5 novembre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - TAFFERUGLI ALLA LEOPOLDA REPUBBLICA.IT Un ferito lieve e due contusi tra le forze dell’ordine, un numero imprecisato di contusi tra i manifestanti
APPUNTI PER GAZZETTA - TAFFERUGLI ALLA LEOPOLDA REPUBBLICA.IT Un ferito lieve e due contusi tra le forze dell’ordine, un numero imprecisato di contusi tra i manifestanti. E poi lanci di bottiglie, lacrimogeni, bombe carta e tre cariche. E un manfestante arrestato. E’ il bilancio di un pomeriggio di tafferugli alla manifestazione organizzata contro il governo Renzi, il referendum e la Leopolda a Firenze. Mentre nell’ex stazione si svolgeva la convention renziana nel centro di Firenze, all’angolo tra piazza San Marco e via Cavour è scoccata la scintilla che ha fatto partire la prima carica: il corteo infatti ha tentato muoversi in direzione Leopolda nonostante il divieto della questura che ieri lo aveva proibito autorizzando solo un presidio in piazza Santissima Annunziata. Ma i manifestanti avevano reagito: "Vogliamo arrivare alla kermesse, non accettiamo divieti", avevano detto ritrovandosi in circa un migliaio in piazza San Marco. Così alle 16 sono scoppiati gli scontri, le cariche e i lanci di oggetti. I manifestanti hanno divelto interamente il cantiere in piazza San Marco e si sono asserragliati dietro le transenne. Lì un agente è rimasto ferito dallo scoppio di una bomba carta. Poi altri scontri in via della Pergola e in via della Mattonaia. "Renzi deve fare i conti con questa piazza", hanno urlato i manifestanti dopo aver criticato le forze dell’ordine per la "complicità" con il governo nell’aver cercato di impedire la manifestazione di oggi. Il corteo, nonostante gli intenti di raggiungere la Leopolda ha preso poi la direzione opposta dirigendosi verso piazza D’Azeglio e si è fermato in piazza Beccaria, creando problemi al traffico verso i Lungarni. I manifestanti hanno chiesto la liberazione di un giovane fermato e portato in Questura e dopo il comizio si sono sciolti. "Giù le mani dalla nostra città"- ha commentato dal palco della Leopolda il sindaco di Firenze Dario Nardella - è un fatto inaccettabile e vergognoso". Firenze, scontri e cariche alla protesta dei No Renzi: "Vogliamo arrivare alla Leopolda" La manifestazione è formata da antagonisti provenienti anche da fuori regione, centri sociali, dal "Comitato Firenze dice no". Secondo gli organizzatori "il presidente del consiglio continua con la sua idea folle verso questa città e verso il Paese che considera il cortile di casa sua". Alla manifestazione sono presenti anche rappresentanti arrivati da Venezia (il comitato No alle grandi navi), dalle Marche, dalla Campania: "Siamo qui per rappresentare una realtà sociale che alla Leopolda non è rappresentata quella dei giovani che lavorano con i voucher, della persone sotto sfratto, la nostra è una piazza aperta", hanno concluso gli organizzatori della manifestazione. PROPOSTA DI LEGGE FORNARO-CHITI Durante la Direzione del Partito Democratico di lunedì 10 ottobre, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato che assumerà la proposta di Vannino Chiti e Federico Fornaro come testo base per la discussione sull’elezione del nuovo Senato. Nell’intenzione dei 24 senatori dem che hanno presentato il disegno di Legge c’è la volontà di superare uno dei punti più criticati della riforma. Ovvero l’accusa, secondo la quale, il nuovo Senato sarebbe composto da soli “nominati”. La proposta – nelle parole dei senatori dem – è quella invece di “completare la cornice attuativa delle riforme garantendo il fondamentale potere di scelta dei senatori ai cittadini e non a ristretti gruppi dirigenti di partiti e movimenti.” Secondo la riforma costituzionale, infatti, il nuovo art.57 della Costituzione prevede che i consigli regionali eleggano – con metodo proporzionale – 74 senatori-consiglieri regionali e 21 senatori-sindaci. Al comma 5 si prevede che i consigli regionali eleggano i consiglieri regionali-senatori “in conformità alle scelte espresse dagli elettori” in occasione del rinnovo dei Consigli regionali. Infine, al comma 6 si rimanda a una legge per regolamentare