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 2016  ottobre 31 Lunedì calendario

LA LADY D’ACCIAIO. UN ANNO DA HOSSZU, CENTO GARE E UN MILIONE DI PREMI

In politica, se vuoi che qualcosa sia detto, chiedi a un uomo. Se vuoi che sia fatto, chiedi a una donna. Diritti d’autore alla Signora di Ferro per eccellenza, Margaret Thatcher. Poi arriva un’altra Iron Lady, stavolta in piscina, e il connubio tra parole e opere trova la sublimazione perfetta in Katinka Hosszu, tre volte campionessa olimpica e Shane Tusup, che di lei è allenatore, motivatore, personal trainer e poi anche marito. Alla luce di una filosofia all’apparenza semplice: più gare fai, e in più specialità, e meno avvertirai la pressione di dover essere la più forte di tutte in una sola. Inoltre, la gara è il modo migliore per sostituire l’allenamento, soprattutto se la vinci. E a lei accade spesso, in Coppa del Mondo di vasca corta praticamente sempre: 225 successi in carriera e cinque trofei generali consecutivi. Ha nuotato anche a Capodanno alla Reunion, non passa weekend che non trovi un meeting cui iscriversi, America o Europa poco importa: in media, più di 100 fatiche in un anno. E più di un milione di dollari vinti in premi, la prima nuotatrice, uomini compresi.

LA SVOLTA L’Iron Lady, appunto. Il soprannome nasce a Pechino, guarda caso proprio in Coppa, pochi giorni dopo l’Olimpiade di Londra: Katinka disputa otto gare e ne vince cinque. I giornali cinesi si chiedono se dietro quei tratti gentili e la vocina sottile si nascondano in realtà muscoli di ferro. A lei il paragone piace e oggi il soprannome è diventato perfino un brand registrato del suo abbigliamento sportivo. Ma i giorni che seguono quei Giochi non sono importanti solo per quelle due parole, perché segnano anche una svolta tecnica e personale decisiva. In Inghilterra, la Hosszu arriva da favorita in tre gare, soprattutto nei 400 misti, e con le spalle cariche della pressione e delle attese di un Paese che da sempre ha nel nuoto uno dei pilastri dei destini olimpici. E invece non sale mai neppure sul podio: «Ero spaventata tutte le volte che scendevo in acqua, spaventata dalle conseguenze di una possibile sconfitta».

cattivo Così, stravolta dalla delusione, chiede al fidanzato yankee Shane, ex buon dorsista a livello nazionale, di seguirla personalmente. Si sono conosciuti alla Southern California University, dove lei si è preparata per Londra, e nel 2013 si sposano. Diventando la coppia più esplosiva del nuoto, non solo per i risultati. Tusup ha pochi concetti basilari, ma chiari: Katinka può migliorare solo se moltiplica per due o tre il suo programma di allenamento, la cultura fisica è un aspetto fondamentale del successo in acqua e la gara diventa una prosecuzione del lavoro settimanale. Trasforma la moglie in una macchina, come ammette lei stessa: «La durata dell’allenamento non è importante, è l’allenamento che pianifichiamo ogni giorno a dover essere completo. Dentro e fuori dall’acqua. A me piace tantissimo allenarmi, e non mi sembra così che le giornate siano lunghe e durino tanto. Di solito faccio due allenamenti al giorno: circa 6 ore al mattino e 3 ore nel pomeriggio. Solo così posso poi gareggiare a certi standard. Ho portato il nuoto in un’altra dimensione». Ovviamente, insieme alle medaglie che adesso piovono come gingilli, non mancano accuse neppur troppo velate di doping: nel maggio del 2015 Casey Barrett, commentatore della rivista americana «Swimming World Magazine», pubblica un articolo nel quale mette in dubbio i suoi successi e li collega a pratiche illecite, la Hosszu (peraltro mai trovata positiva in 12 anni di carriera ad alto livello) lo querela ma perde la causa perché il giudice ritiene si tratti di semplici opinioni. Ma è soprattutto il suo legame con Shane, o meglio i modi poco ortodossi (eufemismo) del marito, a focalizzare spesso l’interesse sulla coppia: dopo una sconfitta contro la Franklin al Duel in The Pool di un anno fa, lui le grida in faccia davanti a tutti che dovrebbe buttarsi in acqua e annegare. Secondo Jessica Hardy, ex compagna di squadra all’università della Hosszu, i metodi dell’uomo si avvicinano spesso ad abusi. Shane non ne fa certo una malattia: «Ho una brutta reputazione? Non mi importa, se un allenatore ti fa compiere uno o due passi verso il meglio, ha ragione lui». Katinka, che è pure laureata in psicologia, è d’accordo: «A volte mi dice cose che sarebbero offensive se arrivassero da mio marito, ma sono del mio allenatore. Riusciamo a tenere distinti i due aspetti. E comunque anche adesso ci sono giorni in cui non riesco a fare a meno di lui che mi dice cosa devo fare». Perché vincere, a casa loro, è l’unica cosa che conta.

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