Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 05 Sabato calendario

DESSENA HA TROVATO L’ISOLA CHE NON C’ERA

Milleduecento messaggini in tre giorni. «Giura che hai fatto due gol!», scrive Balzano da Cesena. «Hai lavorato duro, te lo meriti» l’sms di Palombo della Sampdoria. Daniele Dessena, the day after. Dopo una doppietta magica, il capitano del Cagliari si gode un vagone di incitamenti. «Mi mettono le faccine con le lacrime. Chi fa sport sa che cosa significa stare lontani dal campo: ringrazio Marco Storari per avermi chiamato tutti i giorni aiutandomi a non perdere il contatto con la squadra. È questo il consiglio per Ionita e Joao Pedro: stare fuori è dura ma vi siamo vicini, voi fate lo stesso». Le reti al Palermo, la corsa indemoniata e il pianto sotto la tribuna, l’abbraccio di Sau e Padoin. Un quadro indimenticabile: «Segnare non è il mio mestiere, ho toccato due palloni e li ho messi dentro: ancora non me lo spiego. Vuol dire che nella vita e nello sport c’è una logica: lavora sodo, ammazzati in palestra, odia attrezzi e fisioterapista, ma non mollare. Credi con forza in quel che fai e sarai ricompensato». Daniele Dessena parla e gesticola. Sguardo da furetto, un passato di sudore e fatica. In mente i tanti che l’hanno aiutato a non affogare in undici mesi di inferno per la frattura scomposta di tibia e perone, interventi, viti e chiodi, riabilitazione. Per colonna sonora 883 e Coldplay. «Volevo tornare con tutte le mie forze e ce l’ho fatta. La convocazione con la Lazio mi ha fatto capire che potevo farcela. Se l’allenatore ti porta in panchina sai che sei alla pari degli altri e non vedi l’ora di entrare: in Champions League o tra gli amatori va così».

Passo indietro. Qual è il primo flash dell’infortunio?

«Fino a marzo ero a Parma, dalla mia famiglia. Mio figlio Tommaso dormiva con me, mio padre Bachisio portava lui all’asilo e me a fare fisioterapia. Mia madre Enrica, mio fratello Marco e mia nonna Fausta hanno fatto il resto: coccole e affetto. Ma anche al centro riabilitativo si è creato un gruppo: chi si è rotto sciando, chi a lavoro, chi in moto: abbiamo sofferto, condiviso frustrazioni e incoraggiamenti».

E la società?

«Attenta e solidale. Con il presidente Giulini ho da sempre un rapporto speciale, schietto, di intesa. Conservo i disegnini che mi sono stati regalati dai figli. Poi, penso ai compagni, al tecnico Rastelli, al preparatore Gianfranco Ibba: devo tanto a tutti. E c’è Federico Melchiorri. Abbiamo fatto fino a tre allenamenti in 24 ore, in spiaggia, con 35 gradi: due pazzi. Dietro le favole c’è tanta volontà».

Intanto, il Cagliari è settimo. Vertigini?

«No. Siamo a +9 dalla penultima: mai staccare lo sguardo dalla coda. Puntiamo a salvarci, pensiamo a incrementare il vantaggio. Certo, fa piacere ma siamo concentrati sugli errori: 9 reti subite con Fiorentina e Lazio sono tante. Col Palermo abbiamo mostrato cosa non fare».

Con i siciliani dal 1’. Quando l’ha capito?

«Nella rifinitura, sulle palle inattive. Mentre prima mi allenavo e uscivo con fastidi, da due, tre settimane ho smesso anche con gli antidolorifici. L’allenatore ha visto che poteva contare su di me».

Torino e Chievo fuori, Udinese in casa, Pescara all’Adriatico. Sensazioni?

«Abbiamo un precetto: con Juve o Crotone, sempre a mille per fare punti. Chi ci batte deve essere nettamente più forte».

La fascia, da Storari a Sau dopo le contestazioni degli ultrà. Perché?

«I tifosi e l’ambiente sanno che Marco è e rimarrà un leader, ha fatto e fa il bene del Cagliari. La squadra ha tanti capitani».

Capitan Dessena: da Tello, Colombatto e Deiola a Borriello, Isla e Padoin. Cosa cambia?

«Nulla. Mi hanno voluto la squadra, l’allenatore e la società. Quando entro nello spogliatoio il consenso è automatico. Trasmetto l’idea di Cagliari e del Cagliari, mi seguono e mi ascoltano».

Due giornate di squalifica prese dopo il 2-2 con la Roma senza essere neppure convocato. Ha fatto pace con Mazzoleni?

«Sì. Quella partita l’ho vissuta urlando di tutto al guardalinee. Mi hanno dato una lezione perché gli ho fatto venire mal di testa».