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 2016  ottobre 31 Lunedì calendario

APPUNTI SULL’ITALICUM PER LA VERITA’ – Se poi si pensa che esiste un sistema elettorale diverso per l’elezione dei Comuni, uno per le Regioni, uno per le Province, la discussione sulla legge elettorale ha preso livelli di raffinatezza inauditi in tutte le altre democrazie occidentali che, come ci ha ricordato Sabino Cassese su queste pagine, cambiano sistemi elettorali con molta parsimonia

APPUNTI SULL’ITALICUM PER LA VERITA’ – Se poi si pensa che esiste un sistema elettorale diverso per l’elezione dei Comuni, uno per le Regioni, uno per le Province, la discussione sulla legge elettorale ha preso livelli di raffinatezza inauditi in tutte le altre democrazie occidentali che, come ci ha ricordato Sabino Cassese su queste pagine, cambiano sistemi elettorali con molta parsimonia. *** QUAL È IL PROBLEMA CON L’ITALICUM – IL POST 8/10 – L’attuale legge elettorale per la Camera, l’Italicum, approvata un anno fa, è diventata centrale nella agguerrita discussione sul prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre, malgrado il referendum tratti d’altro. Questo perché, sostengono i suoi critici, sarebbe il «combinato disposto» della legge elettorale e della riforma della Costituzione a creare dei rischi: da qui vengono le richieste di modifiche alla legge elettorale da parte della minoranza del Pd, per accettare di votare sì al referendum. Come funziona l’Italicum, spiegato bene Dell’Italicum serve sapere innanzitutto due cose importanti. La prima: è una legge che, comunque vadano le elezioni, assicura una maggioranza assoluta dei seggi al partito che prende più voti. Se nessun partito riesce a ottenerla al primo turno – raggiungendo il 40 per cento più uno dei voti, dice la legge – si disputa un secondo turno tra i due partiti più votati. Chi vince ottiene 340 seggi alla Camera, cioè il 55 per cento del totale (o meglio: del totale dei 618 deputati eletti in Italia, visto che i 12 eletti all’estero non vengono conteggiati in questo calcolo). La seconda cosa da sapere è che per via del meccanismo dei cosiddetti «capilista bloccati», circa metà del Parlamento non sarà eletta con le preferenze (cioè gli elettori non sceglieranno i parlamentari scrivendo il loro nome sulla scheda) ma in conseguenza delle scelte dei partiti. L’Italicum è un sistema originale e probabilmente unico al mondo. La prima anomalia è che il ballottaggio è un sistema utilizzato di solito per scegliere tra due candidati, mentre è molto raramente utilizzato per scegliere tra due liste. La seconda è che l’Italicum è tecnicamente una legge proporzionale, in cui cioè i seggi vengono distribuiti in maniera “proporzionale” in base al numero di voti raccolti dai vari partiti: questo però dopo che al partito vincitore è garantito un premio di maggioranza, il 55 per cento dei seggi, e può quindi essere considerato anche un sistema maggioritario. L’Italicum divide l’Italia in 20 circoscrizioni, a loro volta divise in 100 collegi elettorali. In ogni collegio vengono eletti dai 3 ai 9 deputati. Per ogni collegio i partiti presentano una lista di candidati. Quello in prima posizione, il capolista, è il primo ad essere eletto se in quel collegio spettano seggi al suo partito. Se il partito ottiene più di un eletto in quel determinato seggio, allora si valutano le preferenze: viene eletto chi, all’interno della lista, ha ricevuto più voti esplicitamente indirizzati a lui. I capilista, inoltre, hanno il diritto di presentarsi in più di un collegio (fino a dieci), una pratica adottata in genere per assicurare l’elezione di figure importanti del partito, o per garantire maggiore visibilità alla lista. Questo significa che al massimo un terzo degli eletti nel partito di maggioranza è costituito dai capilista, cioè da persone scelte dai partiti, mentre i restanti 240 sono scelti con le preferenze. Questo perché grazie al meccanismo della candidature multiple dei capilista è possibile, anche se improbabile, che nei 100 collegi siano candidati capilista soltanto dieci persone (dieci capilista, ognuno candidato in dieci collegi diversi). Nei partiti di minoranza, invece, la percentuale di eletti con le preferenze sarà molto inferiore. Teoricamente, anche se è uno scenario abbastanza improbabile, tutti i deputati dell’opposizione potrebbero essere eletti senza preferenze, portando così il parlamento ad avere 390 capilista nominati dai partiti e 240 eletti con le preferenze. Cosa c’entra la legge elettorale con il referendum costituzionale? È il tema politico