VARIE 1/11/2016, 1 novembre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - LA PRESA DI MOSUL BAZWAYA (NORD IRAQ) - I soldati del capitano Ahmed lanciano un grido di gioia quando qualcuno conferma la notizia
APPUNTI PER GAZZETTA - LA PRESA DI MOSUL BAZWAYA (NORD IRAQ) - I soldati del capitano Ahmed lanciano un grido di gioia quando qualcuno conferma la notizia. No, non quella dell’arrivo a Mosul, ma quella della possibilità di tornare a casa per una breve licenza. Che i commilitoni della Golden Division siano già nella periferia di Mosul, lo sanno già tutti. E infatti l’entusiasmo è alle stelle: è arrivato il giorno della riscossa per l’umiliazione di due anni fa, quando l’esercito, a prevalenza sciita, si accontentò di lasciare Mosul e non difendere la città, in gran parte sunnita. Persino i feriti stringono i denti e ricacciano dentro i lamenti: l’orgoglio di vedere le bandiere verdi sciite sventolare sul nord Iraq scaccia persino la sofferenza. MAPPA DELLA CITTA’ / SCHEDA L’esercito iracheno Si combatte a Mosul. La battaglia attorno alla capitale irachena dell’Isis continua a infuriare: si combatte ancora a Gogjali, ultimo villaggio prima di Mosul, anche se la tempesta di sabbia rende difficili persino le azioni militari. Le truppe irachene vanno avanti: già nell’abitato di Mosul hanno conquistato il palazzo della tv, nel quartiere di Kukyeli, e si sono attestate sulla riva sinistra del Tigri. I soldati della Golden Division sono entrati anche a Judaidat Al-Mufti, nella zona sud-est di Mosul. "Premiamo su tutte le parti della città aprire la strada verso il centro», ha precisato Abdul Wahab al-Saidi, generale delle forze speciali. Mosul, Cadalanu: "Soldati feriti, ma non rinunciano a entrare a Mosul" Condividi L’ultima roccaforte dell’Isis. Ma lo scontro più duro sarà dall’altra parte del fiume, nel cuore della città: nella zona di Karama gli uomini del sedicente Stato Islamico hanno costruito sbarramenti di cemento, proprio in attesa della resa dei conti finale. Non potranno vincere la battaglia, ma contano di rendere ai governativi la vittoria molto costosa in termini di perdite umane, sia come soldati che come civili. Civili scudi umani. Prendendo fiato a Bazwaya, iI reduci dal combattimento a Gogjali raccontano che le famiglie locali sono costrette a restare nelle case, e a volte forzate a mettersi davanti ai jihadisti a fronteggiare l’avanzata delle truppe di Bagdad, le quali hanno ordine di salvare i civili e sono costrette ad andare avanti lentamente, combattendo casa per casa senza nemmeno poter contare sul sostegno dell’aviazione. GLI ASSEDIANTI Forze governative irachene, milizie curde Peshmerga, miliziani sunniti filo-turchi e miliziani sciiti filo-iraniani. Sono diverse, e con aspirazioni in certi casi contrastanti, le forze che partecipano all’offensiva per strappare Mosul all’Isis. Una situazione che, se non dovesse essere gestita con attenzione e prudenza, potrebbe dare luogo a tensioni e anche a conflitti, coinvolgendo potenze regionali. LA MAPPA Le forze federali di Bagdad hanno cominciato la loro offensiva da sud, e precisamente dalla base aerea di Qayyara, una trentina di chilometri a sud di Mosul. Da est le principali vittorie militari sono state conseguite nelle due settimane di offensiva dalle milizie dei Peshmerga curdi (addestrati anche dall’Esercito italiano), appoggiati dalle forze speciali anti-terrorismo di Bagdad: queste ultime sono quelle entrate ieri a Mosul dai quartieri orientali. All’offensiva partecipano anche miliziani sunniti e sciiti. I sunniti, circa 1.500, sono inquadrati nelle cosiddette Forze di