questo procedimento. La legge in questione sarebbe appunto la proposta Fornaro/Chiti in cui il territorio della Regione viene suddiviso in tanti collegi quanti sono i senatori da eleggere: in ogni collegio può essere presentato un solo candidato per ogni lista regionale, sul modello del sistema elettorale del Senato fino al 1992. Nel caso delle regioni che eleggono un solo senatore, il collegio corrisponde all’intero territorio regionale. Il giorno delle elezioni regionali i cittadini riceverebbero così due schede: la prima per la elezione e per il rinnovo dei Consigli regionali e del nuovo Presidente della Regione, la seconda per scegliere i senatori assegnati a quella Regione. Ogni genere non potrà essere rappresentato in non più del 60% delle candidature. Il ruolo di senatore-consigliere regionale – con l’unica eccezione del Presidente della Regione – sarà incompatibile con incarichi di giunta, nell’ufficio di Presidenza del Consiglio regionale e delle Commissioni. Sulla base delle scelte espresse dagli elettori si definirà una graduatoria regionale e si attribuiranno – con il sistema proporzionale – i seggi eventualmente spettanti a ogni lista regionale; successivamente si stilerà la graduatoria interna di ogni lista regionale sulla base dei risultati ottenuti nei collegi (in percentuale sulle scelte totali). Il Consiglio regionale, quindi, eleggerà i senatori-consiglieri prendendo atto dell’espressione degli elettori, senza poterla, però, modificare. Il disegno di legge prevede anche le modalità di elezione da parte del Consiglio regionale dei 21 senatori-sindaci. Il Consiglio regionale voterà scegliendo tra una terna di nominativi proposta dal Consiglio delle Autonomie Locali di ogni regione. TESTO INTEGRALE DELL’ACCORDO SULL’ITALICUM "A seguito delle conclusioni assunte dalla Direzione nazionale del Partito nella riunione del 10 ottobre la commissione incaricata di specificare contenuti, percorso e tempi per la possibile modifica della legge elettorale per la Camera dei deputati ha definito i seguenti punti che sottopone alla Direzione e alle assemblee dei gruppi parlamentari". E’ quanto si legge nel documento che porta la firma di tutti i membri della commissione Pd sulle modifiche all’Italicum: Lorenzo Guerini, Matteo Orfini, Luigi Zanda, Ettore Rosato e Gianni Cuperlo. Ecco il testo integrale del documento: La commissione ha impostato il lavoro sulla base delle indicazioni contenute nella relazione del segretario Matteo Renzi e delle valutazioni emerse dalla discussione. In particolare con una verifica su tre aspetti: 1. Premio di lista / premio di coalizione 2. Ballottaggio / turno unico 3. Modalità di espressione della volontà degli elettori nella scelta degli eletti. In merito alla futura elezione dei senatori è confermata l’indicazione espressa dal segretario per assumere la proposta di legge a firma Fornaro Chiti quale riferimento del Pd per il varo della disciplina ordinaria in materia. La commissione ha tenuto tre riunioni ed è stata avviata una prima ricognizione con le altre forze e gruppi parlamentari sia in merito ai contenuti che ai tempi di eventuali modifiche della legge attuale. La maggioranza dei gruppi interpellati - e nello specifico, la totalità delle opposizioni che si sono espresse anche con dichiarazioni pubbliche in tal senso - si è dichiarata indisponibile a una verifica parlamentare prima del referendum costituzionale del 4 dicembre. Sul piano dei contenuti si è riaffermato il perno di un sistema elettorale fondato sull’equilibrio tra i due principi della governabilità e della rappresentanza. A tale scopo le verifiche realizzate rendono possibile: * La preferenza per un sistema di collegi inteso come il più adatto a ricostruire un rapporto di conoscenza e fiducia tra eletti ed elettori. * la definizione di un premio di governabilità (di lista o di coalizione) che consenta ai cittadini, oltre alla scelta su chi li deve rappresentare, la chiara indicazione su chi avrà la responsabilità di garantire il governo del Paese attraverso il superamento del meccanismo di ballottaggio. La commissione sottopone questo documento all’Assemblea nazionale, alla