più importante di questo autunno, dal quale discendono moltissime delle critiche alla riforma costituzionale. Il punto è questo: la riforma costituzionale toglie al Senato la possibilità di dare la fiducia al governo. L’Italicum, grazie al meccanismo del ballottaggio, assicura al partito che vince l’elezione una netta maggioranza alla Camera, indipendentemente da quanti consensi ha ottenuto al primo turno. Secondo i critici, quindi, unendo la riforma alla legge elettorale (il famoso “combinato disposto”, come lo chiamano i suoi critici) si rischia di creare una Camera molto forte dominata da un partito di maggioranza che ha un numero di seggi del tutto sproporzionato rispetto al consenso ottenuto alle elezioni. La risposta prevalente a questa critica è che ci sono altri sistemi elettorali nelle democrazie europee che producono risultati simili (ossia partiti che ottengono la maggioranza dei seggi pur avendo consensi molto inferiori al 50 per cento). L’esempio che si fa di solito è quello del Regno Unito, dove nel maggio del 2015 il partito conservatore di David Cameron ha ottenuto il 36,9 per cento dei voti, conquistando 329 seggi, cioè più del 50 per cento dei 650 membri della Camera dei comuni. Il sistema inglese è un “vero” maggioritario: il paese è diviso in 650 collegi in cui si affrontano i candidati delle varie liste. Chi ottiene la maggioranza dei voti viene eletto. In inglese viene definito “first past the post”, ossia il primo prende tutto. È un sistema considerato spesso poco democratico, perché trascura i voti dei partiti più piccoli. Lo UKIP, per esempio, ottenne più del 12 per cento dei voti, ma per via del sistema maggioritario prese un unico seggio. Il settimanale Economist ha definito il sistema elettorale britannico “irrimediabilmente decrepito“. Perché adesso tutti vogliono cambiare l’Italicum? Buona parte dell’opposizione vuole cambiare l’Italicum per via delle critiche che abbiamo elencato finora. Per parte del centrodestra l’opposizione alla legge è invece soltanto tattica all’interno dell’opposizione al governo, visto che l’Italicum è stato scritto e inizialmente votato tanto dal Pd quanto da Forza Italia. Nelle ultime settimane anche la maggioranza del Pd, compreso il governo e il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha detto di essere disponibile a cambiare la riforma, nonostante sia stata approvata pochi mesi fa con diversi voti di fiducia, dopo essere stata definita una legge che tutta l’Europa ci avrebbe invidiato. Le ragioni di questa scelta sono diverse. Una delle principali è probabilmente che i sondaggi sostengono che al referendum sia in vantaggio il no alle riforme costituzionali. Per il governo e il Pd, quindi, recuperare voti a sinistra trattando sull’Italicum è un tentativo di aumentare le possibilità di vittoria al referendum. La seconda è che le elezioni amministrative hanno suggerito che il Movimento 5 Stelle sia avvantaggiato nei ballottaggi, per via delle logiche “anti” che guidano molti elettori. Come ha scritto il Centro studi elettorale dell’università Luiss (Cise), il partito di Grillo è una «macchina da ballottaggi», in grado di raccogliere parte del voto del centrodestra quando si scontra direttamente con il centrosinistra e viceversa. In caso di ballottaggio nazionale, quindi, c’è il timore che i voti andati al centrodestra si spostino automaticamente sul Movimento 5 stelle, portando alla sconfitta del Pd. Quando e come sarà modificato l’Italicum? Secondo gran parte degli esperti, è praticamente impossibile riuscire a trovare un accordo in Parlamento e approvare una nuova legge elettorale prima del 4 dicembre, il giorno del referendum costituzionale. Secondo quello che scrivono le cronache parlamentari di questi giorni – che vanno prese con le solite cautele – la maggioranza del Pd vorrebbe avere almeno una proposta in discussione in Parlamento prima del referendum. Come sarà modificato l’Italicum è una domanda ancora più grossa e aperta. In queste settimane sui giornali e in Parlamento circolano almeno una decina di proposte diverse: da quella del Movimento 5 stelle a quelle della minoranza del Pd, di Area Popolare a quelle dei singoli parlamentari. In genere hanno tutti nomi coloriti e dall’aria latineggiante: Democratellum, Bersanellum, Fornarellum, Mattarellum 2.0. È sostanzialmente impossibile, e probabilmente inutile, cercare di tenere il filo di tutte le proposte. Quello che è importante sapere è che le proposte cercano tutte di modificare i punti più critici della legge. Alcune cancellano il ballottaggio, altre cercano di