Valerio Palmieri, Chi 26/10/2016, 26 ottobre 2016
IL FUTURO È NOSTRO
[Manuel Locatelli]
MILANO – OTTOBRE
Sto cercando acquirenti per il Milan sul mercato internazionale, ma se questa cosa non succederà, continuerò a fare sacrifici da solo: l’idea è quella di un Milan italiano, una Nazionale italiana, soprattutto con giovani del vivaio, con un’apparenza più conforme alla mia idea da vecchio signore che non a quella dei giovani d’oggi. I miei giocatori devono diventare un esempio per i giovani».
Era il 19 maggio 2015 quando Silvio Berlusconi, presidente del Milan, pronunciò queste parole. Non era ancora arrivata la cordata cinese che a breve dovrebbe rilevare la società, ma il suo discorso risultò profetico alla luce degli ultimi risultati del Milan. Anzi, c’è da chiedersi se non sarebbe il caso di proseguire il progetto nato ad Arcore che, a costo zero, ha messo in piedi una squadra molto forte.
Mentre Berlusconi pronunciava queste parole, fra i pali del Milan aveva già debuttato, a 16 anni, Gianluigi Donnarumma, l’erede di Buffon, ma il Presidente continuava a chiedere ai propri collaboratori: «Quand’è che potrò vedere giocare Locatelli?».
Ha dovuto aspettare altri cinque mesi ma oggi Manuel Locatelli è l’uomo copertina del Milan, il simbolo della rinascita rossonera. Fin dal 20 febbraio 1986, data in cui comprò la squadra a un’asta fallimentare, Berlusconi ha scelto i giocatori a lui più cari seguendo un vecchio pallino: la faccia. Ha sempre apprezzato quelli con l’aria da bravo ragazzo, i capelli corti, meglio se con la riga, niente barba, una buona famiglia alle spalle, educazione e buone maniere.
Manuel Locatelli, 18 anni, da Pescate, in provincia di Lecco, è tutto questo. Entrato a Milanello a 11 anni, lo scorso 2 ottobre è sceso direttamente sul prato verde di san Siro mentre il Milan perdeva per 3 a 1 contro il Sassuolo. Dopo che la sua squadra ha accorciato le distanze, Locatelli ha pensato bene, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, di colpire il pallone di controbalzo da fuori area, spedendolo sotto la traversa della porta avversaria. Dopo un gol del genere è corso per tutto il campo come Tardelli ai Mondiali del 1982, prima di scoppiare in lacrime. «Non sono costruito, se devo piangere, piango. Era troppa la gioia».
Non è bastato: lo scorso sabato sera, nella sfida da “tutto esaurito” contro la Juventus, Locatelli si è ripetuto. E, servito fuori area da un tocco delicato di Suso, ha mirato la porta di Buffon prima di colpire la palla con l’esterno del piede per mandarla dove il portiere più forte del mondo non poteva arrivare.
Altro gol, altra vittoria, altre paginate di giornale su questo Milan giovane, italiano, vincente. Volti, quello di Locatelli, così come quello di Gianluigi Donnarumma, che ha blindato la vittoria con una parata miracolosa a tempo scaduto, che provengono dal settore giovanile del Milan, così come quelli di Mattia De Sciglio, altro pupillo di Berlusconi, Davide Calabria e Ignazio Abate, approdati da anni alla prima squadra.
Ragazzi cresciuti con un forte senso di appartenenza alla maglia, immersi nello stile Milan e nella storia di una società che in trent’anni ha vinto tutto. Talenti sfornati a costo zero, o quasi, dal vivaio rossonero. E così si sono sprecati paragoni con idoli del passato e si sono mossi i grandi procuratori: Donnarumma, il portiere “predestinato”, è entrato nella scuderia di Mino Raiola, mister percentuale, lo stesso di Baloteìli, Ibrahimovic, Pogba. Tutti giocatori che non sono diventati bandiere, ma sono diventati ricchi, visto che non sono mai rimasti nella stessa squadra per più di due o tre anni. Raiola ha già definito Donnarumma come un Modigliani e ha stimato il suo valore in 170 milioni di euro. Ma al Milan sono convinti che il portiere voglia diventare un pilastro della squadra per i prossimi anni.
Locatelli, Donnarumma, Calabria e potremmo aggiungere Romagnoli: ragazzi con la faccia pulita e il futuro davanti. A loro l’augurio di arrivare a quarant’anni come Francesco Totti: integri, vincenti e sempre con la stessa maglia.