Direzione e ai gruppi parlamentari del Partito Democratico di Camera e Senato per le relative valutazioni e conseguentemente tradurne l’impianto nei testi di legge (elezione dei senatori secondo il Ddl Fornaro-Chiti e legge elettorale) da portare al confronto con le altre forze politiche e gruppi parlamentari. CUPERLO FIRMA MINORANZA PD SPACCATA IL PD vara l’accordo sulla riforma della legge elettorale ma la minoranza dem si spacca. Durante la Leopolda è arrivata infatti la notizia della firma da parte della sinistra interna al Pd di un documento per la modifica dell’Italicum. Il testo è stato siglato da Guerini, Orfini, Zanda, Rosato e Cuperlo. Il testo verrà sottoposto all’assemblea e alla direzione del Pd e ai gruppi parlamentari. Tra i punti contenuti al suo interno, l’elezione dei senatori secondo il ddl Fornaro-Chiti, la preferenza sarà su un sistema di collegi e verrà definito un premio di governabilità (di lista o di coalizione) che consenta ai cittadini, oltre alla scelta su chi li deve rappresentare, la chiara indicazione su chi avrà la responsabilità di garantire il governo del Paese attraverso il superamento del meccanismo di ballottaggio. "Ho sottoscritto il documento perché contiene un passo in avanti" dice Cuperlo. "So che l’intesa raggiunta non ricompone la frattura consumata nella sinistra, dentro e fuori il Pd. Vedo e ascolto i tanti, anche autorevoli, convinti che solo il No al referendum potrà cambiare la legge elettorale. Io ho lavorato per ridurre quella forbice e avrei voluto un esito diverso. Ne rispondo personalmente e in primo luogo a quanti hanno condiviso con me questo percorso e che incontrerò nei prossimi giorni. Da ora in avanti la prova di coerenza e lealtà rispetto a questo impianto spetta a tutti, a partire da chi è alla guida del governo". SCHEDA. RIFORMA ITALICUM: IL TESTO INTEGRALE "La commissione ha eseguito un mandato della Direzione e del segretario. Abbiamo lavorato bene, avendo l’obiettivo di definire possibili modifiche alla legge elettorale che raccogliessero un consenso quanto più vasto possibile. Da parte di tutti c’è stata una grande attenzione al rafforzamento dell’unità del Partito democratico" dice il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda. "L’unità del Pd non è solo un valore in sé, ma oggi è anche un forte contributo alla stabilità dell’Italia" conclude. "Sono soddisfatto del documento che abbiamo approvato e ringrazio tutti i componenti della commissione per l’impegno prezioso profuso" dice il vicesegretario dem, Lorenzo Guerini. "Credo sia un buon lavoro, innanzitutto per l’unità del nostro partito, che testimonia concretamente che ciò che è stato detto nell’ultima direzione non erano solo parole ma la volontà concreta di assumere un’iniziativa seria sulla legge elettorale. Avanti così!". Matteo Orfini affida a Twitter la sua soddisfazione: "Abbiamo raggiunto un buon accordo sulle modifiche all’italicum. Grazie a tutti quelli che non si sono rassegnati e hanno lavorato per l’unità". Il capogruppo alla Camera del Pd Ettore Rosato ha espresso la sua stima nei confronti di Cuperlo per il lavoro fatto fin qui: "So che Cuperlo in ogni passaggio ha fatto tutto il possibile per coinvolgere tutti. È una persona seria, e non lo dico perché ha sottoscritto il documento, ma perché gli abbiamo sempre riconosciuto un lavoro attento a queste cose". Il resto della minoranza bersaniana però non riconosce il documento e annuncia di voler proseguire nella campagna per il No al referendum. "Leggo solo parole e molti condizionali, un rinvio a dopo il referendum e nessun disegno di legge" sintetizza Davide Zoggia, vicino a Pierluigi Bersani e Roberto Speranza: "Noi andiamo avanti con la nostra campagna per il No al referendum". La minoranza aveva chiesto la modifica dell’Italicum, con gesti concreti prima del referendum; in caso contrario aveva annunciato che avrebbe votato No. "E’ evidente che questa operazione ha un obiettivo preciso - ha concluso Zoggia - ed è dimostrare che esiste una minoranza che dialoga e una che dice no. Ma non possiamo più fidarci e andiamo avanti". CRONACA DELLA LEOPOLDA 115 260 L’EDIZIONE numero 7 