depotenziarlo, oppure introducono un premio di maggioranza più basso. Altri ancora, soprattutto nel centrodestra, vorrebbero mantenere ballottaggio e premio di maggioranza, ma assegnarlo all’intera coalizione e non soltanto al partito vincitore. Soltanto nelle prossime settimane si capirà se sarà possibile per la maggioranza portare avanti una proposta unica e iniziare a discuterla prima della data del referendum e prima di un altro avvenimento molto importante in questa storia. La Corte Costituzionale L’altra ragione che ha spinto la maggioranza ad accettare una modifica della legge elettorale è il fatto che la Corte Costituzionale sta esaminando sei profili di incostituzionalità sollevati contro l’Italicum. I più importanti sono la presenza di liste parzialmente bloccate (che era già stata dichiarata incostituzionale nella precedente legge elettorale, il cosiddetto Porcellum) e la faccenda del ballottaggio che assegna un grosso premio di maggioranza. Inizialmente la Corte aveva fatto sapere che avrebbe preso una decisione il 4 ottobre, ma successivamente ha deciso di rimandarla a data da destinarsi. Secondo quasi tutti gli esperti la Corte si esprimerà dopo il referendum, probabilmente a gennaio. Quindi, cosa dobbiamo aspettarci? Ricapitolando: tutti vogliono modificare la legge elettorale, ma non è chiaro se ci riusciranno e quanto tempo ci vorrà. L’esito del referendum, probabilmente, influenzerà molto il dibattito parlamentare e, in qualche misura, anche la decisione della Corte Costituzionale. In teoria, comunque, sarebbe possibile votare senza toccare l’Italicum. In caso di elezioni dopo la vittoria dei “sì” al referendum, si voterebbe solo per la Camera, con l’Italicum modificato dalle eventuali decisioni della Corte (che potrebbe decidere di eliminare il ballottaggio, i capilista bloccati oppure le candidature multiple). In caso di vittoria dei “no” si voterebbe utilizzando l’Italicum (eventualmente modificato) alla Camera e il cosiddetto Consultellum al Senato, cioè la vecchia legge elettorale (il famoso Porcellum) modificata dalla Corte Costituzionale. In sostanza il Senato verrebbe eletto con un proporzionale quasi puro. *** Che cos’è l’Italicum e come funziona? L’Italicum è la legge elettorale per l’elezione della Camera dei deputati approvata il 4 maggio 2015 ed entrata in vigore il primo luglio 2016. È un sistema elettorale proporzionale a due turni con un premio di maggioranza: vince al primo turno la lista, non sono previste le coalizioni, che supera il 40 % dei voti Chi vince ottiene 340 seggi pari al 55% dei seggi della Camera. Nel caso nessuno superi la soglia del 40% si prevede un secondo turno di ballottaggio fra le due liste più votate. Chi vince ottiene sempre 340 deputati. Fra i due turni non sono previsti apparentamenti. È prevista una soglia minima del 3 per cento nazionale per accedere alla ripartizione dei seggi. Gli elettori sono divisi in 20 circoscrizioni e 100 collegi: i capilista nei 100 collegi sono bloccati, cioè vengono eletti automaticamente in caso di conquista di seggi: gli altri eventuali sono asseganti in base alle preferenze raccolte dai candidati. Perché è legato al referendum sulla riforma costituzionale? La nuova legge elettorale e la riforma costituzionale sono due leggi diverse. In autunno si voterà solo sulla seconda. Ma molti oppositori della riforma lamentano il “combinato disposto “ delle due leggi. Le modalità di elezione della Camera, soprattutto le nomine bloccate di parte degli eletti e il premio di maggioranza, rischierebbero secondo questi critici di ampliare ulteriormente i nuovi poteri del governo previsti dalla riforma Boschi. Soprattutto in materia di agenda parlamentare. Il rischio sarebbe uno sbilanciamento dei poteri e un’alterazione degli equilibri costituzionali. Il timore è anche che la maggioranza di Camera e Senato possa eleggere in maniera solitaria il presidente della Repubblica e altri organi di garanzia. Nel panorama politico è soprattutto la sinistra del Pd a subordinare il proprio Sì al referendum costituzioanle all’immediato cambiamento dell’Italicum. C’è una maggioranza parlamentare per modificarlo? Nell’ultimo voto alla Camera, il 4 maggio del 2015, hanno votato a favore dell’Italicum Pd, Ncd, Udc, Scelta Civica, Centro democratico, Psi e Maie. La minoranza del Pd, che ha votato la riforma costituzionale, però ha deciso di votare no. I numeri dicono che, in caso di volontà del Pd di modificare l’Italicum, si aprono due strade. Una prevede la rinascita del Patto del Nazareno. E Berlusconi sarebbe ben contento di passare