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 2016  ottobre 22 Sabato calendario

IL CINEMA? È UNA CAMERA DEI GIOCHI

DA SORRENTINO A TORNATORE I CINQUE PREMI OSCAR ITALIANI SI RACCONTANO NEL DOCUFILM DI GIANCARLO SOLDI BENIGNI SQUATTRINATO LEGGEVA «BEN HUR» AL CONTRARIO, BERTOLUCCI NON HA AMATO LA COMMEDIA ALL’ITALIANA–

Paolo Sorrentino ha girato film in America, ma «il livello di competenza è esasperato, ti soffoca, una certa nostra cialtroneria è stata una fortuna»; Roberto Benigni da ragazzo diceva agli amici che c’era un film da non perdere: Neb Ruh . Con le tre sorelle non aveva i soldi per il cinema, si mettevano dietro lo schermo dell’Arena di Vergaio, dov’è nato, da dietro leggevano alla rovescia. Il film era Ben Hur .

«P oi la prima volta che sono entrato dentro, dalla parte giusta, vidi lo schermo e le sedie che mi erano accanto. Ho capito che bisognava riempire tutt’e due, schermo e sedie. E vidi Stanlio e Ollio, i più grandi clown di tutti i tempi».
Cinque mondi è il documentario di Giancarlo Soldi che viene presentato oggi alla Festa del cinema, in chiusura domani con Benigni. Cinque modi di raccontare il cinema, cinque diverse visioni e «stanze di giochi». Parole e filmati d’archivio, ma non sequenze dai film di chi parla. Sono i cinque registi premi Oscar viventi: accanto a Benigni e Sorrentino, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Tornatore e Gabriele Salvatores. Di quale cinema si sono nutriti, qual è il loro immaginario, quale stupore di storie vissute nella sala buia, il cui futuro è appeso al filo del web?
Tornatore era stregato dal proiezionista del cinemino di Bagheria, «chiuso sette giorni su sette, senza contatti con l’esterno», e tutto questo finì in Nuovo Cinema Paradiso ; qui parla dell’eclettismo dei film con cui è cresciuto, Bergman e i musicarelli con Rita Pavone, Monicelli e Bobby Solo. Salvatores rivela di vestirsi e cambiarsi d’abbigliamento «secondo il film che sto girando, è pericolosissimo, quando finisce ti ritrovi nudo e solo». Bertolucci ama « le contaminazioni, ora sono un mangiatore di serie tv, prima che di cinema». Sorrentino da piccolo vedeva quello che piaceva ai suoi genitori, la commedia americana degli Anni 40 e 50: «Di quel cinema mi è rimasto che i personaggi devono sapere esattamente ciò che devono dire, un artificio di grande insegnamento, è il contrario di quello che succede nella vita».
Benigni e il neorealismo: «Dopo Paisà di Rossellini mi dissi, lo faccio anch’io. Sembra facilissimo e non lo è. Epico come un poema omerico. Era il Rinascimento, al cinema avevamo Leonardo e Michelangelo. Abbiamo inventato un termine che non esisteva: felliniano. Totò è stato un’immagine di morte esilarante, si portava dietro tutti i morti di fame di Napoli. Siamo piccoli ma siamo stati la seconda cinematografia del mondo». Tornatore e il cinema come intuizione di ciò che può essere l’animo umano: «In Umberto D di De Sica, quando vedi l’anziano che finge, imbarazzato di chiedere l’elemosina, ti segna per la vita, capisci che è un’arte così profonda e così semplice». Bertolucci e Fellini: «Ha filmato mondi che non esistevano prima, La dolce vita preannuncia la nascita della realtà, mi diede la voglia di fare cinema». Salvatores rimase folgorato «dalla visionarietà di Fellini e Antonioni».
Sergio Leone è stato una sirena: le colt che prima di sparare aspettano che finisca la musica di Morricone, l’istante che diventa un’eternità...A Bertolucci piaceva come Leone inquadrava il didietro dei cavalli. «In genere si vedono solo le enormi cosce davanti al saloon». Leone lo ascoltò e disse: «Scriverai il mio prossimo film»: C’era una volta il West.
Se Bertolucci non ha amato la commedia all’italiana («mi metteva in difficoltà»), Sorrentino al contrario ravvisa nella commedia «la presa d’atto dei propri limiti, delle pochezze dell’essere umano, un grande bacino di sperimentazione, più di tanti film sedicenti d’autore». «Oggi - dice Benigni - siamo in un vortice di immagini ed è una rovina per i cineasti. L’immagine era una cosa magica, ora l’occhio viene bombardato e non sei più in grado di distinguere la realtà onirica o enigmatica..».