Vincenzo D’Angelo, La Gazzetta dello Sport 2/11/2016, 2 novembre 2016
UNA SQUADRA PER VECCHI CHE HA VINTO CON I GIOVANI
«Ritorno al futuro» sembra il titolo più azzeccato per l’arrivo di Stefano Vecchi sulla panchina dell’Inter. Sarà solo una parentesi, ma comunque un premio al lavoro svolto negli anni, e non solo sulla panchina della Primavera nerazzurra (per il weekend affidata a Bernazzani). Il nuovo inizio di Vecchi nel calcio adulto non poteva che essere laddove tutto è cominciato da calciatore. Vecchi ha mosso i primi passi nel grande calcio come regista della Primavera dell’Inter. L’uomo che faceva girare la squadra, per intenderci. E quelle idee – aggiornate e migliorate nel tempo e con l’esperienza – se l’è portate sempre dietro come fossero un indispensabile bagaglio a mano anche una volta intrapresa la nuova avventura da allenatore: dalla vittoria del campionato Promozione (in Lombardia) con il Mapello nel 2006, fino all’esonero in Serie B a Carpi del marzo 2014. In nove stagioni da tecnico di prima squadra la carriera di Vecchi è stata una continua scalata, dai dilettanti all’anticamera della Serie A. E in ogni categoria ha lasciato il segno, facendo giocare bene le sue squadre e valorizzando i giovani. Il ricordo più dolce – probabilmente – alla Tritium, portata nel biennio 2009-2011 dalla Serie D alla Prima divisione di Lega Pro, vincendo anche la Supercoppa di Seconda divisione.
Proprio per questo curriculum da allenatore in rampa di lancio, il suo arrivo all’Inter sorprese tutti. Perché un tecnico giovane che ha fatto – e bene – la gavetta avrebbe dovuto ripartire dal calcio giovanile, seppur in un grande club, dopo un’esperienza poco fortunata in B? Perché Vecchi è un tipo che ama le sfide, oltre che il lavoro sul campo. E poi, come più volte ribadito dall’arrivo a Interello, tornare all’Inter è stato come tornare a casa, in famiglia. E alla famiglia è difficile dire di no. La sua «prima» Primavera è stata tra le squadre più forti viste negli ultimi campionati, con un tridente formato da Camara, Bonazzoli e Puscas e con Gnoukouri – che Vecchi soprannominò il Professore — in cabina di regia. Lì Vecchi vinse la prima sfida nerazzurra, riuscendo a far convivere due talenti che sembravano destinati ad oscurarsi l’un l’altro come Bonazzoli e Puscas. Esaltandoli nel 4-3-3, il suo sistema di gioco preferito, ma non l’unico. Vecchi infatti ama cambiare a seconda delle esigenze e della rosa a disposizione. Nessuna preclusione ad altri moduli, dunque, come risulta chiaro dalla scelta di partire quest’anno con il 3-5-2, ritenuto più adatto alle caratteristiche della squadra. Ma ha comunque una preferenza per il centrocampo a tre, con un play davanti alla difesa e due mezzali che sappiano inserirsi senza palla. Così ha conquistato due titoli in Primavera: il torneo di Viareggio 2015 con percorso netto (7 vittorie in 7 partite), e la Coppa Italia 2016 a San Siro contro la Juve, al termine della quale entrò con prepotenza nel cuore dei tifosi dell’Inter per la lite col collega bianconero Grosso. Vecchi nei minuti di recupero fu espulso per un diverbio con Favilli (centravanti juventino), poi prima della premiazione avvicinò Grosso per chiarirsi. Ma al rifiuto di Grosso, andò giù duro in diretta tv: «Lo stile Juve esiste solo quando vincono…».
Ora Vecchi ha due frecce per centrare definitivamente il cuore del popolo nerazzurro. La prima da scagliare domani a Southampton, dove l’Inter si gioca credibilità europea, oltre che una quindicina di milioni di euro in caso di arrivo fino alla finale di Europa League. La seconda da sfruttare domenica a San Siro contro il Crotone, che segnerà il suo debutto in Serie A. Due gare che potrebbero far girare la stagione dell’Inter e segnare il futuro di Vecchi. Pochi giorni, giusto una parentesi. In cui però Vecchi può inserire due grossi punti esclamativi. Di quelli che fanno decollare una carriera.