dal premio alla lista al premio alla coalizione che risolverebbe molti problemi politici del suo centrodestra. E sarebbero d’accordo anche i gruppi centristi della maggioranza che vedrebbero alzarsi le probabilità di tornare in Parlamento. L’altra strada prevede invece un accordo più ampio con il Movimento Cinque Stelle che in Parlamento si è opposto ferocemente al varo dell’Italicum. Ma nel momento in cui si è cominciato a parlare di modifiche i grillini hanno subito detto no. Perché il M5S contrario alla legge ora non vuole cambiarla? Il Movimento Cinquestelle, soprattutto dopo i risultati delle ultime amministrative e le dinamiche elettorali che si sono registrate, si è convinto che il doppio turno dell’Italicum è lo strumento ideale per una sua vittoria su scala nazionale. Al secondo turno, infatti, i non vincenti del primo si coalizzano in genere contro il Pd e votano il candidato grillino arrivato al ballottaggio. Inoltre il M5S non ha alcun interesse a passare dal premio di maggioranza alla lista al premio di maggioranza alla coalizione. In primis perché rifiuta ideologicamente l’idea di coalizzarsi alle elezioni con altre forze politiche. Ma soprattutto ancora una volta per calcolo: una coalizione di centrosinistra, allargata a sinistra, e una coalizione di centrodestra che raccolga tutti gli spezzoni potrebbero infatti arrivare prima e seconda, estromettendo i grillini dal possibile ballottaggio vincente. Quali sono i modelli alternativi proposti finora? Nei cassetti delle commissioni parlamentari giacciono naturalmente molte altre proposte di legge elettorali. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dalla minoranza del Pd, proposta a Renzi come terreno di mediazione sul Sì al referendum costituzionale. I bersaniani vogliono un ritorno al Mattarellum con alcune rivisitazioni. Scelgono di eleggere 475 deputati nei collegi uninominali, più 12 all’estero. I restanti 143 li vogliono divisi in due premi di maggioranza: 90 alla coalizione, o alla lista, vincente a livello nazionale, tale da portare il numero dei deputati al massimo a 350. Trenta seggi andrebbero al gruppo arrivato secondo e 23 sarebbero divisi fra chi ha superato il 2%. I giovani turchi vogliono adottare il modello greco con un premio di maggiranza del 15%. Anche i grillini hanno una proposta: un sistema proporzionale con collegi intermedi e possibilità di dare preferenze positive e negative. *** Liste «brevi» e parità di genere Nei collegi elettorali ciascun partito presenta una lista”breve” (da 2 a 9 candidati) composta da un capolista e da un elenco di nomi presentati in ordine numerico. I capilista sono bloccati (norma su cui erano contrari minoranza Pd e M5S) ossia automaticamente eletti se scatta il seggio mentre per gli altri sarà possibile esprimere una o due preferenze. Il numero di candidati di ogni lista è calcolato in base al totale dei seggi assegnati al collegio plurinominale: non potrà essere inferiore alla metà e superiore al numero complessivo. Mentre per i capilista saranno possibili le candidature plurime – in dieci collegi al massimo – gli altri candidati non potranno presentarsi in più collegi neppure di un’altra circoscrizione. Al fine di garantire la rappresentanza di genere, l’Italicum prevede che in ciascuna lista i candidati sono presentati in ordine alternato in base al sesso; i capolista dello stesso sesso non possono eccedere il 60% del totale in ogni circoscrizione e nel complesso delle candidature circoscrizionali di ciascuna lista, nessun sesso può essere rappresentato in misura superiore al 50%. L’elettore può esprimere fino a due preferenze: in questo caso va scelto un candidato di sesso diverso rispetto al primo, a pena di nullità della seconda preferenza. * RIPARTIZIONE DEI SEGGI Chi vince avrà 340 deputati Premio di maggioranza alla lista vincente e attribuzione dei seggi su base nazionale con metodo proporzionale in base al numero di voti ottenuti. È sostanzialmente questo – fatta eccezione per le disposizioni particolari Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige – il criterio scelto dall’Italicum per eleggere la Camera dei deputati. Alla lista che otterrà più voti andranno 340 seggi su 630, sia che vinca al primo turno (superando la soglia del 40%) sia al ballottaggio tra i due partiti che hanno ottenuto il maggior numero di voti (nel testo approvato in prima lettura alla Camera, in questo secondo caso si prevedeva un premio più basso di 321 seggi). Agli altri partiti che supereranno la soglia di sbarramento del 3% necessaria per accedere a Montecitorio (oltre, a