mobilitazione nazionale (Hashid al Watani), arruolate da Athil al Nujaifi, l’ex governatore della provincia di Ninive di cui Mosul è capoluogo. L’iniziativa gode anche del sostegno del governo autonomo del Kurdistan iracheno, guidato dal presidente Massud Barzani, che con Ankara ha buoni rapporti. I miliziani sunniti sono stati addestrati dalle truppe turche di stanza nel campo di Bashiqa, 35 chilometri a nord-est di Mosul. Da qui e dalla località di Tal Kayf, a nord di Mosul, hanno cominciato a scendere in questi giorni verso la ’capitale’ dello Stato islamico. Da ovest, e in particolare dalla regione di Tal Afar, dovrebbero invece avanzare le milizie sciite filo-iraniane, le cosiddette Forze PUBBLICITÀ inRead invented by Teads di mobilitazione popolare (Hashid al Shàbi). Tuttavia, per evitare tensioni con la popolazione di Mosul, a maggioranza araba sunnita, il governo di Bagdad ha chiarito che in città potranno entrare solo le forze governative e le milizie sunnite. Escludendo quindi gli sciiti e i curdi. CORRIERE Le forze speciali irachene sono entrate a Mosul. Dopo giorni di battaglia nei sobborghi orientali, le truppe dell’antiterrorismo di Bagdad hanno cominciato l’avanzata nella città che dal 2014 è roccaforte dell’Isis. Lo ha annunciato il generale Wissam Araji, dei servizi anti-terrorismo iracheni addestrati dagli Usa, citato dal sito della Reuters. Il generale afferma che le prime truppe sono adesso nel quartiere orientale di Karama. Le truppe sono entrate in città attraverso Gogjali, il primo sobborgo ad est del centro della roccaforte del Califfato, e hanno preso l’edificio della tv nonostante la forte resistenza da parte dei combattenti dello Stato islamico, come testimonia anche l’inviato della Bbc embedded con le truppe irachene. Da due settimane si combatte per sottrarre la città al controllo dello Stato islamico. L’offensiva contro il gruppo jihadista è iniziata il 17 ottobre e da allora le forze irachene e peshmerga sono avanzate lentamente ma senza interruzioni sui fronti est, nord e sud. Presa la televisione Gli abitanti del quartiere di al-Quds hanno riferito che i jihadisti sono impegnati in combattimenti strada per strada, per tentare di respingere l’esercito. I soldati iracheni entrati nella stazione tv di Mosul, il primo edificio di importanza che sottraggono all’Isis dall’inizio dell’offensiva, ha dichiarato il generale Talib Shaghati. «Questo è un buon segno per la gente di Mosul, perché la battaglia per liberare la città è effettivamente iniziata», ha aggiunto. «Stiamo attualmente combattendo alle periferie orientali di Mosul», ha dichiarato il generale delle forze speciali, Abdul Wahab al-Saidi. «La pressione è su tutte le parti della città per facilitare l’ingresso nel centro città», ha precisato. Dentro per 5 chilometri Secondo gli attivisti anti-Isis dalla città, le Forze speciali di Baghdad sono penetrate per «5 chilometri» all’interno di Mosul. I miliziani jihadisti «hanno arretrato la propria ridotta difensiva, attestandosi nel cuore di Mosul», hanno spiegato gli attivisti. «Il quartiere di Kharama è deserto, la popolazione aspetta l’arrivo dei liberatori». Dall’inizio dell’offensiva, 16 giorni fa, i cacciabombardieri della Coalizione «hanno sganciato 3.000 bombe sulla città», ha riferito il portavoce della coalizione Usa, i colonnello John C. Dorian. Civili come scudi umani e 600 mila bambini in trappola Ancora una volta Isis sta usando la popolazione per assicurarsi la fuga. «Abbiamo rapporti secondo i quali l’Isis ha cercato di trasportare circa 25.000 civili da Hammam al-Alil, a sud di Mosul, a bordo di