissima autobiografia molte cose sono state peggiorate anziché edulcorate come di solito si fa. Perché Zlatan è Zlatan, gli piace fare il maledetto, l’eccessivo. Ma è anche un family man, questo è vero. Come ha raccontato ancora ai cronisti inglesi, «io sono questo e sono quello, e la gente si chiede, chi è davvero Zlatan?». Uno dei grandi interrogativi dell’umanità, probabilmente.
Zlatan è grande, grosso e autoreferenziale. All’Ajax decise di non scrivere il cognome sulla maglia perché era in rotta con il padre. In Olanda ha imparato che ci sono delle regole ma non per questo ci si è attenuto molto, e l’allenatore Ronald Koeman sospirava. D’altra parte, finché faceva gol fenomenali andava tutto bene, ma un litigio di troppo con Van der Vaart, al quale durante una partita fra Olanda e Svezia rifilò scarpate eccessive, fece precipitare la situazione. Il suo vagabondaggio è cominciato così. Zlatan il family man con la valigia, quello che al Milan fece a botte con il grosso americano Oguchi Onyewu, e neppure Gattuso riuscì a ringhiare a sufficienza per farli smettere. Sempre quando era al Milan litigò negli spogliatoi con Allegri dopo una partita-thrilling contro l’Arsenal. Del litigio si parlò per giorni, ciascuno a modo suo, con versioni discordanti (succede anche con le più pregiate opere storiche). Ibrahimovic mise un punto fermo intimando alla giornalista tv che chiedeva ancora conto dell’episodio: «Vai a casa a cucinare». Arrivò poi un mazzo di rose alla signorina. Pare che lo abbia pagato Adriano Galliani e che all’a.d. del Milan Zlatan abbia detto: «Se lo fai non ti parlo più, non ho niente di cui scusarmi». Ma aveva già pagato a casa con le rimostranze della moglie, abituata alla correttezza della politica svedese. «Come ti è saltato in testa di dire quella frase?». «Ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente».
Non una frase celebre, ma di frasi celebri Ibra ne ha dette tante. Ecco un vademecum dello Zlatan pensiero: «Una Coppa del mondo senza di me non ha niente di interessante da vedere». «Che regalo ho fatto a mia moglie per il suo compleanno? Niente, lei ha già Zlatan». «Stiamo cercando casa a Parigi, se non troveremo nulla che ci piace probabilmente compreremo un albergo». «Io sono andato a sinistra e lui è andato a sinistra. Poi sono andato a destra e lui è andato a destra. Poi sono tornato a sinistra e lui è andato a comprare un hot dog». Quest’ultima sentenza è riferita a un ex difensore del Liverpool. A proposito di Liverpool un altro ex. Robbie Fowler, ha dichiarato in questi giorni: «Zlatan sta invecchiando e non è adatto al gioco dello United». Quest’uomo non si cura dei petardi verbali.
Perché Zlatan è fulminante, qualcuno dice anche ironico e autoironico, ma non tutti lo capiscono. E si infiamma senza limiti. Esempio, lo scandalo che ha fatto scoppiare in Francia dicendo «questo è un Paese di merda» dopo un litigio furibondo con l’arbitro di un Bordeaux-Psg. «Questo posto non merita il Psg», sottinteso, ma neanche tanto: «Non merita Zlatan». Che d’altra parte pensa di aver messo lui la Francia sulla carta geografica. Quella volta si infuriarono Marine Le Pen, molti ministri francesi e altrettanti svedesi. Eppure in Svezia lo conoscono bene e quasi sempre lo perdonano. Non lo perdonarono quando scappò dal ritiro della nazionale per andare in un night. Lo punirono e lui disse: «Non capisco perché debbano punirmi. Io in nazionale non torno più». Ci tornò invece, ma neppure in nazionale è mai filato tutto liscio. Perché Zlatan è Zlatan da quando, giovanissimo, con un amico fermò un tizio fingendo di essere della polizia. Erano in una strada di Malmö nota per il passeggio delle prostitute e Zlatan e l’amico inscenarono un arresto. Peccato che il tizio fermato fosse in realtà un filantropo che lavorava con le signorine e non un protettore o un cliente. L’episodio finì su tutti i giornali e il mondo, come direbbe lui, capì subito chi era Zlatan. Un giocatore geniale, un ragazzo maleducato, uno che dice «che cazzo guardi?» in diretta tv ai giornalisti, che si comporta da misogino anche se a casa ha una moglie non proprio accondiscendente. Uno che ti dice «non sono arrogante, so quanto valgo». Uno che ti dice, ritirandosi dalla nazionale, «Io sono la Svezia». E questo chiude l’argomento.