determinate condizioni, alle liste rappresentative di minoranze linguistiche) ne saranno assegnati 278. I restanti 12 seggi sono invece da attribuire nella circoscrizione estero. Una volta individuate le liste ammesse al riparto dei voti l’ufficio elettorale centrale nazionale procederà a una prima ripartizione provvisoria e temporanea di assegnazione dei seggi alle liste sulla base dei voti ottenuti in modo da verificare il conseguimento di 340 seggi da parte della lista maggioritaria. * PREMIO MAGGIORANZA ALLA LISTA Stop al sistema delle coalizioni Coalizioni addio. L’Italicum nella sua versione finale assegna il premio di maggioranza del 15% alla lista che supera il 40% dei voti al primo turno o che vince al ballottaggio. Cancellando rispetto al testo approvato dalla Camera in prima lettura tutte le disposizioni che facevano riferimento alle coalizioni di lista. Una soluzione che ha visto la forte opposizione di Forza Italia (e anche della minoranza Pd) che fino all’ultimo ha chiesto di tornare al premio di maggioranza (340 seggi) attribuito alla coalizione. Sempre Fi e minoranza dem ma anche Pi e Scelta civica proponevano la possibilità di un accorpamento tra liste al momento del ballottaggio. Nel testo approvato dalla Camera in prima lettura, la soglia di voti necessaria per l’attribuzione del premio al primo turno era fissata al 37% ed era previsto sia per la lista che per «una coalizione di liste». Inoltre l’entità del premio di maggioranza era diversa a seconda che lo stesso fosse attribuito al primo turno – una percentuale di seggi pari alla cifra elettorale nazionale della lista o coalizione aumentata del 15 per cento fino a un massimo di 340 seggi – o al secondo turno – 321 seggi. * SOGLIA DI SBARRAMENTO Limite unico al 3% dei voti Prevista una soglia di sbarramento per poter entrare alla Camera dei deputati. Accederanno alla ripartizione dei seggi solo le liste che abbiano ottenuto il 3% dei voti validi. Anche in questo caso sparisce nel testo il riferimento alle coalizioni, cancellato dal Senato. Il testo approvato in prima lettura a Montecitorio infatti prevedeva diverse soglie, proprio in considerazione del fatto che era prevista la possibilità di fare alleanze: 12% per le coalizioni (con un minimo del 4,5% per la singola lista coalizzata) e 8% per le liste non coalizzate. Si abbassa dunque la soglia di sbarramento (una norma fortemente voluta da Ncd) che diventa unica e vale solo per la singola lista. Fanno eccezione le disposizioni particolari per Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige. Ma potranno ottenere dei seggi anche le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una Regione ad autonomia speciale il cui statuto preveda una particolare tutela di tali minoranze, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi nella Regione stessa. Tra i partiti della minoranza che superano la soglia di sbarramento saranno ripartiti in base ai voti 278 seggi. * BALLOTTAGGIO Sotto il 40% confronto a due Nel caso in cui una lista non raggiunga nella prima tornata elettorale il 40% dei voti validi per ottenere il premio di maggioranza di 340 seggi – mutuando il modello per l’elezione dei sindaci – scatta il ballottaggio tra i due partiti che hanno ottenuto il maggior numero di consensi. La consultazione dovrà tenersi la seconda domenica successiva a quella del voto. Anche per il ballottaggio è esclusa ogni forma di collegamento tra liste o di apparentamento tra i due turni di votazione (una richiesta che invece era stata avanzata da Forza Italia, minoranza Pd, Scelta civica e Pi). A verificare il mancato raggiungimento della soglia del 40% per aggiudicarsi il premio è l’ufficio elettorale centrale (il Movimento 5 Stelle chiedeva un quorum di elettori per ritenere valido il ballottaggio). Nel caso si proceda al secondo turno è prevista una scheda elettorale ad hoc, unica a livello nazionale in cui sono riprodotti in due distinti rettangoli, i contrassegni delle due liste ammesse. In un ordine stabilito con sorteggio da effettuare presso l’ Ufficio elettorale centrale nazionale. Anche il testo approvato in prima lettura alla Camera prevedeva la scheda unica nazionale per il ballottaggio. Nel corso dell’esame del Senato sono stati eliminati i riferimenti nella scheda per il ballottaggio alle colazioni di liste. * CIRCOSCRIZIONI ELETTORALI Territorio diviso in 100 collegi Ai fini della presentazione delle liste di candidati, il territorio nazionale è diviso in 20 circoscrizioni elettorali, corrispondenti alle regioni, suddivise in complessivi 100 collegi plurinominali. La