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 2016  novembre 02 Mercoledì calendario

MA IN RAI TOGLIERANNO LE CANNE– [Antonio Manzini] Il 9 novembre parte su Raidue la fiction con Marco Giallini tratta dalla serie Rocco Schiavone

MA IN RAI TOGLIERANNO LE CANNE– [Antonio Manzini] Il 9 novembre parte su Raidue la fiction con Marco Giallini tratta dalla serie Rocco Schiavone. Ora, mentre scrivo, mi immagino due facce, una piatta, l’altra sorridente. Corrispondenti a: 1) Non ho capito di che cosa stiamo parlando. 2) Non vedo l’ora di guardarmela. Per gli appartenenti alla prima categoria, un invito a leggere uno dei cinque gialli di Antonio Manzini da cui è tratta la serie Tv: un vero e proprio caso editoriale di questi ultimi anni, con oltre un milione di copie vendute. E, nel frattempo, un breve sunto. Rocco Schiavone è un vicequestore romano politicamente iper scorretto (tanto per dare un’idea: fuma spinelli in ufficio, frequenta un gruppetto di amici criminali con i quali condivide qualche affare sporco e tende a farsi giustizia da sé). Proprio per via dei suoi vizietti. è stato trasferito nel posto geograficamente e climaticamente più lontano che si potesse trovare senza varcare i confini nazionali: Aosta. Antonio Manzini, 52 anni, romano anche lui, un passato da attore, prima di teatro, poi in Tv, quindi sceneggiatore, è uno dei pochi in Italia a poter fare concorrenza ad Andrea Camilleri che, casualità oppure no, è stato uno dei suoi docenti all’Accademia d’arte drammatica. Lo incontro a Roma. Credo sia la terza volta che ci vediamo e, come nelle precedenti occasioni, non posso fare a meno di pensare che Schiavone non sia solo il suo personaggio ma anche una sorta di alter ego cattivo, quello che ha il coraggio di dire ad alta voce i pensieracci brutti che ci attraversano la mente nei momenti di malumore. Due anni fa mi ha raccontato che stava valutando alcune offerte per una versione Tv. Ma ha aggiunto che temeva di rimanere deluso dal risultato finale. «Vero. Poi è successo che mi sono fidato del produttore e del regista, entrambi bravi, e dell’attore protagonista, che è bravissimo. Marco Giallini è l’unico che mi era venuto in mente fin dall’inizio». Lei ha scritto la sceneggiatura. Dica la verità, ci sono state censure? «Pensavo: “Vedrai che le canne le tolgono”. E invece no, non hanno battuto ciglio. Non mi hanno chiesto di cambiare niente». Schiavone viene descritto spesso come un personaggio negativo, ma la verità è che sta simpatico a molti. «Dipende. Ci sono lettori che sono arrabbiatissimi con lui. E, quindi, con me. “Ma come, un poliziotto che ruba? Dovrebbe andare in galera”». È bello che si sentano coinvolti a livello personale, no? «Si. Però dico io: ci sono migliaia di libri in giro, leggetevene un altro». Resta il fatto che la maggioranza lo adora. Si è chiesto perché? «Non lo so». Forse perché esprime il suo malcontento verso il sistema pur continuando a farne parte come quasi tutti noi? «Credo che molti italiani onesti ne abbiano le palle piene della mancanza di certezza della pena e siano stufi di vedere che i potenti se la cavano mentre se un poveraccio ruba una lattina va in galera. Rocco ogni tanto punisce qualcuno, e questo è un sollievo. Un’altra ragione, forse, è che tutti, appena è possibile, prendiamo qualche scorciatoia. Ce l’abbiamo con chi non paga le tasse, ma in cambio di uno sconto accettiamo che non ci facciano la fattura». 7-7-2007, l’ultimo romanzo della serie, è stato primo in classifica per 5 settimane. Il successo porta il peso delle responsabilità? «Non ci penso. Lo sa benissimo anche lei che in Italia lo sport nazionale consiste nell’impallinare chi in quel momento è troppo in vista. Prima o poi mi massacreranno, l’ho già messo in conto. Camilleri lo lasciano in pace perché ha passato la soglia di età in cui puoi essere preso di mira. Diciamo dopo i 70, 75 anni». Lo scorso anno ha scritto Sull’orlo del precipizio, una satira sul mondo dell’editoria in cui immaginava la nascita di una gigantesca società con il monopolio editoriale. Realistico? «Be’, sullo spostamento del Salone del libro ci ho azzeccato». Lei si è schierato a favore di Torino contro Milano. Perché? «Storicamente, per me, ha sempre rappresentato la letteratura contro il sistema, antifascista, militante». Sono passati tanti anni, però. Le cose sono cambiate. «Il Milite Ignoto all’Altare della Patria a Roma è morto nel 1917. Lo trasferiamo a Napoli perché c’è il mare?». In questi giorni è uscito un altro suo libro che non ha nulla a che fare con Rocco Schiavone. S’intitola Orfani bianchi e la protagonista è una badante moldava. «Qualche anno fa lessi un articolo sugli Internat, gli orfanotrofi in Romania e Moldavia dove parecchie mamme che lavorano all’estero sono costrette a lasciare i figli. La percentuale di suicidi in quegli istituti è del 25 per cento. Ho cominciato a farmi delle domande: a che cosa rinunciano queste donne? Nonostante abbiano un ruolo importantissimo nella nostra “economia domestica”, di queste persone non sappiamo niente». A giugno ha anche esordito come regista con Cristian e Palletta contro tutti. Il film, però, ha incassato solo 17 mila euro. «Be’, un successo per essere stato fuori una settimana solo in posti decentrati, niente grandi città come Roma o Milano. Onestamente avrebbe meritato un destino migliore. Comunque non ne faccio più. È stato il famoso due film in uno: il primo e l’ultimo». Lei è di Roma, Rocco anche. Devo chiederle un’opinione su Virginia Raggi. «Ma io vivo da sei anni in provincia di Viterbo. A Soriano nel Cimino». Suvvia. «Sono contento che abbia detto no all’Olimpiade. Perché le cose bisogna meritarsele. Come quando sei bambino: “Posso stare sveglio fino a tardi?”. “No, perché a scuola hai preso un brutto voto”. L’Italia non è stata in grado di organizzare decentemente nulla: il terzo cerchio del raccordo anulare che doveva essere pronto per il Mondiale del ’90 l’hanno finito due anni fa. Lo sa che a Roma ci sono un sacco di tram nuovi che non possono circolare? Si sono accorti che sono troppo larghi, se s’incontrano si strusciano». Alla fine dell’intervista racconto a Manzini che, mentre lo aspettavo, ho ordinato un paio di tramezzini. Secondo Schiavone ne esistono di due tipi: quelli che rimangono morbidi perché avvolti nei tovaglioli – gli unici mangiabili – e quelli cellophanati, assolutamente da evitare. A me, però, hanno portato il terzo tipo: niente tovagliolo e niente cellophane. Ride. «Quelli asciutti con i bordini che si alzano e che alle tre del pomeriggio assomigliano alle scarpe di Ali Babà? Quelli sono il male assoluto». Lo stesso, sono convinta, che avrebbe detto Rocco Schiavone.