della Leopolda a Firenze è stata segnata da violenti scontri tra forze dell’ordine e manifestanti anti-Renzi. Fuori i lacrimogeni, dentro, sul palco, un panel di costituzionalisti per "smontare le bufale sulla riforma costituzionale": Stefano Ceccanti, Salvatore Vassallo e Francesco Clementi, presentati dal segretario premier Matteo Renzi e coordinati dal ministro delle Riforme Maria Elena Boschi e dal deputato Pd Matteo Richetti. Durante la kermesse è arrivata a sorpresa la notizia dell’accordo su un documento condiviso della commissione del Pd per la modifica dell’Italicum. Il documento è stato firmato da Guerini, Orfini, Zanda, Rosato e Cuperlo. Il testo verrà sottoposto all’assemblea e alla direzione del Pd e ai gruppi parlamentari. SCHEDA. RIFORMA ITALICUM: IL TESTO INTEGRALE Firenze, manifestanti lanciano fumogeni contro la polizia fuori dalla Laeopolda Condividi Matteo Renzi ha invitato la platea e il pubblico che segue la Leopolda sui social network a porre le domande più cattive: "Ciascuno di voi si senta parte in causa, chi vota Sì e chi vota No e anche chi sta a casa tra gli indecisi o quelli che ci detestano. L’hashtag è #Leopolda7, tutti gli interventi più cattivi li affronteremo punto per punto". Firenze, scontri e cariche alla protesta dei No Renzi: "Vogliamo arrivare alla Leopolda" Navigazione per la galleria fotografica 1 di 46 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow () () In mattinata già il ministro del lavoro Giuliano Poletti aveva toccato il tema referendum, a margine dei lavoro. "Credo che una vittoria del no sarebbe un problema in termini di incertezza: e l’incertezza, la preoccupazione di non sapere che cosa accadrà, rappresenta uno dei peggiori veleni che possa colpire l’economia e la società. Il rischio - ha aggiunto - è che se uno deve fare un investimento rinvia in attesa di capire cosa succederà, e il rinvio è la peggiore delle cose, perché noi abbiamo bisogno di marciare". Firenze, Agnese Renzi e Maria Elena Boschi tra discorsi e sorrisi: tutti i protagonisti della Leopolda Navigazione per la galleria fotografica 1 di 50 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow () () Secondo Poletti, "bisogna essere molto misurati nelle cose, bisogna sapere che non ci sono cataclismi in vista, però bisogna essere onesti e guardare la sostanza delle cose. Credo che dire che non succeda nulla sia dire una cosa che non è vera nei fatti: bisogna lavorare invece perché ci siano degli effetti positivi che confermano il fatto che questo è un Paese che si è riguadagnato una sua credibilità internazionale. Continuo a ripetere che uno dei numeri che si usano molto poco, sbagliando, è che nell’ultimo anno gli investimenti internazionali in Italia sono cresciuti moltissimo: siamo passati da 15 a 75 miliardi". Maria Elena Boschi inizia con il replicare all’accusa di un art. 70 scritto in modo troppo lungo e sul fatto che comunque il Senato resterà anche con la nuova riforma della Carta. "Chi dice che resta il bicameralismo rispondiamo che resta per un’ipotesi molto limitata di leggi. Il 3 per cento di quelle che si approvano in parlamento mentre per il 97 per cento la parola è alla Camera. Non ci vorranno più 464 giorni per la legge contro i reati della Pa e avremmo approvato in tempi molti più rapidi la legge sulle unioni civili e sul caporalato". La ministra replica anche alle critiche espresse dall’attivista no-global Luca Casarini: "La fiducia sulle riforme costituzionali non è mai stata messa. Sull’Italicum sì, sulle riforme costituzionali no. E lo so bene, visto che la fiducia la metto io, la mette il ministro dei Rapporti con il Parlamento". MONICA GUERZONI SUL CDS DI STAMATTINA P er la minoranza dem la bozza di riforma dell’Italicum della commissione Guerini è «un documento fantasma». Ma Gianni Cuperlo sarebbe pronto alla conversione al Sì al referendum. I vertici del Pd sono convinti che riusciranno oggi a strappargli la firma in calce al documento. DALLA NOSTRA INVIATA FIRENZE Per dirla con un Matteo Richetti molto a suo agio nei panni sartoriali di alter ego di Renzi, la settima edizione sta tutta nell’immagine della «Leopolda pancia a