determinazione dei collegi avverrà con decreto legislativo del Governo, da emanare secondo i princìpi e i criteri direttivi stabiliti dalla legge ed entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa. L’assegnazione del numero di seggi spettante a ciascuna circoscrizione sarà effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno, da emanare contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi. Con il medesimo decreto viene determinato, per ciascuna circoscrizione, il numero di seggi da attribuire nei collegi plurinominali sulla base dei risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione; i seggi spettanti a ciascuna circoscrizione vengono assegnati in collegi plurinominali nei quali il numero di seggi non può essere inferiore a tre e superiore a nove. Per Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige sono previste disposizioni specifiche e la divisione è articolata in collegi uninominali. Marco Libelli e Marta Paris, Il Sole 24 Ore 5/5/2015 *** LA TRATTATIVA NEL PD – IL POST 26/10 – Da due settimane è in corso dentro il Partito Democratico un’importante trattativa su come modificare la legge elettorale, cioè quella che stabilisce in che modo trasformare i voti espressi dagli elettori in seggi parlamentari. Una parte della minoranza del partito, guidata dal deputato Gianni Cuperlo, chiede che l’Italicum – la legge attualmente in vigore, ma solo per la Camera – sia cambiata in senso più rappresentativo e proporzionale, diminuendo il numero di parlamentari eletti con le liste bloccate e l’entità del premio di maggioranza. La maggioranza, e il segretario Matteo Renzi, si dicono da tempo disponibili a cambiare la legge, ma non hanno ancora detto quali sono per loro i punti irrinunciabili. Dall’esito della trattativa dipende se il PD arriverà più unito di così al referendum costituzionale del 4 dicembre, oppure se una parte più o meno consistente della minoranza voterà No. Da mesi, infatti, la minoranza del partito chiede che l’Italicum venga modificato e minaccia di votare No al referendum in caso contrario. La preoccupazione di molti di loro sembra essere il famoso “combinato disposto“, cioè il fatto che in caso di approvazione della riforma costituzionale, l’Italicum permetterebbe a una forza politica con un consenso relativamente basso di ottenere la maggioranza assoluta nell’unica camera che dà la fiducia al governo (nello scontro attuale, comunque, sono anche presenti ragioni di tattica politica e reciproche antipatie personali). La conseguenza di un eventuale fallimento della trattativa non sembra essere il rischio di una scissione del partito (i leader della minoranza hanno già detto che resteranno nel Pd in ogni caso). Piuttosto, il pericolo è che all’interno del Pd si apra una nuova e ancor più profonda lacerazione che, come in altri casi passati, causi un ulteriore calo di consensi; senza contare che renderebbe più lontana la vittoria del Sì al referendum e quindi metterebbe in pericolo la sopravvivenza del governo e la carriera del suo presidente Matteo Renzi. Dalla scorsa estate – e in particolare dopo la sconfitta alle elezioni amministrative di giugno – la maggioranza del PD e lo stesso Renzi hanno aperto alla possibilità di modificare la legge elettorale, ma fino alla direzione nazionale dello scorso 10 ottobre (quando Renzi ha proposto di iniziare la trattativa in corso in questi giorni) non c’erano stati passi concreti. Una parte della minoranza, e in particolare gli esponenti del partito vicini all’ex segretario Pierluigi Bersani, hanno criticato molto questa lunga attesa, al punto che negli scorsi giorni in diversi hanno detto che è oramai troppo tardi e che, qualunque sia l’esito della trattativa, voteranno No al referendum. Martedì sera, ospite della trasmissione tv Otto e mezzo, lo stesso Bersani è stato più disponibile, anche se è rimasto molto critico della lentezza con cui la maggioranza ha concretamente aperto alle modifiche. Nella pratica, la trattativa si sta svolgendo all’interno di una commissione che si è riunita per la prima volta lo scorso 20 ottobre. Della commissione fanno parte il presidente del PD Matteo Orfini, il vicesegretario Lorenzo Guerini, i capigruppo di Camera e Senato Ettore Rosato e Luigi Zanda, e Gianni Cuperlo, come rappresentante della minoranza del partito. La commissione dovrebbe riunirsi per una seconda volta nei prossimi giorni. Bersani ha detto che il successo della commissione dipenderà dalla possibilità di trovare un accordo sui punti tecnici della legge (maggiore rappresentatività e proporzionalità) ma