camion e minibus verso Mosul e nei dintorni della città. Crediamo che la maggior parte dei camion non abbia potuto raggiungere Mosul a causa dei voli di pattuglia della coalizione nella zona», ha detto la portavoce dell’Ufficio dell’Alto commissario Onu per i diritti umani Ravina Shamdasani citando diversi rapporti in possesso delle Nazioni Unite. «Tuttavia alcuni autobus hanno raggiunto Abusaif, a 15 km a nord di Hamam al-Alil City», ha aggiunto Shamdasani, esprimendo «profonda preoccupazione per la sicurezza di queste persone e le altre decine di migliaia di civili che sarebbero state forzatamente trasferite dall’Isis nelle due ultime due settimane». «Abbiamo inoltre ricevuto ulteriori rapporti di esecuzioni di massa da parte dell’Isis. Sabato, 40 ex membri della Forza di sicurezza iracheni sono stati uccisi ed i loro corpi sono stati gettati nel fiume Tigri», ha riferito infine la portavoce. Per Save the Children fino a 600.000 bambini sono tra gli 1,5 milioni di civili intrappolati a Mosul. La ong ha chiesto la creazione di «corridoi sicuri» per evacuare i civili Secondo gli iracheni, i miliziani dell’Isis presenti in città sono tra i 3 e i 5 mila. Nell’offensiva sono impegnati 50 mila soldati iracheni, combattenti curdi e milizie sciite. I raid Usa e i detenuti dei curdi Nel frattempo continuano i raid. Otto civili di una stessa famiglia, tre dei quali bambini, sono stati uccisi per errore nei giorni scorsi da un raid Usa sulla loro casa nel villaggio di Fadhiliya, pochi chilometri fuori Mosul. Lo affermano ong, fonti ufficiali e le milizie curde che combattono nell’area secondo quanto riferisce il Guardian. È la prima volta, scrive il sito del giornale, che un raid occidentale uccide civili da quando è iniziata l’offensiva per riprendere Mosul. Gli Usa confermano di aver condotto un bombardamento nell’area il 22 ottobre e che indagheranno sulla vicenda. Human Rights Watch denuncia anche come le forze di sicurezza curde stiano detenendo arbitrariamente uomini e ragazzi fuggiti da Mosul in una prigione vicino a Debaga. Secondo la ong statunitense i prigionieri sono trattenuti senza alcuna accusa formale. Le autorità curde sostengono di avere prigioniero un giornalista giapponese. Secondo l’agenzia giapponese il reporter Kosuke Tsuneoka stava coprendo la battaglia di Mosul al momento del suo arresto. Per Rudaw, agenzia di stampa curda, il giornalista si è invece unito a Isis. Secondo la propaganda dell’Isis che ha pubblicato un video, la vita procede normalmente nel quartiere di Karama. Isis insiste nel dire che «nessun apostata o infedele è entrato in città». Il drammatico bilancio Secondo le Nazioni Unite, 1792 persone sono state uccise nel corso delle violenze in Iraq nel mese di ottobre, contro le 1003 del mese precedente: 1120 erano civili. Altre 1358 persone sono rimaste ferite. La città più colpita è Baghdad, con 268 civili uccisi e 807 feriti, subito dopo viene la provincia di Ninive, con 566 morti e 59 feriti: gran parte della provincia di Ninive, compresa la sua capitale Mosul, è controllata dal gruppo jihadista. Mosul è caduta sotto il controllo di Isis nell’estate del 2014 e qui Al Baghdadi, dal pulpito della moschea di Al Nuri, si è autoproclamato califfo. STAMPA GIORDANO STABILE Le forze irachene sono entrate nella periferia di Mosul e hanno preso il controllo della vecchia torre tv che a Gagjali, il primo quartiere a est del centro della città. In questo modo le truppe hanno messo piede, dopo due settimane di offensiva, per la prima volta nell’area urbana. I miliziani jihadisti «hanno arretrato la propria ridotta difensiva, attestandosi