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 2016  ottobre 27 Giovedì calendario

GRIGIO IL COLORE DEL SUCCESSO


Nel 2003 l’artista Vanessa Beecroft realizzò una performance al museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli, a Torino, e mi chiese di partecipare: 32 donne intorno a un lungo tavolo a rappresentare le stagioni della vita. Le prime bellissime e nude, le ultime in punitive camicie beige e parrucche grigie a testimoniare il viale del tramonto. A me toccò sedermi al tavolo imparruccata. Alla fine quando mi chiesero se avessi voluto avere il mio ritratto dissi assolutamente no, anche se era un’opera d’arte. Con quelle onde argentate sembravo la zia di Rita Levi Montalcini. Mi ripromisi che nessuno oltre alla Beecroft mi avrebbe mai vista così. Dopo aver ammirato Kristen McMenamy, celebre top model anni Ottanta oggi cinquantenne, posare con un succinto costume da bagno e i lunghi capelli grigi, ho capito che non è più il colore delle nonne, ma quello delle donne di potere, che ostentano l’età come un trofeo. Siamo in piena greynaissance. Già sdoganata per gli uomini, che abbandonate le nuance dadaiste alla Paolo Limiti, l’uso selvaggio di Grecian 2000, celebre lozione sgrigiante anni Settanta, da anni si ispirano alle fascinose tempie brizzolate di George Clooney. Ora tocca alle signore.
Grazia Attili, ordinario di Psicologia sociale a La Sapienza di Roma, crede che il motivo di questa riscossa sia da ricercare non nella moda, ma nel comportamento dei primati: «Il pelo bianco indica l’animale dominante, l’anziano, il saggio, è sinonimo di riuscita, denaro e capacità di dare maggiore sicurezza. Oggi le donne colte, affermate, di successo mostrano la loro supremazia a prescindere dal colore dei capelli. Danno un chiaro segnale: non hanno più bisogno di essere protette». Sul rapporto con l’altro sesso la psicologa non ha dubbi, i maschi hanno orrore della chioma canuta, indice di esaurita fecondità, ma le pantere grigie rivolgono la loro attenzione a chi non si lascia abbindolare da ragionamenti così bassamente biologici. «Certo è una sfida che va contro natura» ammette.

La giornalista americana Anne Kreamer è stata tra le prime a sdoganare le frezze bianche nel 2007 con il suo Going Gray, (Io non mi tingo, Cairo Editore), diventato best-seller e poi un seguitissimo blog. «Volevo capire se piacevo più bruna o grigia, così mi iscrissi a un sito per incontri, prima con una mia foto al naturale e tre mesi dopo con una con i capelli scuri» racconta. «Ero sicura che avrei avuto molto più successo con il secondo profilo, ma con mia grande sorpresa non fu così. A New York, a Chicago e pure a Los Angeles il triplo degli uomini mi preferiva come effettivamente sono. Forse perché pensavano che se ero stata onesta con il colore, lo sarei stata anche in campo sentimentale». Nel 1950 solo il 7 per cento delle casalinghe americane si tingeva, oggi il 95 per cento delle statunitensi ricorre alla tintura. Tom Wolfe nel suo Il falò delle vanità raccontò così i party newyorchesi degli anni Ottanta: «Nessuna donna è invitata se sembra una madre».
Invece la modella Benedetta Barzini, icona della bellezza senza tempo, è stata invitata ovunque: «Ho sempre voluto vedere che faccia mi sarebbe venuta da vecchia. Se cominci a cambiarti non lo saprai mai. Siamo state anche troppo ubbidienti ai diktat della moda e dello sguardo maschile forse adesso ci siamo stufate, abbiamo capito che quello che conta non è apparire più giovani, ma l’armonia, la personalità, il carattere. Piano, piano ci stiamo arrivando in molte».
Portabandiera dell’orgoglio grey, anzi bianco, è Christine Lagarde, ex ministro dell’Economia francese, oggi a capo del Fondo monetario internazionale, una delle donne più eleganti e raffinate del potere. Meno glamorous, ma sempre ben piazzata, Janet Yellen guida la Federal Reserve con il suo niveo caschetto. E poi più o meno candide sono le attrici Helen Mirren, Judy Dench, le guru della moda Carmen Dell’Orefice e Lisa Rodin. Per un periodo lo sono state, artificialmente, anche la giovane e trasgressiva Cara Delevingne e la figlia di Madonna, Lourdes Maria.
La storica modella Maye Musk, madre del miliardario Elon, fondatore di Tesla, a 68 anni è tornata protagonista delle passerelle parigine: «Chi lo immaginava alla mia età di trovare un lavoro migliore di quando ero giovane, grazie ai miei capelli argentati?».

Ma quando Daria Bignardi si è presentata sale e pepe, qualcuno si è chiesto: «Perché è pettinata come José Mourinho?». Sembra facile essere belle in grigio, ma non è così. La scrittrice Simonetta Agnello Hornby quando ha deciso di non tingersi più ha trasformato anche il suo stile: «Ho abolito i rosa e il celeste da fatina. Non indosso più cose d’oro, fanno vecchia. Ho cambiato anche gli arredi di casa. È stata una sfida».
Una sfida che non tutte possono osare, sostiene Roberto D’Antonio, celebre hair stylist della Capitale: «Soltanto se sei bella, elegante, curata puoi permetterteli. Sono per le cose estreme e il capello grigio mi piace solo se è radicale. Non deve essere un escamotage per non fare il colore». D’Antonio ha inventato la capigliatura bianca e cortissima dell’architetto Doriana Fuksas, di Maria Laura Rodotà e di Paola Concia, paladina dei diritti Lgbt. «Ma Sabrina Ferilli e Valeria Golino non le vorrei mai così, sono troppo sensuali per perdere il colore. Il grigio è per donne particolari, molto raffinate. Per tutte le altre dico: tingetevi i capelli fino a novant’anni».

Alla fine dal parrucchiere si va ancora più di prima se si decide di virare verso la «grey zone», sostiene Silvana Annicchiarico, direttore della Triennale Design Museum di Milano: «È il colore del compromesso, della mediazione, del distacco, delle ceneri. Come diceva Ettore Sottsass ci disegniamo ogni mattina allo specchio, e anche il grigio è una costruzione. Mentre pensiamo di essere libere dalla schiavitù del colore, entriamo semplicemente in un’altra».

C’è chi invece non ha fatto una scelta. Paola Marella, conduttrice Sky, si è ritrovata bianca a 36 anni dopo la morte del padre. «Il mio parrucchiere ebbe l’idea vincente di non farmi alcun trattamento ed è stata la mia fortuna, in tv mi hanno identificato e riconosciuto. E poi mi piace essere un po’ Crudelia de Mon», racconta compiaciuta. Ma non è facile essere così serene e sicure di sé.
Raimonda Lanza di Trabia, figlia del mitico principe siciliano a cui si ispirò Domenico Modugno per la canzone Vecchio frac, e scrittrice del romanzo Mi toccherà ballare (Feltrinelli), confessa: «Le mie amiche con una punta di acidità mi dicono: che coraggio hai a non tingerti. Fosse solo questo il coraggio, rispondo io, ma so benissimo che non approvano la mia scelta e pensano che sembro solo più vecchia».
La geniale e defunta Nora Ephron, scrittrice e sceneggiatrice di film come Harry ti presento Sally, tre mariti e incessantemente castana, scrisse: «C’è un motivo perché le donne di 40, 50, 60 anni oggi sono diverse da quelle delle generazioni precedenti. E non è per il femminismo, ma perché si tingono i capelli».