anche dal tipo di impegno per modificare l’Italicum che la maggioranza sarà disposta a prendere. Il referendum, infatti, è troppo vicino per riuscire ad approvare una nuova legge elettorale prima del 4 dicembre, e sembra altrettanto difficile riuscire a presentare un testo in Parlamento e iniziarne la discussione. La strada per ricucire la situazione nel PD, quindi, è molto stretta. La commissione dovrà raggiungere rapidamente un accordo sui punti tecnici, ottenere un qualche tipo di assenso sulla bozza da parte di altre forze parlamentari (il PD da solo non ha i numeri per modificare l’Italicum al Senato) e impegnarsi a portare avanti le modifiche proposte in maniera sufficientemente chiara da soddisfare le richieste della minoranza, che teme che una promessa troppo vaga potrebbe essere tradita dopo il referendum. *** DANILO MARTIRANO, CORRIERE DELLA SERA 12/9 – L’Italicum è la legge elettorale maggioritaria vigente (mai sperimentata) applicabile solo per la Camera secondo il disegno costituzionale della riforma Renzi-Boschi che a fine autunno verrà sottoposto a referendum. Il premio di maggioranza (340 deputati) lo conquista il primo partito che supera al primo turno la soglia del 40% o che poi vince il ballottaggio. Il doppio turno fa dell’Italicum un «sistema sicuro» per quel che riguarda la governabilità: «La sera delle elezioni si saprà chi guida il Paese», ama ripetere il premier Renzi. Eppure, sostengono i detrattori della legge, il «premio» può essere conquistato anche se solo una minoranza di elettori partecipa al ballottaggio: «Ci vuole una soglia di partecipazione minima per la validità», propone Pino Pisicchio (Misto). Concepito con il Pd al 40%, ora l’Italicum fa gola ai grillini che alle Comunali hanno vinto molti ballottaggi: «Oggi per il Pd – fa notare il sondaggista Roberto Weber di Ixe – il secondo turno con i grillini è un azzardo». Così Renzi ha aperto al premio di coalizione che sostituirebbe quello assegnato al partito. Mattarellum 2.0 Il Mattarellum 2.0, illustrato dal senatore bersaniano Federico Fornaro (Pd), è un sistema maggioritario con 475 collegi uninominali e triplo premio (90 deputati al primo partito, 30 al secondo, 23 alle liste che superano il 2% come diritto di tribuna, che si aggiungono ai 12 deputati eletti all’estero) che tiene in grande considerazione il fattore rappresentatività e condiziona quello della governabilità: stabilendo un premio di maggioranza che, aritmeticamente, potrebbe produrre anche una minoranza. Il primo partito infatti, pur portando a casa 90 deputati di premio, potrebbe anche dover cercare alleati o grandi coalizioni in Parlamento per poter governare il Paese. Anche stravincendo, il primo partito non potrà mai superare la soglia di 350 deputati. «Con il Mattarellum 2.0, che è un sistema meritocratico, vince il centro sinistra se la coalizione risulterà maggioritaria», osserva il sondaggista Nicola Piepoli. Che risponde così se gli si ricorda che Berlusconi vinse con il Mattarellum concepito dal centro sinistra: «Allora era il centro destra a essere maggioritario e competitivo...». Democratellum Il proporzionale con preferenza in salsa spagnola proposto da ultimo dal M5S prevede collegi medio-piccoli che introducono uno «sbarramento di fatto» molto severo per i partiti minori: se l’Italicum stabilisce uno sbarramento basso del 3%, il «Democratellum» grillino alza l’asticella, anche oltre il 10%, fino a determinare «l’ingresso in Parlamento solo delle tre forze principali (Pd, M5S, centrodestra) e della Lega», osserva il professore ed ex senatore pd Stefano Ceccanti. Il M5S, nel proporre un sistema proporzionale che implica comunque le larghe intese per governare, parla di «spinta all’aggregazione di forze piccole e medie». Tuttavia, spiega Ceccanti, «questo sistema ammazza i piccoli, a partire dai centristi di Ncd per finire alla sinistra di Sel-SI, e salva giusto il partito regionale che da a noi è rappresentato dalla Lega». Per anni, in Spagna, questo sistema ha garantito la competizione per il governo del Paese tra due grandi partiti, popolari e socialisti, ma ora lo schema di gioco è cambiato, conclude il professore: «Se le forze in campo non sono 2 ma 4, il sistema implode». Provincellum Il Provincellum, sponsorizzato dal deputato renziano Dario Parrini, è una versione «provincializzata» dell’Italicum che mantiene intatto il sistema di assegnazione dei seggi (premio di maggioranza di 340 deputati e ballottaggio se il primo partito non supera il 40% al primo turno) ma modifica il meccanismo di selezione della classe politica. I