nel cuore di Mosul». Lo sostengono gli attivisti anti-Isis dalla città, secondo i quali l’esercito di Baghdad sono penetrate per «5 chilometri» all’interno della città. «Il quartiere di Kharama è deserto, la popolazione aspetta l’arrivo dei liberatori». Dall’inizio dell’offensiva, 16 giorni fa, i cacciabombardieri della Coalizione «hanno sganciato 3.000 bombe sulla città», ha riferito il portavoce, Colonnello John C. Dorian. Il successo arriva dopo che il premier iracheno Haider al-Abadi ha lanciato questa mattina l’ultimatum ai combattenti dell’Isis a Mosul: “Non avete scelta, o la resa o la morte. Ci avviciniamo da tutti gli angoli e - a Dio piacendo - mozzeremo la testa del serpente. Non avete via di scampo né via di fuga”. Autobombe suicide Ieri le forze speciali irachene avevano preso il controllo definitivo del villaggio di Bazwaia, l’ultimo sulla strada Erbil-Mosul, l’accesso più diretto alla capitale dello Stato islamico, e il punto in cui le truppe più si sono avvicinate in modo stabile. Secondo l’Intelligence dei Peshmerga curdi l’Isis ha cercato di contrattaccare con autobombe suicide ma è stato bloccato da missili anti-tank. Secondo i Peshmerga a karama c’è stato anche un tentativo di sollevazione da parte della popolazione locale. Nell’area di Mosul a Est del fiume Tigri vive ancora una importante minoranza curda. Speranze di una sollevazione I curdi e il governo di Baghdad annunciano da giorni la sollevazione della popolazione di Mosul, uno sviluppo che renderebbe molto più agevole l’assalto al centro urbano, densamente popolato e fortificato, difeso da 6-7 mila jihadisti: un ostacolo molto più ostico rispetto ai villaggi in gran parte cristiani e curdi, quasi del tutto spopolati, che sono stati riconquistati finora. Rischio di un’altra Aleppo All’assalto di Mosul partecipano circa 50 mila uomini fra esercito, Peshmerga curdi, e forze sciiti, i cosiddetti comitati di difesa popolare, Hashd al Sha’abi. Il comandante della Badr, la milizia più potente e filo-iraniana, Hadi al-Amiri, ha annunciato la partecipazione dei suoi uomini all’offensiva. Secondo i piani dovrebbero avanzare verso Ovest, su Tall Afar, per completare l’accerchiamento. Ma gli sciiti potrebbero anche essere coinvolti nei combattimenti in città, al 90 per cento sunnita. L’idea di un lungo e sanguinoso assedio è stata paventata dallo stesso Al-Amiri: “Temiamo che Mosul possa diventare un’altra Aleppo, anche se speriamo che non succeda”. SOLE24ORE.COM Sconfiggere il califfo nella sua roccaforte irachena: è questo il significato della cruciale battaglia di Mosul, principale città a Nord dell’Iraq da due anni sotto il controllo dell’Isis. L’esercito iracheno ha annunciato il suo ingresso a Mosul per la prima volta dal luglio 2014, quando la seconda città del Paese cadde nelle mani degli uomini di al Baghdadi, che subito dopo proclamò il sedicente califfato. L’esercito iracheno è entrato nelle aree «sulla riva sinistra» del fiume Tigri, che divide in due la città, ha annunciato il Comando delle operazioni congiunte. Per riva sinistra intende il lato orientale della città: in particolare i soldati iracheni sono entrati a Judaidat Al-Mufti, area sud-orientale. Poco prima l’esercito iracheno aveva ripreso il controllo dell’edificio che ospita la tv ufficiale di Mosul, ai confini del quartiere di Kukyeli, porta di ingresso a est nella città. Nelle ore succesive i miliziani jihadisti «hanno arretrato la propria ridotta difensiva, attestandosi nel cuore di Mosul», hanno riferito gli attivisti anti-Isis dalla città, secondo i quali le Forze speciali di Baghdad sono penetrate