terra», che arruola ministri, parlamentari e amministratori per sconfiggere il fronte del No. Porta al Prato è blindata, quasi assediata dalle forze di polizia. Il comitato «Firenze dice No» è furibondo per il divieto di manifestare a ridosso della stazione e minaccia di portare oggi, il più vicino possibile alla Leopolda, tremila persone in piazza. Comincia così la tradizionale tre-giorni del renzismo, in versione low cost e low profile. Renzi prende posto in prima fila alla destra della moglie Agnese sommersa dai flash, impugna l’iPad e si fa un selfie con la folla che lo applaude. Ecco Boschi, Delrio, De Vincenti, Bonifazi, Bonafè. E quando tocca a lui salire sul palco il premier sceneggia un duetto con Richetti e annuncia che domani si toglierà qualche sassolino dalle scarpe: «Ci dicono: voi governate con Verdini e Alfano. Invece gli altri vogliono fare il No con Brunetta e CasaPound». «E adesso il futuro» è lo slogan che svetta dal maxischermo sopra al palco, dove un bambino fa volare un aquilone e dove due banchi e una lavagna evocano la «buona scuola». Alle otto la paura del flop svanisce, l’immensa navata si riempie, i militanti mangiano ribollita, roastbeef e tiramisù, ma da Roma arrivano gli echi della travagliata trattativa sull’Italicum. Per la minoranza la bozza di riforma uscita dalla commissione Guerini non è che «un documento fantasma». Roberto Speranza, parlando con i suoi, chiude a ogni possibile accordo: «Non c’è nulla di concreto in quel testo, è pieno zeppo di verbi al condizionale... una presa in giro». Gli stessi pensieri frullano nella testa di Bersani. Ma Gianni Cuperlo è pronto alla clamorosa conversione sulla via del Sì al referendum, i vertici del Pd sono convinti che riusciranno oggi stesso a strappargli la firma in calce al documento e ad arruolarlo nel fronte governativo. La minoranza è spiazzata. «Sono sorpreso», ammette Miguel Gotor. Descritto come «amareggiato» e «molto combattuto», Cuperlo passa il venerdì al telefono. Sente Guerini, Rosato, Orfini, parla con Bersani e Speranza. Ma il miracolo dell’unità non si compie. «Dai Gianni, il tempo è scaduto» taglia corto Speranza. Cuperlo non molla, propone emendamenti e punta a centrare il bersaglio di un documento condiviso da tutta la commissione, dove siano scritti in grassetto i suoi tre paletti: via il ballottaggio, premio ridimensionato e collegi al posto delle preferenze. «Se c’è tutto io firmo», confida agli amici. Sono le stesse richieste dei bersaniani, i quali però non cedono. «Il documento è generico e inefficace», chiude Federico Fornaro. E Davide Zoggia rimprovera Renzi di aver «ideato la commissione per spaccare il Pd». Alle 19 Speranza sale sul palco a Foggia e posta le foto della sua contro Leopolda al fianco di Michele Emiliano: «Qui ci sono mille persone... L’unico modo per cambiare l’Italicum è il No al referendum». Gotor certifica che i dissidenti non invertiranno la rotta: «Servirebbero atti irreversibili, non basta una bozza extraparlamentare del Pd». E oggi, dopo la matriciana solidale in notturna, tocca alla Boschi . Monica Guerzoni TOMMASO CIRIACO SU REP FIRENZE. “E adesso il futuro”, titola la Leopolda 7. Meglio sarebbe aggiungere al logo un punto di domanda finale, perché tra un mese Matteo Renzi si gioca tutto. Si parte anche quest’anno, comunque, e stavolta presenta il “figliol prodigo” Matteo Richetti, che torna a casa dopo anni di gelo. Ed è subito duetto: «Ci dicono di vergognarci per Verdini e Alfano con noi nel Sì, ma loro - dice il premier - stanno con CasaPound e Brunetta». Renzi è in prima fila con la moglie Agnese. «Per chi crede che la politica sia proporre qualcosa e non odiare qualcuno – scandisce il leader - noi ci siamo. Guardandoci indietro penso che tutto è possibile». Anche spaccare la minoranza dem, con Gianni Cuperlo che si prepara a votare Sì al referendum. Non è un’edizione normale, quest’anno. Incombe l’emergenza del terremoto. E c’è il referendum- spartiacque: «Tra trenta giorni si vota: oh, adesso il futuro è arrivato». Non è neanche detto che la Leopolda 7 sia l’ultima del 2016, a dire il vero. Dopo il 4 dicembre può succedere di tutto, anche che