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 2016  ottobre 26 Mercoledì calendario

ALDILÀ DI GOOGLE


Chattare con chi non c’è più. Alla vigilia del 2 novembre, i quotidiani italiani riportano la notizia di Eugenia Kuyda, startupper della Silicon Valley che ha creato, dopo la morte improvvisa dell’amico Roman, una app di dialogo (Luka) per parlare con lui virtualmente riusando i suoi messaggi da vivo. Qui sotto vedete le foto, e altri strombazzatissimi esempi di app «post mortem». Miracoli della tecnologia o nostro eccesso di enfasi per ogni novità americana? La seconda, forse.
Pochi infatti sanno che in Italia dal 2010 esiste una startup hi-tech di eccellenza che non ha nulla da invidiare ai colossi Usa. Si chiama Facility Live, ha sede a Pavia, vale 225 milioni di euro e ne ha già raccolti 30 solo tra finanziatori privati. Ha brevetti in 44 Paesi e la Borsa di Londra l’ha ammessa, prima azienda non britannica, al suo Elite Programme. I due fondatori, Gianpiero Lotito e Mariuccia Teroni, ex compagni di università, non sono giovani smanettoni ma hanno una formazione umanistica e 30 anni di esperienza nella gestione delle informazioni in campo editoriale. Quando è arrivata dalla Silicon Valley l’offerta milionaria di comprare i loro brevetti, hanno risposto di non essere interessati. Single, senza figli, dedicano la loro vita a un sogno: rendere l’Italia di nuovo competitiva dal punto di vista della tecnologia, come ai tempi dell’Olivetti.
Lotito, che cosa pensa di questo programma per parlare con i cari estinti?
«Dal punto di vista tecnologico non è una novità: chat robot così esistevano già 15 anni fa. Ma è interessante il tema etico che solleva: la tecnologia potrà interferire sempre di più in ambiti molto delicati, per cui sarà importante darci dei limiti. Personalmente credo in una tecnologia al servizio dell’uomo, non che lo sostituisca».
Davvero avete creato un motore di ricerca che l’autorità americana dei brevetti ha giudicato superiore a Google?
«Google nasceva in anni in cui il web era un mare ignoto in cui serviva solo trovare le informazioni di nostro interesse. Noi invece ottimizzeremo la ricerca – faccio un esempio – per trovare una pizzeria, prenotare il tavolo, ordinare la pizza e trovare il parcheggio più vicino con un’unica azione. E il motore gestirà molti più nostri dati, su salute, tasse, bollette, pagelle dei figli. Google, poi, utilizza un’intelligenza artificiale per selezionare la cosa che ritiene migliore per noi, noi invece vogliamo che sia l’uomo a scegliere».
In che modo?
«Ci basiamo su un’intelligenza non artificiale bensì “naturale”: i nostri algoritmi ci fanno dialogare con la macchina come tra umani, per cui è possibile mettere tre parole di fila nel motore di ricerca e avere una risposta sensata. Per fare un paragone ambizioso ma efficace: mentre Google sta pensando a come far andare più veloci i cavalli della carrozza, noi stiamo pensando all’automobile».
La vostra tecnologia è già utilizzabile?
«Per ora solo dalle aziende, presto anche dai singoli».
Davvero pensate di poter competere con i giganti?
«I grandi cicli tecnologici non sono eterni, e la rivoluzione digitale guidata dalla Silicon Valley va avanti ormai da oltre 30 anni. Già l’hardware, che un tempo era costruito lì, oggi è prodotto quasi tutto in Asia. Dobbiamo liberarci di un complesso d’inferiorità che è ingiustificato: la realtà che abbiamo creato a Pavia lo dimostra».