per «5 chilometri» all’interno di Mosul. «Il quartiere di Kharama è deserto, la popolazione aspetta l’arrivo dei liberatori». Dall’inizio dell’offensiva, 16 giorni fa, i cacciabombardieri della Coalizione «hanno sganciato 3.000 bombe sulla città», ha riferito il portavoce, Colonnello John C. Dorian. Chi combatte contro il califfo Forze governative irachene, milizie curde Peshmerga, miliziani sunniti filo-turchi e miliziani sciiti filo-iraniani. Sono diverse, e con aspirazioni in certi casi contrastanti, le forze che partecipano all’offensiva. Una situazione che, se non dovesse essere gestita con attenzione e prudenza, potrebbe dare luogo a tensioni e anche a conflitti, coinvolgendo potenze regionali. Usa 2016 e il terrorismo / Clinton, Trump e il caos dopo Isis (peggio dell’Isis) I civili in pericolo L’inviato delle Nazioni Unite in Iraq, Jan Kubis, ha avvertito che i civili a Mosul e nelle zone circostanti «sono ancora in grave pericolo» a causa delle operazioni militari in corso e delle tattiche dell’Isis che li usa come scudi umani. L’Isis ha cercato di trasferire lunedì 25mila civili da un sobborgo a sud di Mosul fino al centro della città. Ma la maggioranza dei veicoli non sono riusciti ad arrivare a destinazione perché gli aerei della coalizione militare che appoggia l’Iraq pattugliavano la zona e li hanno obbligati a tornare alla zona di Hamman al-Ali, da dove erano partiti. Secondo lo Statuto di Roma, sul quale è stata creata la Corte Penale internazionale, il sequestro di persone in un conflitto armato è un crimine di guerra; e lo è anche costringere civili a spostarsi per ragioni non legate alla loro sicurezza o a imperativi militari. L’obiettivo degli estremisti è ovviamente quello di assicurarsi che le zone dove operano siano fortemente popolate per scoraggiare eventuali operazioni militari. SOLE24ORE ROBERTO BONGIORNI IL 18/10 Iraq, perché liberare Mosul dall’Isis sarà un percorso a ostacoli –di Roberto Bongiorni 18 ottobre 2016 Forze irachene ad al-Shourah, 45 km a sud di Mosul (Afp) Forze irachene ad al-Shourah, 45 km a sud di Mosul (Afp) Cosa ne sarà di Mosul una volta che la bandiera nera dello Stato islamico non sventolerà più sui suoi tetti? Il destino della seconda città dell’Iraq, conquistata dall’Isis nel giugno del 2014, sembra segnato. Secondo gli strateghi militari, americani ed iracheni, si tratta solo di tempo. Quanto? Non sarà veloce. Settimane, forse mesi. Chilometro dopo chilometro, villaggio dopo villaggio, l’offensiva per riconquistare la città irachena di Mosul dall’Isis procede lentamente. Tutto secondo i piani, secondo i vertici del Pentagono. Perché l’offensiva è complessa. E complesso è il collage interconfessionale e multietnico di soldati regolari e milizie che compongono una forza di 30mila unità schierata contro l’Isis. guerra in iraq e siria 17 ottobre 2016 Scatta l’offensiva per liberare Mosul dall’Isis. Aleppo città chiave per l’equilibrio dell’area I peshmerga curdi che premono da una direzione, a est. E che ora dispongono anche di droni forniti dagli Stati Uniti per sorvegliare i movimenti dei jihadisti. L’esercito regolare iracheno, che preme da più direzioni. Con un lungo convoglio di carri armati che procede lentamente e si trova oggi a 20 chilometri dalla città. Ma con la nona divisione molto più vicino, alla periferia dei Hamdaniyah, a sud di Mosul e ora bloccata dagli ordigni improvvisati e dai cecchini. Da altre direzioni sono le armi delle tribù sunnite, di cui 1.500 uomini addestrati dalla Turchia, a sparare. C’è anche qualche milizie cristiana e yazida a prendere parte all’operazione. Dal