collegi uninominali sono 618 (con i 12 della circoscrizione estero si arriva al plenum completo di 630 seggi) per cui il rapporto eletto/elettori scende a 1/100 mila quando nell’Italicum, che ha 100 collegi, è 1/600 mila. Qui, i collegi uninominali, a differenza del Mattarellum, non sono maggioritari: ogni partito presenta un nome per collegio e alla fine passano solo quei candidati che nell’ambito «provinciale» della circoscrizione hanno ottenuto il migliore risultato. «Da un punto di vista delle quantità il Provincellum non cambia nulla rispetto all’Italicum – fa notare il politologo Roberto D’Alimonte – ma il discorso cambia per la selezione dei candidati che ci devono mettere la faccia, in collegi più piccoli». Una bella differenza rispetto ai 100 capilista bloccati dell’Italicum. *** LEGGI ELETTORALI E GIRAVOLTE. LE MILLE IDEE DEGLI EX PCI – MATTIA FELTRI, LA STAMPA 12/10 – Tenetevi forte: saliamo sulle montagne russe. Dicembre 2005, nasce il Porcellum. È in fasce e fa già schifo a tutti, per capirlo basta il nome. Negli anni sarà definito schifezza, indecenza, vergogna, verrà dichiarato incostituzionale, si invocheranno governi di scopo per cancellarlo. Ma dura tre elezioni: una vinta a destra, l’altra a sinistra, la terza finita in pareggio. Ma quando a fine 2011 era arrivato Mario Monti, i partiti non avevano altra incombenza che rifare la legge elettorale. Un terzetto di prescelti – Maurizio Migliavacca per il Pd, Denis Verdini per il Pdl, Nando Adornato per i centristi – si incontra e tratta. Il Pd vuole il sistema francese con doppio turno di collegio, il Pdl risponde ok, perfetto, allora dateci il semipresidenzialismo. Il semipresidenzialismo? Mai! Provocazione! Scandalo! Insomma, salta tutto (se non riuscite a stare dietro a doppi turni, collegi eccetera non importa, la trama non ne risentirà). Allora il Pdl dice: teniamo il Porcellum e aggiungiamo le preferenze, così l’elettore si sceglie il parlamentare. Le preferenze? Mai! Provocazione! Scandalo! Anna Finocchiaro: «Siamo contrari alle preferenze». Pierluigi Bersani: «Collegi, non preferenze, non possiamo metterci fra Tangentopoli e la Grecia». Vannino Chiti: «Niente ritorno alle preferenze». Salta tutto. Si torna al voto col Porcellum, febbraio 2013. 

Bersani non riesce a fare il governo. Lo fa Enrico Letta col centrodestra. Si comincia a lavorare alla nuova legge elettorale. Si istituisce un apposito comitato di saggi. Nel frattempo, nel Pd, Roberto Giachetti, che è in sciopero della fame per sollecitare la cancellazione del Porcellum, propone – per sicurezza, casomai i saggi fallissero, o si dovesse tornare alle urne – di ripristinare il Mattarellum, la legge degli anni Novanta. Bastano quindici giorni, dice. Il Mattarellum, capito? Cioè: niente preferenze, ma collegi. Eppure nel Pd firmano soltanto in una cinquantina. Ma a poco a poco arrivano altri, da Scelta civica, dal Pdl (Antonio Martino), da Sel, e quando si tratta di votare una mozione di indirizzo, una semplice dichiarazione d’intenti, il Pd con segretario Guglielmo Epifani riunisce il gruppo parlamentare e le firme vengono ritirate. Tutte. Di colpo, niente collegi. Fate attenzione: quando il Pdl voleva le preferenze, il Pd voleva i collegi. Quando Giachetti voleva i collegi, il Pd non li voleva più: stava passando alle preferenze. La mozione viene votata dai grillini: se il Pd ci fosse stato, oggi ci sarebbe il Mattarellum. 
Se ne va Letta, tocca a Matteo Renzi e si incardina l’Italicum, che non prevede preferenze, ma brevi liste bloccate. E – magia! – la minoranza del Pd, che era maggioranza fino all’arrivo di Renzi, si invaghisce delle preferenze. Bersani: «I cittadini debbono poter scegliere i loro deputati. Su questo non intendo desistere: va bene la ditta e la fedeltà ma quando si arriva a temi di democrazia...». Gianni Cuperlo sarebbe ancora per i collegi ma «vanno bene anche le preferenze». Miguel Gotor raccoglie le firme attorno a una proposta: 25 per cento di nominati, 75 per cento con le preferenze. Si rifà l’Italicum. Come chiede la minoranza Pd, si cambiano le soglie per entrare in Parlamento e per ottenere il premio di maggioranza, soprattutto si inseriscono le preferenze nelle percentuale del settantacinque. Tutto a posto? No. Adesso la minoranza Pd ci ha pensato bene, vuole il Mattarellum che non voleva quando a volerlo era Giachetti. La minoranza Pd riraccoglie le firme per «riequilibrare governabilità e rappresentanza e dare diritto di tribuna ai partiti più piccoli». Cuperlo: «Si riparte insieme dal Mattarellum!». Ripartiamo: che verbo preciso.