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 2016  ottobre 25 Martedì calendario

INCHINATEVI AL RE CANOTTA


Non è stata una perdita improvvisa. I 67 milioni di sudditi thailandesi sapevano che Bhuniboi Adulyadej, il sovrano che ha regnato sulle loro teste per 70 anni e 126 giorni, viveva in uno stato di salute precario. E lo sapevano dal 2009, da quando il monarca era stato ricoverato all’ospedale Siriraj di Bangkok per una grave polmonite dalla quale, di fatto, non si è mai più ripreso.
Quando dal grandioso palazzo reale di Phra Nakhon, il 9 ottobre, è arrivato il bollettino che riportava le sue condizioni di salute “non più stabili”, un eufemismo per annunciare gli ultimi respiri di Bhunibol (morto quattro giorni dopo), in tantissimi sono scesi per strada con gli occhi pieni di lacrime indossando abiti gialli e rosa, colori di buon auspicio per un sereno trapasso. Una sorta di rito collettivo che ha testimoniato la devozione che il popolo thailandese ha avuto per questo sovrano, forse l’ultimo a essere venerato come un semidio, osannato con la formula: «Siamo polvere sotto i tuoi piedi».
Nato negli Stati Uniti nel 1927, educato in Svizzera, il vecchio re jazzista – ha composto un certo numero di melodie per clarinetto e sassofono – nel suo lunghissimo regno ha brandito bastone e carota. Tradotto: ha sì promosso lo sviluppo sociale e la diffusione del benessere, grazie anche alla sua marmorea fedeltà agli Stati Uniti, ma allo stesso tempo ha alimentato il culto di sé, tanto che gli uffici pubblici e le strade pullulavano di sue gigantografie. Ogni casa doveva avere un ritratto del re e della regina. A scuola si imparava la sua storia e al cinema ci si alzava in piedi ogni volta per l’inno nazionale accompagnato sullo schermo della sue effige. E se qualcuno veniva sorpreso a parlarne in modo non lusinghiero, magari con un taxista, rischiava anche 15 anni di carcere. Nonostante formalmente fosse stato incoronato come monarca costituzionale, ovvero una figura super partes che deve limitarsi a prendere atto delle decisioni elettorali prese dal popolo, Bhunibol Adulyadej è più volte intervenuto sui temi politici appoggiando o disconoscendo, di volta in volta, i golpe militari che si sono succeduti numerosi in Thailandia, e quando era il caso indossando le vesti del pacificatore. Del padre della patria. Una figura dai complessi chiaroscuri, insomma, non facile da sostituire.
Il compito sarà assolto da suo figlio Maha Vajiralongkorn, non prima che però sia decorso un anno listato a lutto – nel frattempo la reggenza è affidata all’ex primo ministro Prem Tinsulanond, capo dei consiglieri del defunto re – per permettere alla popolazione di onorare il sovrano e le sue gesta. La designazione del principe ereditario è sulla carta indiscutibile, visto che fu Bhunibol Adulvadej a nominare il secondogenito (ma primo figlio maschio) suo successore nel 1972. Ma i giochi potrebbero riaprirsi e portare a un colpo di scena.
Da tempo la stampa degli alleati americani, ma anche quella tedesca che si occupa spesso del principe visto che lui passa molto tempo a Monaco di Baviera, mette infatti in evidenza tutte le esuberanze del rampollo confrontandole con la pacatezza del padre. A cominciare, ovviamente, da quelle sentimentali. Vajiralongkorn ha avuto sette figli da tre mogli diverse, ma non è questo ciò che gli si rimprovera, quanto piuttosto il modo in cui sono stati interrotti tutti i suoi matrimoni. Tradì la prima consorte, una cugina, da cui ha avuto una figlia, con un’attrice che, nel corso degli anni, gli ha dato cinque figli. La sposò nel 1994, ma poco dopo la situazione precipitò: lei fu accusata di corruzione e adulterio e allontanata da palazzo. Un disonore che colpì anche i figli avuti insieme: chiusi i rubinetti del denaro, ai ragazzi venne persino impedito di proseguire gli studi negli esclusivi college inglesi che frequentavano. Poi, nel 2001, il principe sposò una sua servitrice, che gli ha dato l’ultimogenito. Ma vatti a fidare delle origini modeste della consorte, nel 2014 la signora viene ripresa in un video mentre, in perizoma e tacchi a spillo, balla a bordo piscina, in Baviera, davanti a uno stuolo di ex colleghi (servitori) che le si prostrano davanti. Altro scandalo, altro divorzio, ma anche ritorsioni varie: vengono arrestati alcuni parenti dell’ex moglie, la maglia si allarga, qualcuno sussurra l’infausta parola: purghe. L’ultima fiamma è Suthida, capo delle guardie reali immortalata con lui in agosto all’aeroporto di Monaco, scatti memorabili per il look dell’erede al trono, in canotta arrotolata e sandali.
Il tutto, e già si poteva intuire dalle vicissitudini familiari non proprio incardinate su rigore e la sobrietà, condito da lusso sfrenato e da un certo numero di stranezze del principe, che vanno dalle Porsche bianche ai tatuaggi variopinti, alle onorificenze strampalate. Il compianto barboncino di Maha Vajiralongkorn, Foo Foo, venne nominato dal padrone maresciallo dell’aeronautica, così rispolverando capricci risalenti addirittura al primo secolo dopo Cristo, quando l’imperatore romano Caligola si dice abbia fatto senatore un cavallo.
Una personalità quanto meno altalenante, quella di Maha Vafiralongkorn, per gli osservatori esteri inadatta a regnare. Ma la successione val bene un drastico ridimensionamento di costumi e abitudini, anche perché sul piatto, oltre al trono, c’è un’eredità faraonica: 26 miliardi di euro. Un motivo più che valido per dimostrarsi pronto a indossare la corona ed evitare così di essere scavalcato dalla sorella Siridhorn come sognerebbero gli oppositori. Ha un anno di tempo per dimostrarsi all’altezza.