il leader riconvochi tutti - ancora qui - per fare il bis: «Che vinca il Sì o il No – profetizza l’ultra renziano Davide Ermini - ci ritroveremo tutti qui. E saranno fuochi d’artificio». Non va lontano dal vero, se si ascoltano i tamburi di guerra della minoranza dem: «L’unico modo di cambiare veramente la legge elettorale – picchia Roberto Speranza - è votare No». Mentre i bersaniani fanno campagna contro Renzi, Gianni Cuperlo si prepara al clamoroso strappo: già oggi arriverà il suo via libera al documento della commissione dei saggi del Pd che si impegna a modificare l’Italicum. Un’apertura che condurrà uno dei leader della sinistra dem a votare sì al referendum. Al raduno si preparano a sfilare ministri di peso come Piercarlo Padoan, Giuliano Poletti e Graziano Delrio. Tutti però attendono l’intervento del leader, previsto per domani. «Ma quale rinvio! Io me la gioco fino all’ultimo, con tutte le mie forze – è la linea -. E poi lo sapete che le campagne elettorali le so condurre benino…». Si spendono al massimo anche quelli del comitato del Sì, che ieri hanno incassato il sostegno di Arrigo Sacchi: «Se sei pessimista giochi in difesa – dice l’allenatore - E io invece voterò Sì». Una piccola bufera intanto si scatena su una vignetta di Vauro. Il disegno “chiama” un terremoto sulla Leopolda: “Una scossetta pure qui, anche piccola piccola…”. «A chi l’ha scritto – replica Richetti – dico che ha mancato di rispetto a chi ha perso qualche familiare». Come non bastasse, la Questura nega il permesso di manifestare davanti alla Leopolda al comitato “Firenze dice no”, autorizzando solo un presidio altrove. . Resta la celestiale scenografia. “E adesso il futuro”, recita lo slogan. Quale futuro, però, non è dato sapere. Sul palco, la solita lavagna e il cielo sullo sfondo. Sul pannello citazioni di Eleanor Roosevelt, Jfk, Tim Berners Lee e Mandela. La Roosevelt: “Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”. Viene in mente il congresso all’Eur del ’96. Fu Cuperlo a trovare la frase sul futuro, più densa e contorta. Era Rilke: “Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada”. Non portò gran fortuna al partito. A debita distanza, i dipendenti Equitalia protestano: «Matteo ci hai scaricati». Ma parlano alla luna, tenuti a bada dalla polizia, lontani dal luogo della festa cui parteciperà, come sempre, il loro amministratore delegato Ernesto Maria Ruffini. Leopolda che esibisce orgoglio di parte. Loro sono loro, noi siamo un’altra cosa: «Se anche vincesse il Sì – dice Manrico – Renzi deve andare ad elezioni». La logica, lo spiega, è quella del “non faremo prigionieri”. Clima stemperato appena dalla dolcezza di una sera fiorentina, dall’omaggio ad Amatrice , simbolo del dolore dei territori colpiti dal sisma. È tardi quando Leonardo, lo chef, rovescia chili fumanti di spaghetti all’amatriciana: «Sono fiorentino, sono andato sui libri a leggermi la ricetta. L’ho provata a casa, mi sembra venuta bene». “E adesso il futuro”) Il quale, a un mese esatto dalla scadenza decisiva per il suo avvenire politico, sa di essere stretto in una tenaglia. Da un lato, gli è stato rimproverato di aver “personalizzato” la consultazione del 4 dicembre, assecondando una certa tentazione plebiscitaria innata in lui. Dall’altro, i successivi tentativi fatti per “de-personalizzare” il referendum, in ossequio alle critiche ricevute, non hanno portato a nulla di buono. Sia perché erano sforzi poco convinti sia soprattutto perché i sondaggi non sono migliorati. I critici argomentavano che l’eccessiva presenza del leader- tribuno offuscava il merito della riforma e coalizzava fra loro gli elettori antagonisti. Ma anche oggi tutti i sondaggi tendono a indicare la prevalenza del “No”. Quindi c’è qualcosa di sbagliato nel modo con cui Renzi e i suoi diffondono il verbo riformatore. Il problema di Renzi è che il referendum costituzionale avrebbe dovuto sancire un’Italia in forte ripresa economica, riconciliata con la classe dirigente, non più minacciata dai movimenti populisti (che invece sono diffusi come non mai). obbligato a combattere da solo, a costo di favorire un’alleanza di tutti i suoi nemici,