cielo la coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti, continua i suoi martellanti bombardamenti sulle postazioni dell’Isis in modo da spianare la strada ai peshmerga e all’esercito iracheno. Ma a bombardare dal cielo c’è anche l’aviazione irachena e perfino quella turca. Un intervento davanti al quale il Governo sciita di Baghdad assiste per ora impotente, ma che vede come il fumo negli occhi. Così come non tollera la presenza di militari turchi sul suo territorio, nella base di Bashiqa, per addestrare alcune delle milizie sunnite. Rallenta l’offensiva per Mosul «Le nostre forze aeree hanno partecipato all’intervento aereo a Mosul», ha dichiarato questa mattina il primo ministro Binali Yildirim, citato dai media turchi. Parlando ai deputati dell’Akp, il premier ha quindi ribadito che Ankara farà «tutto il necessario» per contrastare le «minacce» alla sua sicurezza e ai suoi interessi. Non sarà tuttavia facile riconquistare Mosul. Lo Stato islamico sta mettendo in campo la sua inesauribile armata di kamikaze (13 solo ieri) per cercare di fermare il nemico. Ma è consapevole che la vera battaglia non è quella di questi giorni. Quella che lo ha visto perdere rapidamente posizioni nelle campagne intorno alla città. Sarà quella di domani, la battaglia urbana. E quando il conflitto si sposta dalle zone rurali ai quartieri cittadini, il divario tecnologico si riduce di molto. I cecchini dell’Isis, gli ordigni nascosti, i potenziali scudi umani, i kamikaze, tutto ciò rischia di trasformare l’operazione in un lungo bagno di sangue in cui a farne le spese potrebbero ancora una volta essere soprattutto i civili (l’Unicef ha denunciato la presenza di mezzo milione di minori). Mosul appare una vittima predestinata. Il milione e mezzo di civili intrappolati in città ora è consapevole che verranno tempi bui. Probabilmente ancora più bui dei due anni vissuti sotto le leggi oscurantiste e brutali dello Stato islamico. Non vedono di buon occhio l’esercito regolare iracheno, composto in buona parte da sciiti. Lo steso vale per i curdi. Temono che i liberatori di oggi possano trasformarsi negli oppressori di domani. Iraq, l’esercito prepara l’offensiva a Mosul Guarda ancora Scopri di più Ultime gallery Colori e maschere per la festa di Halloween 23 USA 1 novembre 2016 Colori e maschere per la festa di Halloween Il viaggio di Papa Francesco in Svezia 22 Europa 1 novembre 2016 Il viaggio di Papa Francesco in Svezia Un convoglio Peshmerga si dirige verso una prima linea nella Khazer, a circa 30 chilometri (19 miglia) a est di Mosul, in Iraq. ANSA/AP Photo/Bram Janssen Forze irachene nella zona di al-Shourah, a circa 45 chilometri da Mosul. AFP PHOTO / AHMAD AL-RUBAYE Un convoglio Peshmerga si dirige verso una prima linea nella Khazer, a circa 30 chilometri (19 miglia) a est di Mosul, in Iraq. ANSA/AP Photo/Bram Janssen 1/18 La loro situazione è disperata; potrebbero essere usati come scudi umani dai jihadisti. E se fuggissero potrebbero essere intercettati dalle milizie sciite filoiraniane e in parecchi torturati perché sospettati di aver sostenuto o collaborato con il nemico. Ecco perché l’operazione militare più grande in cui è coinvolto l’esercito iracheno da molti anni è davvero complessa e piena di incognite. Ecco perché in molti si domandano, con inquietudine: che cosa ne sarà di Mosul una volta che i “liberatori” avranno cacciato via i jihadisti? Chi amministrerà questa città la cui maggioranza è sempre stata sunnita, amministrata dai sunniti? E soprattutto: che cosa fare per impedire che dopo il tempo dell’Isis non arrivi il tempo delle vendette?